The Old Guard - CineFatti

La vecchia Old Guard

Si risveglia dal sonno il dibattito sulla non-originalità

Il nuovo virale original del caro Netflix ha riaperto l’eterno dibattito sull’originalità. È mia abitudine in tempi recenti dedicare un articolo a quei film che ritengo interessanti e, no, the Old Guard non è affatto uno di questi. Tuttavia ho visto poco di valido negli ultimi tempi – brucia ancora la delusione de La vita straordinaria di David Copperfield – e quanto meno the Old Guard ha riaperto una voragine su cui vale la pena scrivere.

In genere ad avere l’esclusiva sulla mancanza di originalità è il contenuto narrativo ed è raro vederne presa in considerazione l’assenza nella forma – l’accusa principale che mi sento di muovere all’ultimo Joker – lasciando così una grossa fetta di cinema al riparo da queste ingiuriose accuse. L’errore che ritengo non vada assolutamente commesso sia di limitarsi ad attribuirla alla sola morale, oppure all’uso (e abuso) di cliché.

Lo credo perché si considera spesso il mestiere dello sceneggiatore come privo di strumenti tecnici. Esistono purtroppo ancora “scuole di pensiero” in cui si insegna la magica differenza fra una sceneggiatura alla francese o all’americana e c’è chi davvero investe il proprio tempo studiando se convenga girare l’impasto della torta da destra a sinistra o viceversa. È davvero così fondamentale?

L’impugnatura dei cliché

I cliché sono un valido strumento e in quanto tale vanno studiati e collocati correttamente nello spazio e nel tempo di una storia. In alcuni casi l’intero canovaccio può corrispondere a un consumato cliché e nonostante questo con minuscoli accorgimenti trasformare il famoso già-visto in una novità. Se ne vendono a tonnellate di film eccellenti totalmente privi di originalità nella storia e da qui scaturisce un comune e odioso equivoco.

Mi riferisco al famoso: “ormai è stato già scritto tutto, è impossibile essere originali.” Eppure qualche anno fa Quentin Dupieux se ne uscì con la storia di uno pneumatico con poteri mentali e Werner Herzog raggiunge vette sempre più alte attraverso la difficile arte del documentario. Lo stesso Christopher Nolan – not my cup of tea – si sforza di modificare la norma distruggendo il normale concetto di fruizione del tempo scenico.

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Si può fare, l’importante è non aggrapparsi all’idea della novità assoluta: è necessario studiare – a meno che tu non sia nato David Lynch e allora vabbuò, di che stiamo a parlare – e sforzarsi di scoprire le impossibilità da superare mano a mano che ci si muove nella giungla delle industrie cinematografiche (sono tante, non è una). Ecco perché dopo questa lunga filippica mi sento di considerare the Old Guard di Gina Prince-Bythewood un film banale.

L’immortale banalità

Perché proprio il termine banale: oltre a mancare di originalità non è nemmeno un film importante. Uno degli ultimi chiacchierati original di Netflix come the Half of It aveva almeno l’intenzione di dare al giovane pubblico LGBT+ una storia d’amore in cui ci si potesse identificare per passione e sensazioni. Il nuovo the Old Guard tratto dal fumetto di Greg Rucka non è né originale né importante, ormai action movie con protagoniste donne ci sono. Sempre troppo pochi, sia chiaro, e ce ne vorrebbero altri con Charlize Theron. È una macchina da guerra.

Faccio un passo indietro: the Old Guard vede protagonista Andromaca, una donna immortale a capo di un ristretto gruppo di uomini come lei, privati dell’attenzione della Nera Signora. Sono pochi, pochissimi, soltanto in quattro: Matthias Schoenaerts è Booker, il più giovane morto la prima volta nelle guerre napoleoniche, poi Marwan Kenzari e Luca Marinelli, rispettivamente Joe e Nicky, ammazzatisi a vicenda nella seconda metà del XI secolo durante le Crociate, combattenti su fronti opposti, nemici giurati sul campo di battaglia, amanti successivamente.

È poi il turno della nuova arrivata, l’oggetto di immedesimazione: la marine Nile Freeman di KiKi Layne. A lei tocca il classico ruolo dell’esploratrice di nuovi mondi e condizioni, la Dante Alighieri guidata dalla Cicerone Andromaca, il personaggio in cui identificarci perché esattamente come noi, nel senso che spettatore e Nile sono entrambi umani al momento del primo incontro. È un ruolo classico, in taluni casi assolutamente necessario e interessante.

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Dov’è il mondo?

Qui arriva il mio primo problema con the Old Guard: non vi è assolutamente nulla da scoprire. È così perché gli stessi quattro immortali non hanno la benché minima idea del perché della loro condizione, ma nemmeno si sono mai fermati a riflettere su sé stessi dopo secoli di vita. Vivere praticamente “per sempre” (Booker ha solo 220 anni ca.) non ha modificato in alcun modo il loro stare al mondo se non l’essersi addestrati al combattimento.

Il worldbuilding di the Old Guard è inesistente e cozza con la normale necessità di avere risposte per la nostra protagonista Nile. Non ne riceve nemmeno mezza e per qualche assurda ragione Andromaca vorrebbe lei si unisse a loro semplicemente perché vivono la medesima condizione: ma chi sono? Cosa fanno? Perché? Apparentemente pur vivendo a lungo gli immortali non se lo sono chiesto (ma dai!) né Nile lo saprà mai.

L’unico vantaggio di the Old Guard è l’aver inserito comunque un senso di pericolo. Essere immortali non li rende esenti dal dolore fisico e mentale e dunque pur avendo un villain assolutamente inutile e ridicolo, si percepisce il rischio corso da Andromaca e amichetti vari. Il problema è quanto quel rischio sia effimero quando associato a un avversario incomprensibilmente impreparato alla lotta contro degli esseri impossibili da sconfiggere.

In poche parole Gina Prince-Bythewood vuole un pubblico investito negli affari di personaggi bidimensionali, la cui unica caratteristica è la paura di essere scoperti. Oh poi c’è anche Chiwetel Ejiofor nella parte del cattivo-buono, ma neanche ti accorgi della sua presenza e come recitazione sembra aver riaperto il repertorio di Serenity. Immedesimarsi in così poco è davvero difficile e la lotta contro i mulini a vento di Andromaca, poco credibile.

Ringrazio però gli astri, the Old Guard non è composta da un gruppetto di personaggi incasellati in ruoli standard: il tecnologico, lo spiritoso imbecille, il silenzioso ma letale, eccetera. Mi rendo conto oggi di quanto questo sia importante nella rappresentazione di una squadra di “superumani” per distinguersi dalla massa, ma nulla è stato inserito in sostituzione: seguiamo Nile per esplorare un mondo inesistente e raggiungiamo la totale inconsistenza sul finale, avendo come unico elemento di interesse nient’altro che i combattimenti.

Lavoro sprecato

Già, le scene d’azione. Ho visto diversi video di backstage perché so quanto Charlize Theron sia ammirata dagli stuntman e stuntwoman in ogni film cui ha preso parte. È sempre descritta come una persona impegnata nel ricercare il meglio nelle sue performance ed è visibile in film come Mad Mad: Fury Road e Atomica bionda. In the Old Guard non è da meno e col coreografo Daniel Hernandez sembra aver dato davvero il massimo.

A ognuno della vecchia guardia è toccato un addestramento pesante, lei però per dare corpo a un personaggio con millenni di esperienza di combattimento sulle spalle sono stati insegnati i rudimenti di qualsiasi forma di arte marziale e non solo. Armata di ascia e pistola è uno spettacolo unico, finché non arriva Gina Prince-Bythewood e rovina qualsiasi sforzo: taglia le scene con l’accetta del montaggio, frantumando l’azione in mille pezzi.

Abbiamo quindi il consueto pugno in quattro parti e un’azione incomprensibile. L’unica scena degna di nota è il combattimento fra Charlize Theron e KiKi Layne, dove la macchina da presa conquista qualche secondo in più per mostrare davvero la lotta fra le due. Negli altri casi la fluidità dei movimenti è distrutta dal montaggio frenetico, cosa assolutamente non necessaria se guardiamo come sono state progettate nel dietro le quinte.

Appare come una scelta voluta e pertanto in questo mi sento di bocciare senza pietà la regista Prince-Bythewood, pochi sono i combattimenti e ancora meno gli istanti in cui la coreografia è onorata dalla regia. In questo gli Stati Uniti hanno ancora davvero tanto da imparare dal cinema d’azione asiatico. Peccato, perché la quantità di lavoro cui la Theron è stata sottoposta meritava uno spazio ulteriore sullo schermo e così non è, per niente.

Ascoltare è accettare

Infine, quattro parole sulla colonna sonora. Stavolta però in difesa, perché ho letto molte critiche all’uso delle musiche non originali, considerate da molti una distrazione o in contrasto con le immagini. Onestamente ascoltare una canzone durante un combattimento non mi pare una scelta tanto assurda, magari non piacciono, ma non tutti possono avere Marilyn Manson cantare Killing Strangers come John Wick, abbiate pazienza.

Le trovo anzi perfettamente in linea col target giovane di Netflix. The Old Guard è chiaro non voglia me come spettatore, perché sono la classica persona vittima della già-vistite e dunque propenso a non gradire un simile prodotto. Gina Prince-Bythewood è rivolto in primis a un pubblico di spettatori occasionali e soprattutto molto giovani, è per loro quella colonna sonora e pertanto non mi sento di accodarmi alle critiche.

Anche perché non cancella le musiche originali, comunque presenti e composte da Dustin O’Halloran in coppia con Volker Bertelmann e devo dire anche niente male. Gesù se l’ho tirata per le lunghe. In conclusione su the Old Guard posso ribadire quanto ho scritto all’inizio: è un film né originale né importante, le cui intenzioni sono però di parlare a uno specifico pubblico che probabilmente gradirà. Va benissimo così, la mancanza di originalità di un the Old Guard non distruggerà la storia del cinema passata, presente e futura, le sette piaghe d’Egitto non si abbatteranno su di noi perché è uscito in streaming un film banale (fosse il primo). Andremo avanti senza problemi, con l’augurio però di riflettere sulle nostre esperienze, anziché vivere e basta, come la vecchia guardia di Charlize Theron.

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9 pensieri su “La vecchia Old Guard

  1. Per quanto riguarda il concetto di originalità penso che anche da una storia già vista e rivista si può trarre un’opera unica. L’importante è il modo in cui viene narrata. Mi viene in mente Suspiria: una storia banalissima di streghe che però tutti guardano con sorpresa e ammirazione per quel modo folle in cui è stata mostrata.

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  2. Nel caso della serie TV “Stumptown” mi ero lamentato che allontanarsi dal fumetto di Greg Rucka era stato uno sbaglio, non essendoci sceneggiatori dello stesso livello, ora con “The Old Guard”, dove è Greg Rucka stesso a prendere il proprio fumetto e a ricopiarlo, parola per parola, immagina per immagine, sullo schermo… mi lamento uguale! :-D
    Rucka è un grande autore di donne forti (e spesso immortali) ma la libertà creativa che gli concedono le case a fumetti indipendenti è assolutamente impensabile al cinema o su Netflix, quindi qui ha dovuto lavorare di sottrazione e togliere alla propria opera tutto ciò che la rendeva unica e memorabile: non credo sia colpa sua, è il medium che è così, tende alla banalità perché tutto ciò che non è banale non si può dire. I produttori sono tutti come la moglie di Ned Flanders: «I bambini! Perché nessuno pensa ai bambini?» :-P
    Così una donna che annega il dolore di non poter amare scopandosi ogni uomo che incontra e fumando come una ciminiera – due cose che se le fai vedere su schermo ti sparano! – diventa Santa Andromaca da Scizia, dal musetto e capello perfetto di Charlize “Ti Spacco il Culo” Theron, impegnata nel film “Atomica bionda 2: Highlander”.
    Il fumetto è identico ma completamente diverso, inserendo tutti quegli elementi vietati su schermo – sia per la morale che per i costi – e quindi essendo originale dove la sua versione filmica sa troppo di “già visto”.
    La Andy a fumetti è un personaggio tragico e affascinante, la Andy filmica… è solo Charlize Theron.

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    1. Hai riassunto bene con le ultime due righe. Il fumetto lo leggerò, se riesco a rintracciarlo da qualche parte. Se me ne parli bene, vorrà dire che vale la pena. L’ultima serie Netflix di cui sono andato a leggere la fonte è stata una mazzata in fronte, Umbrella Academy su carta è una robetta inutile e insulsa, almeno dal mio punto di vista!

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      1. Anch’io ho provato a leggere il fumetto di Umbrella Academy ma mi sono fermato alle prima pagine, credo (già ho dimenticato tutto :-D )
        Invece Greg Rucka è sempre una gran bella lettura, soprattutto quando non scrive per Marvel e DC quindi ha le mani libere: è allora che ci regala le sue donne migliori.

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  3. Innanzitutto ti ringrazio per avermi ricordato quella figata di Rubber e invece non ti ringrazio affatto per avermi ricordato quella cagata abnorme di Serenity.
    Ciò detto del film penso le stesse cose nemmeno averlo visto (male), ma nonostante questo, quasi quasi a tempo persissimo lo guarderò se non altro per il cast che mi sembra quantomeno interessante.

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    1. Ah, cavolo, non ti è piaciuto Serenity? :D Io lo adoro profondamente. Se ci riferiamo allo stesso, ce ne sono due con lo stesso titolo. Il cast di the Old Guard è veramente di altissimo livello, KiKi Layne a parte che è la new entry, ma comunque anche lei se la cava bene.

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