Godzilla - CineFatti

Godzilla (Gareth Edwards, 2014)

Fuori o dentro Godzilla? La risposta è nelle parole

Al grido di È TUTTO FUORI comincia la proiezione 3D di Godzilla, reboot a firma di Gareth Edwards (Monsters).

I napoletani, miei concittadini, restano insuperabili nel descrivere la novità di un’esperienza; se non ci fossero loro, i film noiosi sarebbero semplicemente insopportabili. E a proposito di noia, sappiate innanzitutto una cosa: con l’edizione 2014 del megalucertolone a base d’uranio impoverito, a impoverirsi saranno anche e soprattutto le vostre gonadi. Mentre, quasi per compensazione, crescerà il numero degli sbadigli.

Il tutto suggellato dalla frase – oramai di culto – pronunciata da uno dei suddetti spettatori in un punto imprecisato della visione: “ij che palle ‘stu film”.  Bene, cerchiamo di capire perché.

Un lucertolone moscio

La storia è introdotta da una serie di (noiosi) titoli di testa che collocano grossolanamente il mito e la sua genesi facendolo assomigliare a un incrocio fra X Files, Haven Xena. 

Subito dopo ci viene mostrato un elicottero (che “è tutto fuori”, cit.) nell’atto di sorvolare una grossa cava dove è avvenuto un crollo piuttosto importante. A bordo ci sono il dottor Serizawa (Ken Watanabe, nel ruolo più inutile e più mal doppiato della sua carriera) e l’assistente Vivienne Graham (una sprecatissima Sally Hawkins) i quali poco più tardi si ritroveranno a confrontarsi con i non tanto amabili resti fossili di un immenso animale e con delle stranissime uova.

Nel frattempo a Tokyo, Joe Brody (Bryan Cranston/Walter White, il vero e unico motivo per andare a guardare questo film) sta pigliando a parole qualcuno a telefono perché non crede alle sue rilevazioni sulla presunta fonte di alcune scosse sismiche che si ripetono da giorni, mettendo a repentaglio la sicurezza della centrale nucleare del posto dove lui lavora assieme alla moglie Sandra (Juliette Binoche).

La stupidità è nelle parole

Qui già è evidente la totale inadeguatezza della sceneggiatura a cura di Dave CallahamMax Borenstein: quella parte di un film che (sorpresa!) fa funzionare tanto il cinema di Béla Tarr quanto i blockbusteroni; il Godzilla di Gareth Edwards non può che rappresentarne l’ennesima riprova.

Sandra e Joe parlano in auto, lei fa notare a lui che il loro figlioletto Ford, in onore del compleanno del papà, ha preparato un grande striscione con la scritta “buon compleanno”; gli rimprovera il fatto che lui non l’abbia visto, così Joe chiede scusa e poi, quando lei giustamente propone una pausa da tutto lo stress che li attanaglia, lui si ricorda improvvisamente che è il suo compleanno. Un dialogo indescrivibile nella sua assurda stupidità, va solo ascoltato per essere (non) capito.

We Are Living in America!

In realtà però  il vero protagonista sarà proprio il vituperato figlioletto Ford, cresciuto (anche piuttosto bene, nda) con le fattezze di Aaron Taylor-Johnson e diventato artificiere dell’esercito, per la costante preoccupazione della moglie Elle (Elizabeth Olsen) e del piccolo Sam, il solito bambino asociale sballottato da un posto all’altro nei film d’azione con un coinvolgimento emotivo pari allo zero assoluto.

Viene perfino spontaneo pensare all’inserimento dell’intreccio amoroso/famigliare/strappalacrime/eroico/bandiera americana che nulla ha da invidiare al Godzilla di Roland Emmerich (1998) e che s’unisce, per nostro sommo dispiacere, a una vera e propria parata dell’armeria statunitense esibita in ogni suo reparto e squadrone militare.

D’altra parte – è pure giusto spezzare una freccetta di plastica a favore – la scena più valida di tutto il lavoro, che non a caso ha fatto anche da trailer, è quella dell’attacco aereo con i paracadute su commento sonoro di Alexandre Desplat Gyorgy Ligeti (il Requiem)

Una regia inconsueta e forse anche inadatta al genere, per giunta sposata a uno script che non approfondisce background e tratti salienti dei personaggi, rende questi ultimi fantocci di cui non ce ne po’ frega’ de meno buttati alla rinfusa in mezzo a una serie di testate nucleari e mostri sparsi per il globo.

E Godzilla?

Facciamo come il film di Edwards e lasciamo il gigante per ultimo: su due ore di pellicola lo vediamo per un quarto d’ora totale, prima cattivo e poi buono nel pieno rispetto della tradizione (iniziata al cinema da Ishiro Honda nel lontano 1954).

Ma ciò non basta a tenere il pollicione in alto per una riedizione del mitico predatore Alfa che muta quest’ultimo da Nemesi di Madre Natura a salvatore del mondo; quello stesso mondo che continuerà a produrre radiazioni fino alla notte dei tempi fabbricandosi da sé una trappola di morte alla quale potrebbe aggiungersi (giusto per completare il quadro) il sequel del reboot, Godzilla 2.

Cominciate a tremare dunque, e intanto fatemi il piacere: Godzilla Pacific Rim in comune hanno soltanto una cosa, e sono i kaiju. Per il resto meglio cafoni che noiosi, e viva Guillermo Del Toro, che i combattimenti li gira coi controcosiddetti. 

(da Manuale per come farsi odiare sul web dal web)

Francesca Fichera

Voto: 1.5/5

2 pensieri su “Godzilla (Gareth Edwards, 2014)

    1. Giammai! E son lieta di fare tale buona azione ;) Fra l’altro il 3D non merita affatto, credo che il 2D sia d’eguale qualità e di prezzo inferiore e perciò convenga molto di più! Non fosse stata la festa del cinema, avremmo optato per il secondo senz’ombra di dubbio!

      Sempre forza Del Toro, ò!

      – Fran

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