La forma dell’acqua, avvolgente storia d’amore
Ecco un esercizio sfizioso, contare le battute dei protagonisti nel cinema di Guillermo del Toro. Avremo poco da leggere con le loro voci al contrario dei rispettivi compagni di viaggio e ne La forma dell’acqua siamo giunti alla massima espressione della sua visione registica di un eroe conosciuto attraverso le immagini.
Gli elementi
Il caso della muta come un pesce Elisa Esposito (Sally Hawkins) non esclude affatto la conversazione dal tavolo, la sua storia d’amore con la creatura amazzonica (Doug Jones) è silenziosa ma ha tanto da dire. I due comunicano attraverso un proprio linguaggio degli uccelli, la lingua della conoscenza, degli dei e in questo caso dell’amore.
La forma dell’acqua è un sogno dove Guillermo del Toro ha mescolato le sue fantasie ricorrenti con l’immaginario cinematografico alla base della sua persona, un punto di incontro tra due luoghi lontani dall’umano coi piedi incastrati nella terra. In The Shape of Water attraverso l’aria si parla e nell’acqua si incontrano i corpi.
Aria e acqua sono gli spazi del sogno che l’uomo cerca di addomesticare, se avrà l’umiltà di riconoscere nelle differenze un oggetto affascinante, seducente come il Gill-man diretto da Jack Arnold ci insegnò con Il mostro della laguna nera e i suoi sequel. Luoghi da conquistare e raggiungibili solo col cuore di chi sa riconoscersi nell’altro.
Innocenza fuori dagli schemi
Lo sfondo sono i laboratori Occam nel pieno della corsa allo spazio negli anni Sessanta, dove la signora Esposito insieme all’amica e collega Zelda (Octavia Spencer) lavora come inserviente nel turno di notte. Una posizione umile, ma accettata di buon grado e vissuta di sfuggita tra un sorriso, un balletto e la masturbazione quotidiana.
Quella di Guillermo del Toro è una favola desiderosa di staccarsi da un’idea immacolata di innocenza. Elisa Esposito è una donna adulta con le sue normali pulsioni, con un corpo da compiacere insieme ai rapporti puliti e idilliaci coi suoi amici, scarti umani della società, donna nera una e omosessuale il vicino Giles (Richard Jenkins).
Proprio lui sarà la fantastica voce narrante della dolcezza scattata tra Elisa e la creatura strappata dal suo mondo da Strickland (Michael Shannon) uomo abietto simbolo del machismo militare tanto disprezzato dal regista messicano. Suo opposto è invece lo scienziato – con sorpresa – Robert Hoffstetler (Michael Stuhlbarg, il migliore).
Hollywood ♥
Era necessaria l’autocelebrazione di Hollywood coi musical classici in sottofondo e il ballo di Bojangles davanti agli occhi ammirati di Shirley Temple per convincere Hollywood stessa a riconoscere finalmente a Guillermo del Toro i suoi meriti. Leone d’oro a Venezia, un Golden Globe alla regia e 13 nomination agli Oscar.
La forma dell’acqua rientra di striscio nel club di La La Land e Birdman, di The Artist e Hugo Cabret, film in cui si rivive o omaggia il periodo d’oro di Hollywood, anche nell’aspect ratio. La differenza sta nell’oggetto di Del Toro, cinema di genere considerato da sempre di seconda mano nonostante sia stato scuola per nomi di alta qualità.
Ancor più a fondo vi è il Gill-man stesso, di tutti i mostri della Universal il meno ripreso in assoluto, personaggio secondario in un cinema anche lui di serie B. Un rifiuto a sua volta nel mondo del cinema a cui Guillermo del Toro fa onore con un’immagine che rende giustizia alla sua sensualità e bellezza rispetto agli altri Universal Monsters.
La creatura
La forma dell’acqua merita in parte gli applausi. Possiamo scegliere di studiarlo da punti di vista differenti. Il primo è la classica visione di una fiaba, ennesima reiterazione del mito de La bella e la bestia aggiornato per bambini e adulti, il secondo è nel tuffarsi in profondità nella dignità data agli innumerevoli dettagli a ornamento della scena.
Scrivo dignità perché sarebbe stato semplice rendere intangibile la creatura. Disegnare una bellissima bestia in CGI seguendo i movimenti di un attore registrati sul set, ma non è nello stile di Guillermo del Toro, amante ed esperto degli effetti speciali pratici che ha voluto un attore vero dentro un costume perfetto, come in Crimson Peak.
Disegnato fin nei minimi dettagli (esistono pagine sul design delle chiappe del mostro, diciamocelo) e solo perfezionato in CGI con alcuni accorgimenti quali gli occhi e la bioluminescenza. La voce e il resto sono l’interpretazione di Doug Jones, maestro della maschera e del costume, sensazionale qui più della Hawkins.
Dignità al dettaglio
Questa stessa cura dei dettagli caratteristica del cinema di Del Toro è motivo sufficiente per considerare La forma dell’acqua più di una semplice favola, altrimenti non ci sarebbe molto di diverso dal live action Disney de La bella e la bestia. Le persone e le cose hanno una storia dietro e dentro di sé più estesa di quanto mostra lo schermo.
Le pareti parlano delle inclinazioni e direzioni, gli abiti coprono un corpo seguendo la sua forma nel passato e nel futuro e le nostre abitudini alimentari sono a loro volta un segno importante delle nostre personalità. Si è parlato tanto di come le uova indichino collegamenti con Hellboy, ma altro non sono che un simbolo della femminilità.
Come riesce Guillermo del Toro a convogliare se stesso all’interno di così tante storie è proprio ciò che mi stupisce a ogni suo film che vedo.
Molti registi si perdono, altri scelgono di mettersi in disparte, ma non lui con la sua firma presente in ogni inquadratura, dalla presentazione in angolo basso degli ambienti protagonisti agli stacchi di montaggio che scompaiono dietro muri e persone per riapparire tagliando il tempo in altri luoghi. Una mdp fluttuante.
Alla fine il regista e la collega sceneggiatrice Vanessa Taylor mi conquistano col sentimento, col bisogno di ritornare a leggere e vedere ogni virgola, spingendomi sempre più a fondo in questa dolcissima storia d’amore. La forma dell’acqua è un film imperfetto che sguazza proprio nelle imperfezioni come i suoi protagonisti.
Sa essere lezioso, specialmente all’inizio e nel ballo verso la fine, senza però infastidire alla lunga. Quando Richard Jenkins deve poi pronunciare queste parole in conclusione al film, non posso fare altro che sciogliermi e pensare a tutto ciò che amo in questo mondo. Come fai a non apprezzare un film che ti fa sentire così?
Unable to perceive the shape of you,
I find you all around me.
Your presence fills my eyes with your love,
It humbles my heart,
For You are everywhere.
Ora continuate a pensarci con Alexandre Desplat e buona visione.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5
Grande film! Se può interessare, qui una mia recensione https://leonardostuni.wordpress.com/2018/03/08/in-un-mare-damore/
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