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Who Watches the Watchmen?

Lontano dal cuore Watchmen trova un discreto perché

Watchmen è orribile. Ecco, l’ho detto. Sono diventato un fan insopportabile, sparatemi a vista, non datemi peso, anzi buttatemelo addosso e schiacciatemi perché non è questo che voglio essere. Fatto sta che la nuova serie HBO – canale a caccia di un nuovo GoT da anni – mi ha ributtato nella mia venerazione per quel genio incommensurabile di Alan Moore e quindi…

Non posso apprezzare qualcosa che si distanzi tanto dal graphic novel. È il motivo per cui uccidere il fan dentro il nostro cuore è la solitaria soluzione per reggere la creatura di Damon Lindelof: è un adattamento, è diverso e in quanto tale va giudicato, nonostante lo showrunner sostenga Moore avrebbe inconsciamente scritto alcune sottotrame proprio come lui ha fatto.

In medio stat custodes

Watchmen è orribile o no, allora? La verità sta nel mezzo e non lo dico per mettermi al riparo dall’orda di fan dello show dietro uno schermo, tuttavia distanziandomi dal capolavoro di Moore l’unica posizione in cui mi trovo a mio agio è proprio al centro. Non vedo tracce del capolavoro da molti decantato, né l’inferno assoluto della scrittura, del resto Lindelof non è scemo.

Sono dell’idea che the Leftovers sia una serie eccezionale, senza mai dare alcuna risposta – come già fece con Lost – ha ritratto con grande empatia una società orfana di ogni certezza, nella costante elaborazione di un lutto. Watchmen, anziché ignorare il bisogno fisiologico di un segnale dopo il punto interrogativo, ha un’idea chiara e tonda. Una prima volta per Damon.

Fan fiction d’autore

Ci troviamo oltre 30 anni dopo il finale di Watchmen graphic novel e… STOP. A questo punto è giusto avvisarvi: se volete leggere il graphic novel senza anticipazioni allora procuratevelo, perché Lindelof svela quasi tutto. Il che fa della serie HBO una fan fiction, anche se nessuno lo ha ammesso. Nulla di male, nemmeno nel guardare Watchmen senza averlo letto. È una scelta.

Insomma, il mega calamaro è stato teletrasportato su New York City da Ozymandias e il mondo ha scansato per un pelo l’annichilimento per guerra nucleare. L’umanità ottiene la sopravvivenza e la giustizia in costume diventa prerogativa esclusiva delle forze dell’ordine, mentre Rorscharch colpisce il cuore dei suprematisti bianchi sostituendosi al classico KKK nella lotta alla black America.

Proprio loro sono i principali sospettati dell’omicidio di Judd Crawford/Don Johnson, commissario della polizia di Tulsa. Ma noi spettatori sappiamo esserci una seconda verità ed è nel passato di Sister Night, la detective mascherata di Regina King. Tuttavia qualcosa non torna anche nel presente di Ozymandias/Jeremy Irons e Dr. Manhattan gioca sempre su Marte… e via dicendo.

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La storia non si ripete, si eredita

Le somiglianze con la trama originale sono evidenti, se non le elenco una a una è per non essere antipatico oltre che per rispetto a chi il graphic novel ancora non l’ha letto. Lo scheletro di Watchmen ha sempre Moore come genitore, cambia invece la sua pelle. Letteralmente. La HBO con Lindelof scrive una serie televisiva adatta ai tempi: è un manifesto pro black America.

Ed è grandioso in questo, lo ammetto. Al di là delle sue implicazioni finali – che non posso svelare – l’episodio sei tanto applaudito è in effetti uno dei migliori visti quest’anno. Lindelof scava in uno dei pochi pertugi lasciati scoperti da Moore, la backstory di Hooded Justice e la riscrive in chiave moderna, dando agli USA supereroistici radici nella storia afro-americana.

Immagina un passato in bianco e nero nei colori e nella separazione dell’America del Novecento. È una forte dichiarazione politica, è un colpo al cuore ed è rispettosa di un dolore trasmesso per generazioni: la rabbia, la paura, quei sentimenti che scatenano una reazione di fight or flight derivano da abusi, insulti e strette corde al collo.

Technicolor

Il problema è che nel servire questo bellissimo messaggio, Watchmen trascura il contorno. Tensione ve n’è poca se non in rari momenti e alcune sottotrame finiscono con l’essere macchiette, anche se Jeremy Irons giganteggia più del solito. Gli elementi riempitivi sono scritti senza curarsi troppo della loro funzione individuale, rendendoli fin troppo dipendenti o distanti dal messaggio.

Ecco perché Watchmen ai miei occhi è iniziata malissimo e finita bene. Perché come vuole la norma, in cima al pandoro v’è la parte più morbida coperta di zucchero a velo, le intenzioni di Lindelof si palesano senza maschere e le storyline secondarie sono svelate per il loro vero ruolo: servitù. Il che potrebbe anche starmi bene se non fosse che sanno più di brodo allungato che altro…

Insipide metafore culinarie a parte, Watchmen merita. Intascato il finale, è giusto riconoscerlo. È meritevole in particolare per chi è interessato alla questione inclusività – tutti? – per chi vuole vedere fin dove arriva la HBO pur di trovare gli ascolti perduti con la fine di GoT, chi ama la fan fiction e vuole leggere/vedere un esempio di successo e chi ama l’accento di Tim Blake Nelson.

Seconda stagione? Lindelof non sa se ci sarà, io sono pronto a scommettere che con gli ascolti ottenuti dalla HBO ci rifletteranno ben bene prima di chiudere qui coi “supereroi” di Moore sul piccolo schermo. D’altronde alla domanda quis custodiet ipsos custodes, chi sorveglia i sorveglianti, who watches the watchmen pare abbiano risposto “Milioni”.

La HBO non farà cambiare canale.

Fausto Vernazzani
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