Attenti al Contagion
Fausto – “Guardate Gwyneth Paltrow morire!” Con uno slogan del genere chi non vorrebbe vedere Contagion? È evidente che i responsabili del marketing dell’ultimo film di Steven Soderbergh sono stati presi da un attacco di crudeltà unico o forse non volevano per niente bene alla Paltrow, al punto da decidere di giocare sulla morte di uno dei bei visini di Hollywood per attirare gente al cinema. Nel mio caso è un po’ come invitarmi a nozze.
Frannie – Nel mio caso vederla senza trucco è stato peggio di scoprire che in realtà la Befana era mio padre. Non vi dico (e perdonate il raro caso di SPOILER da parte della sottoscritta) vederne l’interno della scatola cranica. Ma vabbè, PASSIAMO AVANTI. Quando muore [SPOILER] anche il figlio del povero Matt Damon, mi volto sulla sinistra e vedo Faust ridere.
Cioè, come hai fatto a ridere di un bambino morto?!

Fausto – Come si fa a ridere di un bambino morto? Bastano due semplici ingredienti: il primo è un bambino che non ha grandi doti recitative, a cui è stata donata più d’un occasione di mettersi di fronte alla macchina da presa a fissare il vuoto, cosa che dopo un po’ risulta esilarante. Questo è appunto il secondo ingrediente, tra l’altro ricorrente per tutta la pellicola, ovvero quello di mettersi a fare una ripresa frontale perfettamente simmetrica dei diversi – innumerevoli – personaggi per mostrare la malattia sui loro volti.
Però fa l’effetto di quel gioco che si fa tra uomini della prima età, meglio conosciuti come bambini, oppure tra innamorati in stile Moccia, cioè guardarsi negli occhi spalancati e poi ridere. Sarà anche morto come tante altre persone nel film (che parla di gente che muore a causa di un virus, se ancora non si era capito già semplicemente dal titolo), ma la regia di Steven Soderbergh rende la cosa al limite tra il “Ma che mi significa?” e “AHAHAHAHAAH”.
Frannie – Aggiungo il terzo ingrediente che è: la pubblicità. Prima di tutto il presupposto è l’atmosfera, a metà fra SuperQuark e C.S.I. Miami (come mi faceva giustamente notare ieri sera il collega). Tutta moviola e sintetizzatore in sottofondo. Una volta sembra uno spot d’automobili, un’altra quella dei condom, un’altra ancora vedrete un emerito coglione rovinare uno dei pochi momenti romantici del film per mostrare, con faccia da beota annessa, il braccialetto del vaccino allo stesso modo in cui si sarebbe vantato del suo nuovo orologio subacqueo. Per la serie “Sono figo, ricco e in salute. Possiamo scopare?” e dopo ci sarebbe stato a pennello il POP del vino in cartone, ve l’assicuro.
Fausto – Cerchiamo adesso di descrivere la trama di Contagion attraverso i personaggi. C’è Matt Damon (sempre lui, sempre in mezzo, peggio delle parti basse di un premier) che con la sua nuova 4×4 pagata in comode rate mensili a tasso zero si trova piano piano a vedere tutta la sua seconda famiglia crepare, ma SUA figlia di sangue no e fa di tutto per proteggerla dal virus, da cui anche lui è immune.
Appena uscirà un film che dirà “Guardate Matt Damon morire!” potrò darmi anche ai voti ecclesiastici, perché tanto non potrà esistere nessuna sensazione fisica che sarà anche solo paragonabile al piacere di vederlo schiattare. C’è poi invece Laurence Fishburne, direttore del CDC, uomo incredibilmente coraggioso, buono, caritatevole, misericordioso, nemmeno la fusione super sayan di Gesù Cristo e Madre Teresa poteva essere così. Lui sceglie di viaggiare solo su automobili che possano unire la classe di un alto dirigente alla sua virilità da uomo vissuto, il tutto mescolato con dignità, ma con l’unico piacere che sta nella guida. Ci si fa prendere dal tono pubblicitario.
Frannie – In fin dei conti, Contagion questo è: un’immensa e prolungata campagna promozionale tesa a dimostrare che i cinesi sono sporchi, brutti e cattivi (sono buoni solo quelli 0-12, ma non abbastanza da meritare la vaccinazione), mentre gli scienziati del mondo occidentale sono gli unici veri eroi in grado di salvarci tutti e rendere il mondo più bello del villaggio dei puffi.
Fausto – Infatti esattamente come farebbe Puffo Forzuto con Puffo Vanitoso regalandogli la sua barra di pane – ogni doppio senso non è puramente casuale – così fanno i nostri eroici scienziati che si sacrificano fisicamente, eticamente, moralmente, economicamente, temporalmente, degnamente, e qualunque altro avverbio a cavolo vi venga in mente, per tutti i loro consimili. Emblematica è la scena in cui un povero moribondo ha freddo, chiede coperte, chiede che venga alzato il riscaldamento, chiede a Mr. B se può consigliargli una escort bollente, ma nulla di tutto ciò è possibile; solo la grande scienziata Kate Winslet, anche lei morente, può fare qualcosa. Ed ecco che con grande, quanto inutile sforzo, con i suoi ultimi respiri, cerca di cedere il suo giubbotto al pover’uomo. Lacrime di commozione. No, bugia. Lacrime per le risate. Scena più patetica di questa non c’è, nessuna come lei.
Frannie – Intanto lo shock über alles è un altro: Jude Law. Vi chiediamo, anzi, vi chiedo espressamente in prima persona di riguardare Closer o Alfie o Ritorno a Cold Mountain per verificare la sua dentatura, perché io me la ricordavo diversa. Perfetta, bianca, manco fosse disegnata con Autocad. E invece Jude, che veste i panni di un profetico blogger assetato di verità, nel film finisce alla tv e diventa vittima di una serie di terribili primissimi piani che ne mostrano senza pudore gli incisivi orrendamente accavallati. Avremmo preferito scoprire cosa c’era nel cranio della sfortunata Gwyneth (Soderbergh preferisce lasciarcelo immaginare attraverso le espressioni terrorizzate dei medici legali) piuttosto che assistere a QUESTO. Ed è l’ennesimo trauma che Contagion è in grado di regalare, tanto che viene naturale chiederci: ma come diavolo è finito a Venezia?

Fausto – A conti fatti Contagion non spaventa per quello che può capitare con un’epidemia, di cui tende a mostrare praticamente solo l’aspetto di ricerca con gli eroici scienziati e in secondo piano il corretto cittadino (“MATT DAMON!” la capirà chi ha avuto il piacere di vedere Team America), il cattivo blogger che disinforma su internet e gli sporchi cinesi. A spaventare di questo film è quella regia da pubblicità della Che Banca! con una colonna sonora buttata senza senso. Contagion è pietoso, patetico, ridicolo, potrà farvi morire dal ridere e non dalla paura, a meno che non siate ipocondriaci cronici come Frannie – che ad ogni colpo di tosse degli spettatori in sala avrebbe voluto spalmarsi il gel igienizzante nel naso.
Frannie – Sì insomma ragazzi, state attenti a non toccarvi il viso troppo spesso, ai FOMITI (la prossima volta vi spiegheremo cosa sono, magari) e a bere dallo stesso bicchiere del vostro vicino. Su questo, almeno, non c’è nulla da scherzare.
Detto ciò, Fran vi stringe calorosamente la mano.
Fausto invece vi alita in faccia e vi riempie di FOMITI amichevoli!
3 pensieri su “Contagion (Steven Soderbergh, 2011)”