The Outsider - CineFatti

The Outsider, un diario: Episodio 6

Se allunghi il brodo almeno porta il sale, che cavolo.

Oh, mamma mia. HBO tesoro, se non hai materiale per dieci puntate non… non farla la miniserie. Oppure dimezza le puntata perché, la miseria, adesso siamo al terzo episodio riempitivo di fila. E hai pure chiamato Karyn Kusama per dirigerlo, a che pro è stata presa una scelta sconsiderata come questa? Rispondimi, ti prego.

Perché non ne posso più di guardare Paddy Considine mentre fissa nel vuoto, fargli tirare un cazzotto mentre fa il suo lavoro di buttafuori al Gentlemen’s Please aggiungendo 30 secondi ai soliti 10 che gli spettano al mio paese non basta a rendermelo un personaggio interessante. Ed è Paddy Considine. Cerchiamo di capirci.

Sono stanco dei soliti dialoghi “non ci credo” e “io ci credo” è una serie su un elemento sovrannaturale, lo abbiamo reso chiaro la primissima domenica di the Outsider. Lo sappiamo che l’uomo nero è dietro l’angolo, è come aggiungere un granello di zucchero alla volta nel caffè, per quando hai finito ti sei già ri-addormentato.

Niente da fare, siamo oltre il 50% della serie e anche se al prossimo Dennis Lehane è alla sceneggiatura non credo avrò grandi soddisfazioni. È ancora una volta un pessimo adattamento dei romanzi di Stephen King, ma a questo giro devo ammettere che proprio la sorgente della vita era parecchio deludente. Almeno secondo me.

La tra… zZZ

Un riassunto della trama? Potrei copia-incollare le ultime due puntate precedenti, tanto the Outsider è avanzato. Holly Gibney (Cynthia Erivo, non-premio Oscar da questa domenica) è davanti al “popolo” di Cherokee City per esporre la sua teoria, il vero assassino di Frankie Peterson è una creatura mitologica conosciuta come El Cuco.

Logicamente nemmeno due minuti dopo la reazione di Glory Maitland (Julianne Nicholson) è un “porca puttana, le favolette non le voglio sentire” e così è per ognuno di loro, eccetto Yunis Sablo (Yul Vazquez) perché è messicano e quindi El Cuco è casa sua, e Alec Pelley (Jeremy Bobb) perché ha letto libri sull’argomento.

L’unica ad avere una ragione sensata per crederci è Jeannie (Mare Winningham) e la stringe tra le mani grazie al solo ottimo lavoro di sceneggiatura visto sinora: ha perso un figlio in età pre-adolescenziale ed è un buon motivo, anzi, speranza, per credere esista anche l’inimmaginabile. Poi l’ha pure visto El Cuco.

Quindi cosa succede, ognuno va per i fatti suoi mentre Jack Hoskins (Marc Menchaca) è pestato in stile Tyler Durden da El Cuco facendogli credere però a farlo sia la madre morta. Ed è una scena che, devo dire, è di un ridicolo eccezionale. Credo nemmeno a farlo apposta ci sarebbero riusciti così bene. Chapeau!

Che altro? Semplice, cliffhanger finale. E la maggioranza dei cliffhanger di the Outsider si risolvono in un nulla di fatto, Jack vuole portare Holly a vedere qualcosa che sicuramente le piacerà, perché lui ovviamente le ha creduto. Cosa sarà mai? Lo scopriremo nella prossima puntata oppure direttamente alla decima.

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Affogare nella brodaglia

È un dispiacere enorme dover paragonare una come Karyn Kusama al regista dello scorso episodio, Igor Martinovic, ma qual è la differenza tra le due direzioni artistiche? Nessuna. Abbiamo un leggero aumento nell’azione grazie a una scena profondamente ridicola – lo ripeto, perché non sfugga – per il resto il solito nulla.

Si capisce ormai come the Outsider sia un prodotto seriale affrettato. Alla HBO avevano Jason Bateman e il desiderio di farlo lavorare fuori Netflix. Sogno realizzato, peccato abbiano dimenticato di valorizzare la sua vena artistica al di fuori di una premessa interessante e un cast davvero ottimo, sprecato senza alcuna pietà.

Ben Mendelsohn necessita di un ruolo da protagonista, che sia al cinema o in televisione, purtroppo ha un’occasione mancata che potrà persino salvarsi con gli ultimi quattro episodi, tuttavia sfido chiunque a reggere alla noia. Forse ci riuscirà chi recupererà l’intera miniserie alla sua conclusione, altrimenti non vedo come.

Chi seguirà the Outsider come un singolo blocco potrà dribblare l’impazienza dello spettatore settimanale, magari mh cliccare pure quel bottoncino dell’avanti veloce per arrivare in fretta e furia alle parti succose. Good night and good luck a loro, ora come ora auguro a me stesso un rapido miglioramento per sopravvivere.

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SPOILER ALERT
Serie e romanzo

A tu per tu col libro

Se alla quinta pagina di diario fui brevissimo ora dovrei essere fulmineo. Esiste una differenza importante ed è nel come hanno trattato in serie una delle scene chiave del romanzo: l’esposizione di Holly Gibney. Stephen King da bravo affabulatore l’aveva reso un momento cupo, fastidioso, indesiderabile, perché scomodo.

Nessuno sulle sue pagine desiderava crederci eppure nessuno aveva il coraggio di contraddire Holly, la sua spiegazione non faceva una grinza ed era l’unica strada percorribile dalle indagini sull’omicidio di Frankie Peterson. Raggiungeva persino i limiti dell’assurdo con la semi-proiezione del film delle luchadoras.

The One About the Yiddish Vampire avrebbe dovuto essere l’episodio dedicato interamente alla riunione clou e così è sembrato finché non è stata interrotta sul nascere per creare l’ennesimo elemento di stallo. Si giunge dunque alla novità, principale: Jack Hoskins partecipa alla riunione, familiarizza persino con Holly.

King lo mise a distanza e rese partecipe solo il lettore del suoi coinvolgimento con El Cuco, in piena versione Dolores Umbridge con le scritte incise sulla carne. Sono novità introdotte da Richard Price, autore della miniserie, certo, ma nessuna di queste migliora o aggiunge alcunché alla narrazione o al suo significato. Nada.

Il diario prosegue settimana prossima, spero meno annoiato.

Fausto Vernazzani

4 pensieri su “The Outsider, un diario: Episodio 6

  1. Il problema non è tanto della fonte (non eccezionale ma buono, per me), quanto, secondo me, dell’idea di trarne un prodotto di 10 ORE! D’accordo che ormai la serialità è il nuovo medium principale, ma non tutte le storie sono adatte a diventare serie tv, soprattutto se la storia è molto scarna e i margini di serializzazione minimi.

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    1. Diciamo che la fonte in sé ha pochissimo materiale che si può tradurre in “azione”, ecco. Ora non voglio ridurre cinema/televisione alla sola idea del motion/e-motion, però anche il tratto mystery con l’implicazione di un approfondimento psicologico secondo me funziona al momento solo con la famiglia Anderson. Perché lì il cambio dal romanzo ha funzionato alla grande, “uccidere” Derek è stata un’ottima idea per contribuire alla loro incredulità e/o paura e voglia di credere nell’impossibile. Il resto sono interrogatori e l’esposizione di Holly Gibney più il finale, nel mezzo esiste un vuoto già sulla carta e nella serie si vede tutto, perché sì, 10 ORE non ci stanno, cazzarola. A me sta anche bene che ne facciano una serie, ma se non hai quel tempo da riempire puoi anche scrivere una miniserie da 6 episodi, 8 se proprio vuoi esagerare. Ma l’errore numero uno è stato premere sull’acceleratore all’inizio per correre a Holly Gibney, avrebbero dovuto aspettare ed estendere la parte iniziale, dare anche maggior tempo a Bateman di far sentire la sua presenza e il peso della sua innocenza/colpevolezza, hanno troncato subito uno dei tratti principali del romanzo.

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