La Disney aggiorna con successo il proprio sottovalutato classico Il drago invisibile.
Elliot il drago invisibile, un film con cui ho un legame affettivo particolare, mi ha divertito da bambino e commosso ventanni dopo. Don Chaffey nel 1977 realizzò per la Disney una delicata storia sulla solitudine e il primo trailer del remake Il drago invisibile faceva presagire un adattamento in chiave pseudo-ecologista.
Si sarebbe perso ogni senso sfogliando via i più profondi veli con cui Chaffey caratterizzò la sua commedia mista di live action e animazione come lodierna, il CGI è solo un’altra tecnica e per fortuna il suo successore David Lowery non si è limitato a questo. Il risultato è un film altrettanto raffinato.
Un pericolo scampato
Cinque sono gli anni a cui Pete (Oakes Fegley, un adorabile mini-Tarzan) rimane orfano dei genitori, nel mezzo di una foresta dove trova conforto nella verde e morbida pelliccia di Elliot, un enorme drago capace di rendersi invisibile. Sei anni dopo Pete si riaffaccerà sul mondo degli umani, incontrando pericoli per il suo amico, dubbi su di sé e una famiglia.
Temi scontati in un film Disney assemblati con agilità da David Lowery, la cui carriera nel cinema indie USA e da montatore traspaiono nella loro forma più bella: Il drago invisibile non è schiavo delle direttive Disney, le imbraccia e usa con grande passione e una regia precisa e abile nel trasferire le emozioni dei personaggi.
Poteva cadere in errore in più di un’occasione, ma Lowery evita gli ostacoli e sin dai primi minuti dà un volto al drago. Subito ci offre la portata principale dandosi in tal modo una chance per agire sull’oggetto del film con maggiore libertà creativa, colmandosi di calore con scelte che potremmo solo definire perfette.
L’orizzonte è la felicità
Personaggi semplici, uomini e donne che potremmo incontrare nella nostra vita quotidiana, interpretati da attori capaci di reggere sul proprio carattere e fisico: Bryce Dallas Howard finalmente a suo agio, Karl Urban più burbero che cattivo, Wes Bentley confuso e Robert Redford nonno compiaciuto di sé.
Ognuno di loro si fonda sulla credibilità che gli occhi possono trasmettere, protagonisti di molti primi piani contrapposti ai panorami, ai paesaggi e alle visioni d’insieme. Quest’ultime inserite solo in momenti specifici, quando nei personaggi riaffiora la serenità data dal contatto col prossimo, dall’affetto.
Il drago invisibile è un film che offre un orizzonte laddove c’è calore, secondo cui possiamo guardare lontano soltanto quando condividiamo un momento di felicità. Lowery dunque non si appoggia a una storia dalle lacrime facili, gioca lavorando d’anticipo e con uno schema preciso parla al pubblico col linguaggio del cinema.
Non è certo un capolavoro e il voto sarà forse un po troppo generoso, ma consentitemi di cedere. Se ben sintonizzati Il drago invisibile vi prenderà senz’altro e se non voi di sicuro i più piccoli a cui questo aggiornamento è destinato. Loro potrebbero scoprire quanto noi trovammo nel bellissimo film di Chaffey.
di Fausto Vernazzani
Voto: 3.5/5