Tutte le sfumature dell’estate in 10 film
Il 4D fa implicitamente parte dell’esperienza cinematografica. Quanto più un film riesce a coinvolgere i cinque sensi tanto più potrà dirsi, almeno oggettivamente, ben fatto. E di pellicole che sono riuscite a sollecitare anima ma soprattutto corpo dello spettatore ce ne sono – per fortuna – tante.
Poche però hanno portato a termine l’impresa di rappresentare sullo schermo quel mito multiforme e universale che è l’è l’estate. Sole e caldo sono i suoi simboli primari, seguiti dalla frescura del mare e dalla limpidezza dei paesaggi.
Ma la “bella stagione” è fatta anche e specialmente di atmosfere, nuove e gioiose, foriere di cambiamento, amori più o meno duraturi (ma sicuramente intensi), voglia di ribellarsi, fuggire, staccare. Non solo afa e sudore, dunque, e la top 10 che segue ne è la riprova.
10. Iniziamo dalla fine? Ma sì, perché l’estate è anche (e purtroppo) dire addio: significa partenza, tornare in senso di andar via. In 500 Days Of Summer di Marc Webb convivono entrambi i significati: uno nel titolo – che è anche il nome originale della protagonista femminile del film, interpretata da Zoey Deschanel – e l’altro nella storia. Una commedia sentimentale, più amara che dolce (e pure un poco sboccata), dove la stagione estiva non produce senso esplicitamente, bensì metaforicamente: dal nome dell’opera in poi, qui ci vogliono dire che intensità e bellezza delle sensazioni contano poco se le coincidenze non sono baciate dalla sorte.
9. Entriamo nel merito, ora, e letteralmente nel luogo estivo, con A Summer Place – qui da noi noto come Scandalo al sole – di Delmer Daves, classe 1959. Il film, tratto da un romanzo di Sloan Wilson, all’epoca fu uno scandalo sia di nome che di fatto. Nell’America cinematografica ancora dominata dal Codice Hays, l’intreccio sentimentale che univa due adolescenti e i rispettivi genitori – la madre di Johnny e il padre di Molly – lasciava poco spazio all’immaginazione… e molto alla distruzione ‘in chiaro’ del sogno matrimoniale. E poi, i baci in riva al mare, per il costume dell’epoca, dovevano essere davvero bollenti. A parte tutto questo, del film si salva solo la colonna sonora, dalle intrinseche proprietà massoniche.
8. Per L’anima gemella di Sergio Rubini, invece, l’estate fa da sfondo, ed è quella della Puglia più torrida, dalle ampie sterrate simili a piccoli deserti e inondate dal frinire delle cicale. È una terra d’origine, amata e omaggiata, dove i sentimenti sono rituali i cui cerchi s’aprono solamente per chiudersi. E dove la verità viene letteralmente a galla, fra le onde di un mare che è eterno testimone. C’è da innamorarsi tanto di Gallipoli quanto dell’amore stesso, con questa storia qui.
7. Al contrario, esistono sadici qual è Steven Spielberg [e vi prego, BASTA CON QUESTA STORIA DEL TRICERATOPO!, sfogo dell’autrice] che dell’estate e del mare vi metteranno addosso il terrore più nero. Pur rivoluzionando la storia del Cinema, siamo chiari. Si fosse ancora nel 1975, credo che tutti avremmo qualche remora a spingerci a largo con il materassino o la tavola da surf, profondamente inquietati dalla possibilità che le “jaws” de Lo squalo possano sfilarci il costume nel peggiore dei modi. E mi raccomando la musichetta.
6. Ma d’estate non sempre ci si può permettere un bel bagno, soprattutto se si vive a Brooklyn. Come rinfrescare gli animi e le teste calde, dunque? A volte non c’è modo. Fatta eccezione per quelle felici incursioni nell’erotismo a base di ghiaccio che rendono almeno una sequenza di Fa’ la cosa giusta di Spike Lee, se non il film intero, un prodotto di culto e il simbolo di una generazione, nonché di un particolare tempo-luogo di un’etnia: la suburbia al tramonto degli Ottanta, cui bastava una scintilla per provocare esplosioni.
5. Quello di Pawel Pawlikowski è una delle dediche estive più citate qui su CineFatti: My Summer Of Love non ha solo l’estate nel titolo, lo è. È la passione nata fra sconosciuti – in questo caso, sconosciute – che si propaga come un incendio, sfida la pietra dei monumenti famigliari e poi si ritira in se stessa con lo stesso impeto col quale era nata. D’altra parte, forse è proprio il senso del vivere, quello di dare tutto per cose che non durano niente.
4. In odore di medaglie non può mancare Improvvisamente l’estate scorsa di Joseph L. Mankiewicz: una formula ossessiva – suddenly, last summer – per i protagonisti della pièce di Tennessee Williams, luogo figurato in cui abitano ricordi, traumi e pulsioni inespresse. La bella stagione, nell’universo in bianco e nero di Mankiewicz/Williams, vuol dire soprattutto tensione, inquietudine. E ha su di sé un alone che non è bello e spensierato per niente.
3. Sul podio, c’è il cinema sul cinema immerso nella calura: c’è James Stewart che suda copiosamente sulla sua carrozzella, con la gamba ingessata, e diventa involontario testimone di un omicidio. Con il diradarsi del caldo andrà sciogliendosi anche il mistero. L’estate de La finestra sul cortile, capolavoro indiscusso di Alfred Hitchcock del 1954, è un filo invisibile che incolla fra loro cornici, sguardi, personaggi e pezzi del puzzle. E, ovviamente, i vestiti sulla pelle.
2. Un’ode ai giochi estivi e alla lucente leggerezza dell’infanzia, nel semplice e sincero Stand By Me – Ricordo di un’estate di Rob Reiner, adattamento del racconto kinghiano Il corpo. Ci consentano un grosso SPOILER coloro che non hanno mai avuto modo di guardare questo piccolo e un po’ rozzo gioiello, perché pensiamo che in questi pochi minuti di pellicola e di voce narrante sia racchiusa la nostalgia di tutte le estati mai vissute su questo pianeta.
1. L’estate per come l’ha raccontata Takeshi Kitano, trasformandola in una favola, è il frutto più buono, succoso e fresco. Quello da lasciare alla fine. I mille significati della parentesi estiva sono tutti qui, condensati come goccioline sul vetro da cui spiamo L’estate di Kikujiro. Che significa, prima di tutto, ricerca. E che, nell’illudere prima e nel disilludere poi, sostituisce i vecchi e affascinanti inganni con nuove e più realistiche speranze. Per un’idea intercambiabile di orizzonte, a mare come in città.
Francesca Fichera
ottime scelte, più- per me- la nostalgia dei magnifici -perché un poco bacchettoni- anni 50 . Kitano comunque è il meglio del meglio
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Grazie! E bene per i bacchettoni Anni Cinquanta, che oltre a rappresentare una testimonianza storica danno anche l’idea di una certa atmosfera pregna – come dicevi tu – di nostalgia e.. magia?
Kitano, dal canto suo, quella magia l’ha portata alle stelle.
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