Star Trek V – L'ultima frontiera (William Shatner, 1989)

L’ultima frontiera di Star Trek è un viaggio verso lo spirito santo.

Nel 1989 si giunge a un crocevia. Le cose non saranno più le stesse, ai vari meeting di produzione per il franchise della Paramount legato all’universo di Star Trek non avrebbero più incluso una delle figure chiave dietro il successo redivivo nato con Star Trek II: The Wrath of Khan, il produttore Harve Bennett.

Dieci anni prima uscì nelle sale Star Trek: The Motion Picture, un colosso da 42 milioni di dollari di budget e un incasso di oltre 100, e subito capirono che la strada della fantascienza pura non avrebbe funzionato contro il crescente pericolo dei blockbuster, nati in quegli anni per intrattenere con facili espedienti.

Produttore televisivo apprezzato, Bennett fu chiamato dall’’executive Michael Eisner per risollevare la situazione. Ci riuscì. Star Trek II: Wrath of Khan fu un successo, meno Star Trek III: The Search for Spock fino a risalire e arrivare a Star Trek IV: The Voyage Home, con un maturato Leonard Nimoy regista e l’’aiuto del collega Nicholas Meyer alla sceneggiatura.

Lo stesso purtroppo non si può dire del quinto capitolo, Star Trek V: The Final Frontier (in italiano Star Trek V:– L’’ultima frontiera), fatica conclusiva, e anche unica apparizione sullo schermo come Ammiraglio della Flotta Stellare, di Harve Bennett, qui collaboratore in fase di ideazione insieme allo sceneggiatore David Loughery e al peggior regista di tutto il franchise: William Shatner.

Il buco nero di Star Trek

In dieci film ben cinque sono stati diretti da esponenti del cast e l’’unica volta che il capitano ha preso il comando dietro la macchina da presa al posto dei primi ufficiali, il risultato è stato un vero e proprio disastro.

Un destino inevitabile quando la trama coinvolge l’’equipaggio della USS Enterprise in un’’improvvisa ricerca di Dio ai confini della galassia.

Non è la prima volta che la fantascienza affronta anche argomenti religiosi (The Black Hole nel 1979 si concludeva con un rapido viaggio attraverso paradiso e inferno), però sin dall’’inizio Star Trek era stato legato al lato scientifico, a volte un po’’ inventandoselo di sana pianta, ma ciò non toglie che l’idea era esplorare il tangibile e il misterioso, non cercare tracce dello spirito santo.

La spiritualità era il cuore del (nuovo) nemico di sempre, Star Wars, da cui fin troppo è stato preso in termini di immagini e concept per Star Trek V.

Quando l’Enterprise va in vacanza…

Così ci troviamo con i nostri eroi dopo un susseguirsi di tragedie durate tre film e senza pausa, in vacanza nello Yosemite National Park in California: Kirk scala una montagna con Spock con dei razzi ai piedi e Bones/DeForest Kelley che insulta entrambi da terra.

Sulu/George Takei e Chekov/Walter Koenig si perdono nel parco e fingono con Uhura/Nichelle Nichols di essere stati catturati in una tempesta. In un futuro dove basta cliccare un tasto o affacciarsi alla finestra per conoscere il meteo.

Scotty/James Doohan è sempre costretto a riparare qualcosa, anche in una Enterprise nuova di zecca presentata nel finale di Star Trek IV, ma già scricchiolante all’’inizio de L’ultima frontiera. E la continuità?

E lo spirito santo?

Nello stesso istante su Nimbus III il vulcaniano Sybok prende il controllo del pianeta sfruttando i suoi poteri mentali, attraendo a sé sia l’’attenzione di una navicella Klingon dall’’utilità ancora incompresa sia l’’Enterprise, inviata alla ricerca di una risposta al perché di questa caos.

Senza girarci intorno troppo, scopriamo che Sybok/Laurence Luckinbill e Spock sono imparentati grazie a un rivelatore e orribile zoom di stampo televisivo sull’impassibile volto dell’ufficiale. Figli dello stesso padre, ma il più umano dei due è il vulcaniano puro, il temibile e buon Sybok.

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Tanto buono da avere l’intenzione di dirottare una nave spaziale per oltrepassare la Grande Barriera e atterrare sul pianeta Eden, dove stando alle sue sensazioni alberga l’’onnipotente Dio. L’universo conosciuto si trasforma in un grande giardino con recinto, Star Trek incontra la Fine e sulla natura di essa  vengono spese così poche parole da ritenerne ingiustificata la presenza.

Il disastro Shatner

Shatner aveva fino a quel momento diretto solo sé stesso nel serial T. J. Hooker. Era un regista inesperto la cui immaturità ha peggiorato una sceneggiatura tremenda. Inutile perdere tempo a cercare un eufemismo che possa rendere questo ghiacciato cucchiaio di sciroppo meno indigesto.

Dal ridicolo campeggio si passa a irritanti ripetizioni di dialoghi da parte di Sybok e Bones, ridondanti battibecchi in Klingon e sui Klingon dove nulla di nuovo viene aggiunto alla nostra conoscenza della razza nemica.

Persino gli effetti speciali erano un vero e proprio disastro, con la Industrial, Light & Magic uscita fuori di scena a favore di uno studios di New York le cui capacità erano rimaste agli anni Sessanta, consentendo a pubblico e critica di mettere alla berlina The Final Frontier.

Harve Bennett fu costretto ad affondare insieme alla nave, abdicando al suo assistente Ralph Winter, grazie a cui le cose poterono migliorare in futuro e riparare al guaio. Shatner negli anni ha sempre cercato di difendersi, spesso incolpando il budget troppo basso, –eppure maggiore rispetto ai 3 predecessori, o le imposizioni della produzione, accusata di aver rovinato la sua idea.

La verità è che nulla avrebbe potuto salvare Star Trek V – L’ultima frontiera se non una sceneggiatura agli antipodi del testo di Loughery.

Generazioni

Eravamo anche nel 1989 e come gli appassionati ben sanno nel 1987 Gene Roddenberry era tornato alla televisione con Star Trek: The Next Generation.

Patrick Stewart era il nuovo capitano della Enterprise, le capacità analitiche e l’’assenza di emozioni passarono da Spock all’androide Data di Brent Spiner.

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Il cambiamento era nella nuova serie, andava affrontato e tenuto in considerazione. Roddenberry riacquistò dunque il potere perso nella sezione cinematografica e continuò a ignorare Bennett e il suo contributo, senza cui probabilmente il franchise non avrebbe avuto alcuna chance di continuare a (r)esistere se non dentro qualche scatolone polveroso nei magazzini della Paramount, dopo un unico film.

Il ciclo di focus sulle opere cinematografiche di Star Trek prosegue in concomitanza con la loro messa in onda estiva su Rai4 ogni venerdì alle 21:10. Qui ai link trovate tutti i titoli precedenti già affrontati su CineFatti da Fausto Vernazzani:
Star Trek: Nemesis, di Stuart Baird (it. Star Trek – La nemesi).
Star Trek: Insurrection, di Jonathan Frakes (it. Star Trek – L’insurrezione).
Star Trek: First Contact, di Jonathan Frakes (it. Star Trek: Primo contatto).
– Star Trek Generations, di David Carson (it. Star Trek VII: Generazioni).
– Star Trek VI: The Undiscovered Country, di Nicholas Meyer (it. Rotta verso l’ignoto).
 Star Trek V: The Final Frontier, di William Shatner (it. L’ultima frontiera).
– Star Trek IV: The Voyage Home, di Leonard Nimoy (it. Rotta verso la Terra).
– Star Trek III: The Search for Spock, di Leonard Nimoy (it. Star Trek III – Alla ricerca di Spock).
– Star Trek II: The Wrath of Khan, di Nicholas Meyer (it. Star Trek II – L’ira di Khan).
– Star Trek: The Motion Picture, di Robert Wise (it. Star Trek).

Fausto Vernazzani

Voto: 2/5