11.22.63 - CineFatti

11.22.63: un bel viaggio (nel tempo) con Stephen King

11.22.63: il romanzo che torna dal passato per finire in tv 

Non abbiamo fatto altro che parlarne per frammenti e piccoli accenni e finalmente eccoci qua, a lanciare coriandoli contro lo schermo perché 11.22.63 è arrivata in Italia; più esattamente su Fox, dove avverrà la trasmissione, ogni lunedì sera alle 21:00, di tutti e otto gli episodi dello show televisivo prodotto e ideato da J.J. Abrams per il network Hulu.

Coriandoli per 11.22.63

Una “serie-evento” sotto ogni aspetto: attesa e chiacchierata, unica e irripetibile, e con un cast davvero eccellente. Lo capeggia James Franco, interprete perfetto per il ruolo del professore di letteratura Jake Epping che si ritrova a tu per tu con la Storia nel retrobottega della tavola calda di Al Templeton (un ottimo, per quanto sacrificato, Chris Cooper); e lo completano la Sadie di Sarah Gadon, “musa cronenberghiana” qui in versione edulcorata e imbevuta di purezza, e l’isterico villain di T. R. Knight, breve ma intensa (ed autentica) presenza kinghiana della serie.

Non aggiunge e non toglie invece, a parte l’adeguato fisique du role, il Lee Oswald del quasi esordiente Daniel Webber; ma per fortuna sono tanti i personaggi secondari, o comprimari, in grado di passare a pieni voti il test di qualità: siate pur certi che 11.22.63, sul piano della recitazione, ha di che stupirvi.

E anche su quello della scrittura, se non fosse per… ma andiamo con ordine.

L’inizio di 11.22.63 è trionfale:

corre come un treno partendo da un racconto in prima persona, con la voce narrante di Harry Dunning (Leon Rippy: vi sfidiamo a dimenticarlo!), dove regna incontrastato il brivido che ogni fan storico di Stephen King conosce bene. E va avanti, dritto nella realtà dei nostri giorni, alla quale Jake è costretto a rinunciare, per il tempo (presente) di una manciata di minuti, in cambio di un paradosso temporale senza precedenti: la modifica degli eventi che, tre anni più tardi rispetto all’inizio dei fatti del racconto, porteranno all’assassinio del presidente John Fitzgerald Kennedy in quel di Dallas.

 

La serie, complice la straordinaria fotografia di Adam Suschitzky come anche l’azzeccata scelta della colonna sonora, che forse è addirittura invadente sulle prime battute, riesce nella non facile impresa di riprodurre le stesse atmosfere suggerite dal romanzo pur discostandosi da quest’ultimo in più di un punto: la trama, infatti, se potrà apparire più o meno coerente ai neofiti, risulterà assai diversa per i fedeli lettori di questo e altri romanzi kinghiani, soprattutto in relazione all’introduzione del personaggio interpretato da George McKay.

E se è vero che il tono kinghiano si mantiene alto fino al quarto episodio, con tutta la parte bacata della “mela americana” sezionata fino al suo ultimo spicchio, dal giro di scommesse truccate al prototipo di padre violento (Josh Duhamel), passando per la tipica famiglia bigotta che nasconde i propri segreti alla luce del sole, a partire dall’implosiva quinta puntata il ritmo di 11.22.63 planerà, frenerà, si arresterà, si fermerà e soffermerà sulle complicazioni. Ma su quelle legate ai sentimenti in particolare.

 

Croce e delizia della sceneggiatura televisiva firmata da Bridget Carpenter è proprio il sentimentalismo: da un lato accanito, quando riesce a dare la sensazione (non sempre gradevole) che l’intera struttura narrativa di ciascun episodio punti esclusivamente a quel momento, che i gioielli di tensione, di azione e di puro genere ruotino tutti intorno a una perla di romanticismo; dall’altro – e chi ha letto 11.22.63 amandolo dall’inizio alla fine, forse, sarà d’accordo – assolutamente necessario.

Perché, a parte l’arzigogolo del pre-finale (episodi 6 e 7), destinato a chiudere discorsi aperti giusto per il gioco di aprirli e, quindi, abbastanza vicino alla noia11.22.63 salverà se stessa in calcio d’angolo con la più giusta e poetica delle conclusioni. Che molto probabilmente non basterà ad eliminare le pecche di ritmo, di coerenza, (talvolta) di regia lasciate lungo la strada ma, in compenso (e con lo zampino fetente delle musiche di Alex Heffes), vi porterà alla meta con il cuore più pieno… di qualcosa. Di sicuro, di lacrime.

A volte vincono giocando un po’ sporco (voi, comunque, preparatevi pure a scene del genere). Ci rivediamo qui quando sarà finita!

Lacrime per 11.22.63

Francesca Fichera

 

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