L’orrore lovecraftiano è la sceneggiatura, non il mostro
È un rip–off di Alien, certo. Sarà il millesimo e cosa c’è di male, boh. Non si sa. Praticamente mezza produzione horror e di fantascienza dal 1979 a oggi è debitrice di Ridley Scott. Il mondo è suo debitore, per quanto mi riguarda. Quindi, diciamolo subito, non basta l’evidente omaggio per ritenere Underwater… brutto forte, va’.
Lo dico con un certo dispiacere, William Eubank sei anni fa mi convinse con the Signal e avevo discrete aspettative per un raro horror sci-fi ambientato nelle profondità marine. Se ne scrivono pochissimi e ogni caduto in questa guerra costringe a scavare una trincea centinaia di metri indietro rispetto all’obiettivo.
Kristen Stewart è un ingegnere meccanico a bordo di una trivella costruita in fondo alla fossa delle Marianne, una dei soli sei sopravvissuti alla distruzione della stazione, a cui assistiamo pochi minuti dopo l’inizio. Sarà stato un terremoto come crede il sestetto o l’enorme creatura di cui conosciamo già l’esistenza. Chissà!
Buio pesto
Abbiamo uno scenario chiaro come il Sole laggiù dove non batte mai e sapete qual è un altro posto dimenticato dalla nostra stella preferita? La sceneggiatura. Scritta al buio da un orso pigro oppure maciullata dalla produzione – è una speranza più che un dubbio – poco importa, è roba da distribuzione diretta in home video.
Ai titoli di testa Eubank affida il classico montaggio rapido di ritagli di giornale con informazioni sull’ambientazione, subito dopo conosciamo la Norah della Stewart con un voice over brevissimo per raccontarci la sua storia. Una mole di informazioni recitata a macchinetta e, preparatevi: saranno le uniche per tutto il film.
Non è l’equipaggio di the Abyss né Sfera, è appunto una situazione in stile Alien e con Ridley cosa sapevamo di loro? Poco e nulla, diciamocelo. Scott creò un solo personaggio ed era lo xenomorpho, finché sul finale non svelò l’esistenza di un sistema corrotto e dette carattere (in cambio dei vestiti) alla sua space trucker Ellen Ripley.
Eubank vorrebbe lo stesso per Underwater, ci prova. Ci ha provato. A mancargli è però la capacità di creare tensione, dare peso ai dettagli. L’esplosione immediata e quei 310 morti di cui conosciamo l’esistenza attraverso una didascalia non aiutano a fare atmosfera. Ci restano solo questi sei con dei ruoli umani, devo ammetterlo.
Eccetto T.J. Miller, costretto nei panni del buffone in mezzo a un gruppetto composto da persone abbastanza normali. Ed è una normalità pagata a caro prezzo: se i nervi non vibrano come corde di violino, Eubank non monta a dovere l’atmosfera e non esiste un personaggio per cui provare un’empatia sentimentale cosa resta giù Underwater?
Il vuoto oceanico
Esattamente, è proprio niente la risposta. Tiro in ballo un film di cui avrete sentito parlare ultimamente, si chiama 1917 e non è distante da Underwater: anche Sam Mendes non si è curato dei personaggi, ma ha diretto basandosi proprio sulle sensazioni vissute in una situazione disperata quale può essere una guerra.
Underwater non compie alcuno sforzo nel dipingere il fondale della fossa delle Marianne, sopravvaluta il lavoro sporco delle creature di evidente ispirazione lovecraftiana. C’è persino il cugino senza ali di Cthulhu, ma quando arriverà sarete fin troppo stanchi per curarvene o mostrare entusiasmo.
A questo punto avrete capito come mai di Underwater si è parlato pochissimo e se devo scrivere ancora qualche parola lo voglio fare per spendere almeno tre clap. Clap uno è per Kristen Stewart sempre più interessante, clap due è per il bellissimo design delle tute subacquee e clap tre va a voi che avete pagato il biglietto.
Perché brutto o bello che sia, un horror sci-fi ambientato sott’acqua è sempre una buona notizia, ce ne vorrebbero di più e inoltre, male che vada, abbatterà ogni esitazione e con certezza porterà ognuno di noi a rivedere quel capolavoro di the Abyss. Nessuno è mai morto per troppi rewatch dei film di Jim Cameron.

Fausto Vernazzani
Voto: 2/5
Personalmente ho apprezzato il film. Ha un ottimo ritmo e un’ottima regia che sono riusciti a tenere in piedi la pellicola. Anche gli attori sono molto bravi ma il difetto maggiore della pellicola a mio avviso è che non approfondiscono i personaggi. Hanno una loro personalità e mi sarebbe piaciuto sapere di più di loro, affezionarmi di più a loro. Per il resto l’ho trovato fatto bene rispetto ad altri cloni di Alien che ho visto ultimamente.
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È il difetto numero uno, sono sei persone, con delle reazioni sufficientemente umane, avrebbero meritato un approfondimento. Credo però sarebbe stato necessario un lavoro generale di worldbuilding, siamo gettati direttamente nella situazione esplosiva senza sapere esattamente cosa significa essere lì, la natura della stazione, la sua struttura. Avrei voluto una introduzione atta a farmi comprendere bene ogni elemento.
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Capisco molto bene il tuo punto di vista, ma da come si è presentata la pellicola penso proprio che si basi principalmente sul ritmo e la tensione. Certo se avessero aggiunto approfondimenti dei personaggi e il worldbuilding sarebbe stato meglio ma devo dire che funziona bene anche così. La tua recensione comunque è molto interessante.
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In quel caso sarebbe stato un ottimo film, già. Vorrà dire che rivedrò the Abyss e magari anche Pandorum, un parente strettissimo.
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Sposo gli ultimi tuoi due clap (la Stewart proprio non la sopporto!) e sicuramente vedrò il film: sia per la sua “alienosità” sia perché anch’io provo il fascino irresistibile della fantascienza sottomarina ;-)
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Io ormai sono parecchi anni che l’apprezzo, se l’è lasciata alle spalle l’inutilità della faccia a pesce lesso con cui è diventata famosa per Twilight. Si parla tanto della crescita di Robert Pattinson, ma pure lei per me non scherza. Però fa qualche scelta sbagliata, pesantemente sbagliata, quella sì, e non parlo di Underwater perché horror e fantascienza sottomarina si fanno e ZITTI, ma Charlie’s Angels…
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Senza volerlo ho perso di vista Pattinson, mentre caso vuole che mi sia imbattuto diverse volta nella Stewart, non trovandola però nelle mie corde. Però “Camp X-Ray” (2014) l’ho adorato.
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