1922 - CineFatti

1922 (Zak Hilditch, 2017)

Correva il 1922, l’ultimo anno di Signora Speranza.

Difficile tenere banco con IT di Muschietti in sala e Il gioco di Gerald alla porta accanto, eppure 1922 non ha quasi nulla da temere in fatto di confronti.

Il film di Zak Hilditch prodotto da Netflix, dove è disponibile dal 20 ottobre scorso, sta a confermare che sì, ci sono nuovi standard da seguire, e non solo per ciò che riguarda gli adattamenti dei libri di King.

Conferma anche che The Mist la serie è stata un’eccezione e che, se tutto va bene, siamo di fronte a un futuro creativamente e produttivamente florido, per la sala come per tutto ciò che la richiama ma ha da tempo smesso di appartenerle.

Ladies and gentlemen, Mr. Thomas Jane!

In quanto al film, tratto come molti di voi sapranno dall’omonimo racconto di Notte buia niente stelle, ha tanti pregi quanti difetti e fra i primi non esitiamo per un solo momento a mettere lui: Thomas Jane.

L’uomo urlante di The Mist ritorna a Stephen King e al suo universo in una forma a dir poco perfetta. Sporco, consumato nel volto e dall’interno, è il Wilfred che tutti potevano immaginare leggendo le pagine del libro.

E il suo accento, la sua voce, sono quanto di più legittima, se non obbliga, a vedere il film in lingua originale: fanno parte del personaggio alla stessa stregua degli abiti e del corpo bronzeo da rude lavoratore della terra.

Presenze assenti

Accanto a lui è comprensibile che gli altri attori possano sfigurare. Ma si sarebbe potuto evitare? La risposta per noi è sì, perché un casting più equilibrato e attento avrebbe senz’altro giovato a tutti, film compreso.

Debole e fuori parte la pur brava Molly Parker nel ruolo della moglie Arlette, fin troppo poco intensa la resa di Henry a opera di Dylan Schmid, figlio del protagonista e personaggio chiave della storia.

L’intero arco narrativo di 1922 è teso dalle solide spalle di Jane e dalla forza vibrante della voce del Re.

Il futuro del genere d’autore

Zak Hilditch la riporta con cura, senza coprirla ma nemmeno limitandosi a una sterile imitazione del testo, affinché la scrittura possa collaborare con la regia alla costruzione dell’atmosfera giusta.

E il risultato è raggiunto, le dissolvenze in nero chiudono il cuore così come i flashback lo riaprono e i raffinati dosaggi di luce di Ben Richardson (Colpa delle stelle, Re della terra selvaggia) assieme alle distorsioni sonore di Mike Patton assestano il doloroso ma necessario colpo di grazia malinconica.

Così l’anno 1922 inizia e muore anche nel mondo delle immagini lasciando il suo indelebile segno privo di qualsiasi speranza.

Francesca Fichera

Voto: 3.5/5

9 pensieri su “1922 (Zak Hilditch, 2017)

    1. Diciamo che si prende il suo tempo, credo anche in relazione alla cornice introspettiva del romanzo da cui proviene. Una splendida sorpresa per me :)

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  1. Sì, il difetto principale del film è un cast di supporto non all’altezza. Come hai detto, il figlio è una presenza fondamentale ma qui viene reso a monodimensionale blocchetto di tufo. Però ce ne fossero comunque di adattamenti così, capaci di riportare interamente sullo schermo le atmosfere del racconto da cui sono tratti :)

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    1. Verissimo, al netto di tutto chi ama King in questa ultima parte dell’anno non può non dirsi soddisfatto del nuovo rapporto che l’audiovisivo sembra avere instaurato con le sue storie. Se continuassero su questa strada non dovremmo più ricordare solamente Stand By Me, la filmografia di Darabont e poca altra roba. Quella delle produzioni Netflix e di Muschietti rappresenta una piccola grande e incoraggiante svolta.

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