Hollywood - CineFatti

L’inGordio nodo del sesso

Siamo quello che consumiamo

Quando a inizio anno esaminai quei 10 trend a mio giudizio rilevanti nello sviluppo degli audiovisisi nel decennio 2010-2019 non potei fare a meno di considerare lo tsunami piombato sulla rappresentazione del sesso nel cinema. Possiamo girarci intorno quanto vogliamo e ritenerlo un’immagine da circoscrivere solo all’interno del porno, ma sarebbe solo un blando tentativo di prenderci in giro: il cinema lo usa praticamente da sempre.

Du bist, was du isst direbbero gli amici teutonici: “sei quello che mangi” e lo stesso potremmo dire del sesso per quanto non ci definisca nel carattere quanto nello scheletro della nostra persona. È parte di noi il chi così come è giusto rivendicare l’essere uomo o donna o transessuale. È un aspetto imprescindibile per cui appunto è legittimo essere orgogliosi e scendere in piazza in manifestazioni di affermazione del sé qual è un gay pride.

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Il cinema nel sesso ci ha sguazzato rappresentando l’unica forma considerata rispettabile: etero, maschile e giusto esclusivamente allo scopo riproduttivo. Facciamo immediatamente un distinguo: è una visione dell’intero mondo, tuttavia a dettar legge è ovviamente il cinema statunitense, quello con cui secondo la storica della settima arte Katherine Thompson è impossibile non confrontarsi in qualsiasi paese lo si proietti.

Una decina di anni or sono incappai in uno spazio vuoto dello studio prossemico dei personaggi relativo al sesso: nessuno lo aveva studiato e ancora oggi così resta, ma ogni posizione sessuale con cui due personaggi, uomo e donna, interagiscono all’interno di un film ha un significato specifico che rimanda direttamente alle virtù e ai vizi esclusivamente della parte femminile. È importante come fai sesso… se sei donna.

All’alba di CineFatti scrissi un articolo – da rivedere e correggere – ma per brevità vi farò un breve elenco su cui vi invito a riflettere. È uno schema di analisi del personaggio ancora oggi infallibile per quanto riguarda la rappresentazione del sesso nel cinema USA. Sottolineo nel cinema differenziandolo dalla televisione, perché lì vi arriverò fra un attimo. La tivvù è la vera protagonista di questo approfondimento domenicale.

La prossemica del sesso

  • Orale lei a lui: in genere indica una donna con secondi fini, nei thriller la donna che pratica sesso orale a un uomo lo fa per raggiungere uno scopo. Mai da considerarsi degna di essere compagna di vita. Due esempi lampanti sono Kim Basinger in Brivido caldo e Rosamund Pike in L’amore bugiardo.
    Altra faccenda per chi lo “subisce” a cui spetta una redenzione finale, come Jason Segel in Non mi scaricare che lo rifiuta per correre dal suo vero amore, oppure si tratta di un personaggio secondario su cui poter buttare qualsiasi forma di giudizio negativo, non essendo il motore empatico della storia.
  • Orale lui a lei: rarissimo perché implicitamente suppone che la donna possa compiere un atto di piacere esclusivamente personale, qualcosa di inconcepibile nel sistema patriarcale di Hollywood. Tant’è che quando accade come in In the cut di Jane Campion – guarda caso film diretto da una donna – il protagonista Mark Ruffalo è un personaggio ambiguo, indecifrabile, probabilmente un deviato.
  • Il Kāma Sūtra la chiama unione della mucca e noi la conosciamo attraverso un altro animale da fattoria, questa particolare posizione ci parla senza mezzi termini: la donna che la pratica non guardando negli occhi l’uomo sarà senza alcun dubbio una traditrice. È escluso il secondo fine come nella fellatio, in questo caso parliamo semplicemente di una come Marisa Tomei in Onora il padre e la madre: infedele.
  • Lei sopra indica non necessariamente un personaggio negativo, tende però a connotare un personaggio femminile forte e non sottomesso. Capita a Rooney Mara in Millennium dove la sua Lisbeth Salander cerca il proprio piacere personale su Daniel Craig, il quale non è affatto coinvolto nell’atto e attende di potersi alzare in tranquillità perché non sia mai il padreterno condivida quella soddisfazione.
  • Lei sotto allora è amore. Il missionario è mirato alla procreazione, la donna è un corpo ricevente e non ha altro scopo se non quello di accogliere il seme dell’uomo. Saranno di sicuro una coppia destinata a chiudere il film con un matrimonio o la firma di un patto che porterà a quel giorno. Persino la Morte di Brad Pitt in Vi presento Joe Black preferisce questa posizione, perché è l’unica che comunica amore.
  • La masturbazione? Solo uno psycho come Vince Vaughn potrebbe praticarla. Le donne? Ogni qualvolta è nominata siamo nelle lande della commedia e, fateci caso, è quasi sempre un argomento introdotto da un personaggio secondario praticante che istruisce la giovane candida mente della protagonista che si troverà inevitabilmente a confessare di non aver mai ceduto alla pratica del demonio.

È una breve carrellata e se a un primo sguardo può sembrare una stupidaggine è in realtà importante: alla donna il cinema di Hollywood nega la scelta. Il personaggio maschile in questa branca della prossemica può commettere il solo errore di dare piacere esclusivamente alla donna escludendo il proprio sesso dall’atto, stop. Qualsiasi altro modo di praticare l’atto, anche se sbagliato, non ha conseguenze negative su di lui.

Una delle ragioni per cui lo ritengo un argomento degno di approfondimento è di studio è la questione del victim blaming nell’analisi dei casi di stupro: lo sguardo è puntato sulla vittima (abbigliamento, atteggiamento, “un drink di troppo”, “sì ma tu glielo hai fatto credere”, ecc.) mentre il colpevole non è vivisezionato. Il cinema in questo ha affrontato il sesso da un punto di vista assolutamente identico: non è lui, ma è lei.

Il sesso come il cibo racconta parte di ciò che siamo e al cinema al 50% del mondo ha sempre raccontato una sola storia: è il piacere dell’uomo a cui devi badare, il tuo non esiste. A tal punto da considerare una serie di regole e leggi non scritte rispettate fin nella punteggiatura sul come due personaggi debbano interagire durante un rapporto sessuale. È chiaro il cinema indipendente abbia poi seguito regole sovversive (ciao, Araki!).

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Il piccolo compagno schermo

Poi la neo-televisione di Umberto Eco e Alberto Abruzzese, sino alla post-serialità di Sergio Brancato, hanno cambiato completamente il panorama del sesso al cinema. L’esperienza collettiva del cinema e della tivvù generalista avevano tenuto il sesso stretto in una morsa e lontano dalla televisione – praticato, non sottinteso – ma con la segmentazione del pubblico e l’aumento della visione privata è potuto diventare altro.

Mi arrischierei a dire vero.

La HBO con la sua programmazione per adulti ormai scomparsa dal palinsesto dette il famoso La con Sex and the City azzardando addirittura l’idea che quattro donne single potessero avere avventure con tanti uomini ed esplorare la propria sessualità liberamente e senza giudizi. Parlando fra le altre cose a un pubblico femminile e la rivoluzione è nell’aver finalmente trattato quella fetta di pubblico come umana e non bambola gonfiabile.

Perché quello era il livello di considerazione relativo all’argomento sesso al cinema. La HBO bissò nel 2009 con Hung e Thomas Jane squillo super-dotato per una platea di donne interessate; Girls nel 2012 divenne persino un manifesto femminista grazie alla protagonista e coraggiosa ideatrice dello show Lena Dunham. Il sesso in televisione è libero dalle costrizioni hollywoodiane perché visione relegata all’intimità e non alla collettività.

Un paradosso se pensiamo quante persone siano raggiunte dalla serialità, tuttavia il cinema tende a comunicare alla collettività puntando alle masse mentre la televisione sempre più personale crea un contatto diretto coi singoli individui che compongono le masse trasmettendo anche messaggi simili, ma in forme ravvicinabili all’esperienza quotidiana dello spettatore. Ormai la serialità punta allo smartphone nelle nostre tasche. Quibi?

The Normal People

È primavera pandemica ed è award sesason televisiva, ovunque stanno spuntando i futuri contendenti agli Emmy 2020 e Hulu insieme a BBC Three ha come arma the Normal People una storia d’amore fra due ragazzi in cui il sesso gioca un ruolo centrale. L’atto detiene la maggioranza dello screen time nel secondo episodio e ha giustamente fatto parlare di sé grazie a una figura emergente nell’industria degli audiovisivi: l’intimacy director.

Si tratta sostanzialmente di persone come Ita O’Brien il cui ruolo è coreografare delle scene di sesso con la stessa cura con cui uno stunt coordinator prepara un combattimento. Qualsiasi interazione fisica può danneggiare la spontaneità della messa in scena e lo stato fisico e mentale delle persone che si trovano a dover interpretare. In un video di presentazione della sua professione il Guardian allude chiaramente ad Adbellatif Kechiche.

È risaputo le vincitrici della palma d’oro Léa Seydoux e Adele Exarchopoulos furono spinte a ripetere con violenza ancora e ancora quelle passionali scene di sesso che caratterizzano La vita di Adele. Un film che in tutta onestà considero un capolavoro tuttavia è allo stesso tempo l’esempio di come il cinema consumi letteralmente corpi e menti quando si tratta di inscenare il sesso e rispettare le scelte delle persone costrette a interpretarlo.

In the Normal People oltre ai due magnifici protagonisti colpisce proprio la naturalezza dell’atto e tanto di cappello va fatto a Ita O’Brien perché un attore a suo agio in un set sicuro offrirà al pubblico una prova di recitazione migliore. Siamo quindi, finalmente, di fronte a un nuovo modo di vedere il sesso che non sia preso direttamente dal vademecum del parroco di quartiere, ma semplicemente spontaneo e con cui immedesimarsi.

Pensateci, il sesso era comico o noir e dunque corredo di genere, i realizzatori puntavano a solleticare il pubblico mai a farlo immedesimare nella scena. Serie come the Normal People e Sex Education (Ita O’Brien coinvolta anche qui) su Netflix si sono prefisse lo scopo di coinvolgere lo spettatore in un atto facente parte della nostra quotidianità, come il consumo del cibo, non includendo l’elemento della vergogna, dell’impuro, del viscido e nascosto.

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Il nodo gordiano: gli omosessuali

Qui casca l’asino. L’amore fra due donne ha potuto godere di una rappresentazione costante perché in qualche modo, sì, sono donne, e dunque in una società patriarcale finché son nude va bene e non importa con chi lo praticano. Subisce meno lo stigma rispetto al rapporto sessuale fra due uomini: dov’è? Non pervenuto. Anche serie come Sex Education pur avendo numerosi personaggi omosessuali ha difficoltà nel mostrarlo fra due uomini.

Mi ha sorpreso la sua assenza in un’altra serie Netflix, la Hollywood ucronica di Ryan Murphy dov’è immaginata una fabbrica dei sogni nella sua epoca d’oro in cui ogni minoranza ottiene il suo meritato riconoscimento e soprattutto la dimostrazione della capacità di poter rappresentare le mille forme del vivere della nostra specie. La molteplicità dei punti di vista in realtà mancata all’ipocrita Hollywood da cui è disceso lo stesso sognatore Murphy.

Tuttavia il sesso fra uomini non c’è. Certo, a gesti lo vedi benissimo ed è introdotto numerose volte prima che venga consumato, mentre David Corenswet nel suo mestiere da gigolò lo vediamo più di una volta in rapide scene di sesso. Non accade mai con Jeremy Pope e Jake Picking. Siamo dunque al nodo gordiano da sciogliere col mitologico colpo di spada: la rappresentazione del sesso fra persone dello stesso sesso, uomini e donne.

Perché il sesso ci rappresenta e cinema e televisione, come stesso Murphy dimostra in un commovente e tristissimo finale, aiutano a individuare il proprio posto nel mondo. Ci consentono di identificarci in un’idea di cosa sia senza necessariamente schierarsi dalla parte del giusto e/o dello sbagliato: le persone esistono e un atto sessuale è un elemento integrante della struttura mentale di una persona. Sarà il prossimo passo avanti.

È già importante vedere una Hollywood fra ipocrisia e sincerità aprirsi a nuove possibilità: mi rendo conto in prima persona di quanto sono aumentati i film visti da me diretti da donne, con loro protagoniste, oppure di una maggiore inclusività delle minoranze in tante e tante opere mentre serial come Hollywood e Sex Education non escludono l’omosessualità dal racconto, facendone anzi una parte integrante com’è giusto che sia.

Il palco del Kodak in coda a Hollywood è il riflesso del mondo.

E come dice Archie Coleman…

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4 pensieri su “L’inGordio nodo del sesso

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