Il mostro della laguna nera

Il mostro della laguna nera (Jack Arnold, 1954)

La solitudine del mostro della laguna nera.

Il Gill-Man, la creatura che fin da tempi indefinibili abita un anfratto oscuro del Rio delle Amazzoni terrorizzandone gli avventori umani, è Il mostro della laguna nera del film di Jack Arnold. Ibrido per antonomasia, anfibio innaturale per metà uomo e metà pesce, in grado di nuotare e respirare sott’acqua come di camminare sulla terraferma.

Di lui si ignora se sia sempre stato così o abbia subito nel tempo una qualche contaminazione capace di modificarne progressivamente l’assetto biologico. Al contrario risulta evidente la sua ostilità, una reattività violenta all’intrusione umana che pur non gli impedisce di presentarsi come eroe perdente e solitario, destinato ad essere sopraffatto da una società razionalmente organizzata e, per questo, repressiva[1], ergo a suscitare nel pubblico una forma, per quanto latente o intermittente, di empatia.

La sua essenza mortifera dimostra ancora una volta di saper combaciare perfettamente con l’eros, puntando all’unica donna dell’equipaggio della barca stabilitasi presso la laguna, Kay Lawrence (Julie Adams) e designandola come vittima ideale dei suoi attacchi sia subacquei che terrestri.

Il mostro della laguna nera

Respinto dall’uomo, accolto dall’immaginario

È in tale frangente che esplode la sofferente condizione di reietto del mostro, uomo/animale unico nel suo genere e perciò condannato a una solitudine senza inizio né fine, all’insoddisfazione eterna di quel desiderio di procreazione che, oltre a far bene al cuore, assicura il proseguimento di ogni specie vivente sulla faccia della Terra.

Diventando un Tantalo a squame, creatura acquatica condannata a patire per sempre la sete – una certa sete – e a non poterla mai saziare, il Gill-Man verde e dorato disegnato da Millicent Patrick, cucito da Bud Westmore e interpretato da Ricou Browning, entra a far parte dell’immaginario per non uscirne mai più[2].

Per giunta muovendo nel pubblico di tutti i tempi la medesima reazione alla oramai  classica caduta del gigante King Kong sotto i colpi dell’artiglieria statunitense: un sospiro che mescola il sollievo a una pietà velata di tristezza.

Francesca Fichera

[1] B. De Angelis, F. Lattanzi, Il mostro della laguna nera, Fantafilm, http://www.fantafilm.net/Schede/1951/54-6.htm

[2] Anch’esso, come gli altri mostri classici della scuderia Universal, verrà riproposto nell’ambito del nuovo franchise della casa di produzione, vero e proprio rilancio dei miti dell’orrore degli Anni Trenta/Quaranta presentato con il nome di Dark Universe.

Questo brano è un estratto dal lavoro di tesi magistrale di Francesca Fichera, intitolato Corpi apocalittici. Mostri e paure nell’immaginario audiovisivo, in attesa di pubblicazione.

 

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