Pescatori di Corpi (Michele Pennetta, 2016)

Pescatori di Corpi, ovvero gli sbarchi dei migranti lontano da ogni spettacolarizzazione – di Victor Musetti

In concorso nella sezione “Cineasti del presente” all’ultimo Festival del Cinema di Locarno, dopo aver vinto il Pardino d’Oro nel 2013 con il cortometraggio ‘A iucata, Pescatori di Corpi di Michele Pennetta riporta sotto i riflettori un pezzo d’Italia nascosto e invisibile: quello dei pescatori siciliani.

Un documentario atipico 

A metà tra fiction e documentario puro, Michele Pennetta filma due storie parallele che non si incontrano mai, tutte ambientate a Catania. Da una parte c’è un arabo di nome Ahmed, che in attesa del permesso di soggiorno dorme su una barca abbandonata e passa il suo tempo alla ricerca di oggetti utili sulle imbarcazioni circostanti. Dall’altra c’è invece un peschereccio, l’Alba Angela, dove il lavoro viene saltuariamente ostacolato dall’arrivo di qualche barcone pieno di migranti.

Pennetta non vuole raccontare niente, non vuole prendere posizione su niente. Il suo unico interesse è quello di consegnarci il suo sguardo, il più puro e nudo possibile. Ci mostra la realtà così come sarebbe presentata a chiunque si trovasse al posto della macchina da presa, senza spiegarci niente.

Il suo è un cinema di immagini e di forzati silenzi, i cui personaggi non fanno niente per appagarci. Pennetta mette in scena poco e in punta di piedi, forse per paura di rovinare tutto. Di fatto tiene fuori volutamente e, forse, a ragione, gli sbarchi veri e propri, che rimangono sempre esterni al film, mai veramente parte della storia o delle immagini.

Ma ciò che il titolo suggerisce di fatto non viene mai mostrato. Una tematica forte, potenzialmente scioccante, che Pennetta però ha paura di affrontare in modo diretto, preferendo girargli intorno con parallelismi e, forse, anche simbolismi, dando per scontato che il contenuto venga fuori dalle immagini senza la necessità di alcuna lavorazione sulle stesse.

Un soggetto importante

Il risultato è un film che non sembra volersi prendere dei grossi rischi e che, nonostante gli evidenti sforzi di ricerca e integrazione negli ambienti di cui parla, non riesce a consegnare il risultato dell’esperienza reale anche allo spettatore, cui decide di mostrare una realtà asettica e apatica, senza mai parteciparvi in alcun modo.

Pennetta da’ il meglio di sé nelle parti più puramente documentaristiche, quando filma il lavoro dei pescatori. E riesce a consegnare un momento interessante soprattutto quando li fa interagire tra loro, in uno dei rari momenti parlati del film. Peccato che duri così poco.

Pescatori di corpi sembra spesso un compitino eseguito senza sbavature, che avrebbe però potuto rendere molta più giustizia alla realtà raccontata. Restano alcune bellissime immagini, ma se l’obiettivo era di portare all’attenzione un messaggio di qualsiasi tipo, la sensazione è quella di un’occasione mancata.

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