Fuga da Castle Rock
In questo primo – e si spera ultimo – CineKing fuori dai confini del numero 19 torniamo a ribadire una semplice cosa: Twin Peaks ha cambiato per sempre il mondo dei media, a cominciare dalla televisione.
Cosa c’entra questo con l’ultimo adattamento (libero) da Stephen King? Probabilmente il fatto che Castle Rock ricordi molto da vicino l’opera cruciale di David Lynch.
L’aspetto problematico è che questo non rappresenta più di tanto un bene.
Doppiare la lentezza
E il perché è presto detto: ritmi lenti al punto da essere ieratici possono essere esclusiva concessione di una mente che cancella; difficile un loro effettivo funzionamento in altri contesti.
A ciò si aggiunge la confusione – di certo voluta in quanto parzialmente propedeutica alla resa del plot – che fa di questa prima partenza della nuova serie Hulu uno scoglio duro da superare.
Con tutto l’amore per il Re.
Una vera maledizione
Un peccato, non c’è che dire, dato anche il precedente virtuoso di 22.11.63 con il quale il connubio King/J. J. Abrams si era presentato al pubblico.
Evidentemente però la cittadina immaginaria del Maine non è il solo elemento ad attirare su di sé influenze negative – peraltro continuamente sottolineate da goffi easter egg che lasciano davvero il tempo che trovano.
Intorno alla storia del misterioso ragazzo riemerso dai sotterranei del carcere di Shawshank (Bill Skarsgård) perfino i facili entusiasmi del fan medio di quartiere non ci impiegano molto a spegnersi.
I mille corpi della noia
Alla sua apparizione si connette quasi nell’immediato quella del protagonista Henry Deaver/André Holland, enigmatica figura di avvocato penalista richiamato al paese natio dal lontano Texas.
In quel di Castle Rock ritrova la faccia monoespressiva di Molly Strand (Melanie Lynskey) giovane agente immobiliare con poteri psichici e un segreto in comune (qualche momento di brivido lo regalerà proprio la vicenda del suo personaggio, pessima recitazione a parte).
E rincontra ovviamente anche la madre (Sissy Spacek) o quella che dovrebbe essere la madre, assieme allo sceriffo Alan Pangborn (Scott Glenn) che si è trasferito con lei dopo un travaglio amoroso durato per decenni.
Poche strade da imboccare
Il piccolo dedalo maledetto del Maine si sviluppa nello spazio ma anche e prima di tutto nel tempo, mescolando le carte di passato e presente in un modo che richiama molto da vicino la goffaggine del fan service offerto dalle citazioni.
Questo ad eccezione del solo momento veramente degno di nota dell’intera prima stagione di CS, ovvero il settimo episodio, The Queen, diretto da Greg Yaltanes e retto dalle mai abbastanza gracili spalle della storica interprete di Carrie.
Detto questo, oltre allo sguardo indelebile di Skarsgård e a certi guizzi di atmosfera – che però riescono più riconoscibili in serie come Sharp Objects, molto poco kinghiane – infusi nel racconto, il volo fra le strade di Castle Rock si arena miseramente nell’involuzione di un ermetismo macchinoso e fine a se stesso.
Un futuro all’oscuro
Eppure il rinnovo c’è (che fa rima con Re) e la seconda stagione antologica di Castle Rock farà il suo corso; più di qualcosa ci dice con molto meno hype rispetto al grande inizio mancato della prima.
Lo stesso può dirsi di questa rubrica, che spera di tornare a fornirvi aggiornamenti sul multiverso mediatico di King a partire dal prossimo 19 del mese.
Per ora l’extra è di casa – e anche un po’ la delusione.
D’accordo su tutto, purtroppo. I primi episodi mi avevano abbastanza entusiasmato, ma poi mi sono molto raffreddato. La trama è pressoché inesistente ed è diluita veramente troppo a lungo, il cast è quasi del tutto incapace, il protagonista insipido. L’episodio 7 è davvero l’unico in cui è evidente che qualcuno ci ha almeno provato a fare qualcosa di artistico.
Noioso e dimenticabile. E’ curioso che tu citi Sharp Objects, visto che per me ha avuto una parabola inversa a Castle Rock: il libro non mi era proprio piaciuto e l’avevo iniziata solo per Amy Adams ma senza aspettarmi niente, e invece man mano che gli episodi passavano ha iniziato a piacermi sempre di più.
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Ho citato Sharp Objects perché pur essendo oggettivamente slegata dall’opera di King è riuscita più di Castle Rock a richiamarne il clima – del resto mi pare che anche il Re in persona, in uno dei suoi tweet, l’avesse consigliata caldamente.
Insomma, non era certamente un paragone in negativo ;) Per il resto io ci sono rimasta male dall’inizio alla fine, e davvero non so cosa aspettarmi dalla prossima tornata!
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Mah, da quello che ho capito dovrebbe avere per protagonista Jackie Torrance, che tra tutti forse è stata l’unica ad avere una personalità un po’ superiore a quella di una triglia bollita. Certo corriamo il rischio di avere, nel 2019, ben due sequel/spin off di Shining, con tutti i rischi che un’operazione del genere si accolla. Vedremo.
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Il suo personaggio è ciò su cui hanno spudoratamente puntato gli autori per accentuare l’effetto fanservice. Divertente, per carità, ma non escludo che un’intera stagione su di lei rischierebbe di annoiarmi.
In quanto a Doctor Sleep invece sono di parere opposto e molto curiosa di vedere il risultato!
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Sì, anche io, intendevo che avere due opere che si rifanno direttamente a Shining in così breve tempo potrebbe finire per penalizzare l’una a favore dell’altra. Oltretutto con le potenziali differenze di trattamento: Flanagan, per dire, ha già affermato che avrebbe realizzato un adattamento del romanzo, discostandosi quindi dal lavoro di Kubrick, mentre la serie potrebbe decidere di cavalcare anche quel successo. Con tanto King in giro la serie avrebbe potuto spaziare altrove e con storie più inedite invece di fossilizzarsi su Shining.
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Decisamente poca voglia di osare, sono d’accordo!
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L’ha ribloggato su La finestra di Hoppere ha commentato:
Fuga di Castle Rock
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