Il richiamo della foresta - CineFatti

Ascoltando il richiamo della foresta

Un live action animato per edulcorare Jack London

Settimane fa vidi il trailer de Il richiamo della foresta e il cane in CGI mi fece un occhio nero. Ne uscii coi lividi e il desiderio di correre il più lontano possibile dalla sala. Sapete, ancora devo rimettermi in carreggiata con l’oceano di notizie dell’anno passato e mi era sfuggito un dettaglio fondamentale. Il regista è Chris Sanders.

Se il nome dovesse esservi estraneo allora vi rinfresco la memoria: fu insieme a Dean DeBlois regista di Lilo & Stitch e How to Train Your Dragon e con Kirk DeMicco per I Croods. Parliamo di uno dei classici migliori del periodo oscuro della Disney[1] e di due magnifici film della DreamWorks Animation. Una tripletta eccellente.

In realtà del 42esimo classico Disney fu anche l’ideatore (uno dei miei preferiti del Topo crudele) e, sinceramente, saranno una decina di anni che sogno un adattamento delle sue strisce Kiskaloo. Insomma, leggo Chris Sanders passa al live action e cosa faccio, me ne resto a casa oppure vado a vedere com’è la transizione?

La chiamata di Buck

Ho mentito e vi chiedo scusa, esiste un altro punto a sfavore a Il richiamo della foresta nel mio mondo: i canidi di Jack London li ho mandati giù veramente a fatica. All’epoca il caro Jack doveva essere con Darwin l’equivalente odierno di una fangirl di Twilight e le sue menate sulla legge del più forte ogni due minuti… è datato, ok.

Comunque il protagonista è quel cagnone di Buck. Viziato dalla sua buona famiglia e un giorno rapito e venduto per finire sul mercato dei cercatori d’oro su nel gelido Yukon. È la stagione della gold rush chapliniana e da qualche parte anche zio Paperone è in ginocchio a setacciare le acque dei torrenti luccicanti del nord America.

Un ambiente ostile per un buon cane come Buck. Bastonato, vessato dai suoi simili con maggiore esperienza, giorno dopo giorno a trainare slitte e lottare per la sopravvivenza. Fermi tutti. Questo è London: la 20th Century STUDIOS – immagino il film fosse nato alla Fox prima che alla Disney – vuole un film per bambini.

Ecco dunque la stessa identica storia immersa nello zucchero filato e spogliata delle peggiori avversità. Buck riceve la famigerata call of the wild ma le difficoltà sono ammorbidite dai volti buoni di Omar Sy e Cara Gee con la slitta della posta che trasporta amore e, soprattutto, da un dolcissimo e inaspettato Harrison Ford.

Bambini guardate, un cane fatto a pezzi!

È un classico della letteratura per ragazzi, ma come tranquillizzare il pubblico e dimostrare di aver distribuito in sala un film indirizzato ai più piccoli dove i cani non sanguinano ogni due minuti? Scegli il CGI. È in fondo anche una delle strade migliori per occupare il grande schermo con i paesaggi illuminati da dio Janusz Kaminski.

Il CGI curato da Erik Nash della MPC – freschi di Oscar per 1917 – non rappresenta solo una scelta valida per evitare di incorrere in problemi legali, basti ricordare cosa accadde a Lasse Hallström, perché, diciamocelo, i combattimenti sono veramente ridotti all’osso, è piuttosto un’opzione mirata all’umanizzazione.

Buck non è un normale cane in CGI. Buck ha un attore dietro il suo pelo perfetto: enter Terry Notary, stuntman e acrobata ora ingaggiato per interpretare animali. Non esiste limite ai talenti umani e Notary è straordinario nel catturare e replicare le movenze dei nostri amichetti pelosi, è un artista del mocap.

Che parte fai? Il cane!

L’intero cast ha recitato in studio e sui set di Santa Clarita con Notary in tuta grigia attorno a loro. Ha scodinzolato e ascoltato gli attori umani recitare la loro parte e costituito la base per le espressioni facciali di Buck. Nessuno degli animali è credibile in quanto animale né vuole esserlo: reagiscono con sottili emozioni umane.

Il successo de Il richiamo della foresta di Sanders è nella delicatezza con cui l’effetto è ottenuto. Il volto delle bestie è invariato rispetto al dono di madre natura, il team MPC focalizza l’attenzione sugli occhi e i movimenti. Apre il catalogo della comunicazione corporea per applicarla alle movenze degli animali.

Notary fa un ottimo lavoro ed è chiaro possa risultare fastidioso a coloro entrati in sala per vedere l’avventura di un cane. Il CGI restituisce l’intenzione di comunicare un personaggio diverso da come potrebbe essere nella realtà e rispetto al suo obiettivo Il richiamo della foresta è veramente un ottimo film per bambini.

L’avventura è laggiù

È uno spettacolo da cinema come lo fu Vita di Pi – difatti è inspiegabile l’assenza del 3D – le immagini sono mozzafiato, paesaggi idilliaci e costumi lindi e puliti sotto il sole dello Yukon. Il richiamo della foresta è un film scintillante contrariamente alla sua fonte dove selvaggio significava davvero privo di umanità.

Qui abbiamo un giocoso Omar Sy convinto dell’intelligenza di Buck al punto da parlargli come se fosse umano, una Cara Gee di un cool meraviglioso, il caricaturale villain di Dan Stevens e la tragica storia del vecchietto Ford. C’è tanto nella sua vicenda da far piangere un’intera scolaresca dopo averla gasata sotto la valanga.

Scolaresca = io, ormai sono diventato sensibile, maledetti bastardi. La transizione di Chris Sanders non sarà stata da capolavoro e credo nemmeno la 20th volesse questo. Con un budget da oltre 100 milioni di dollari il desiderio espresso era quello in via di realizzazione: sguazzare nell’oro dello Yukon.


Voto: 3/5

[1] Lo voglio specificare: un periodo oscuro sul fronte economico. Il luogo comune vede i classici Disney dal 2000 al 2010 tutti indiscriminatamente considerati degli orrori. È vero che vissero la durissima concorrenza della Pixar Animation, lì a sfornare capolavori coi soldi di papà Topolino, ma uscirono una marea di film interessanti e… belli.

Il povero Dinosauri è fin troppo bistrattato e sia Le follie dell’imperatore che Lilo & Stich sono fantastici. Personalmente sono un fan de Il pianeta del tesoro e non ho mai odiato né Koda fratello orso I Robinson. Dieci anni di buon lavoro non possono prendersi le colpe di quella schifezza inenarrabile di Chicken Little.

Scusate la digressione, ma certi “stereotipi” andrebbero uccisi.

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