Deadpool 2 - CineFatti

Ryan Reynolds deve morire, parola di Deadpool 2.

Ryan Reynolds prende ancora a calci se stesso in Deadpool 2

La prima regola da seguire per girare un sequel è ricercare l’effetto wow in puro stile Jurassic World o magari aggiungere quella s finale che caratterizza sia Aliens che Predators. Insomma il diktat prevede una moltiplicazione dei vantaggi e pregi dell’originale da riprodurre. Deadpool 2 di David Leitch… non lo fa.

Certo se vogliamo guardare alla pratica Ryan Reynolds ha finalmente un villain all’altezza col Cable di Josh Brolin e aggiunge la Domino di Zazie Beetz alla squadra insieme al magnifico Julian Dennison col giovane Firefist. Alla fine c’è perfino… no questa non ve la spoilero, ma è certo meglio di quanto vedemmo in… ok, no.

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Nella teoria, però, Deadpool 2 resta un one man show con un mucchio di spalle a sostenere Ryan Reynolds sul palcoscenico mentre è impegnato, tra auto-referenzialità e acide battute sulla cultura pop contemporanea, a fare in briciole ogni aspettativa costruita con una campagna marketing favolosa.

Il vero capolavoro

Non so ancora scegliere quale sia la migliore trovata pubblicitaria tra le tante, se la parodia di Bob Ross in cui si videro le prime immagini del film…

… oppure la sua apparizione vestito da unicorno al popolare programma sud coreano della MBS, King of Masked Singer (su YouTube trovate anche la II parte)

… o ancora quel magnifico videoclip parodia dei singoli di 007 con Celine Dion.

Non si fanno sconti

Il messaggio è: Deadpool non risparmia nessuno. Così facendo con la regia di uno degli autori che hanno ucciso il cane di John Wick – come da titoli di testa – il numero due di questa saga dimostra come alla fine oltre a essere un adattamento a se stante vuole essere allo stesso tempo una parodia del genere più popolare di oggi.

Sostituisce con “classe” film come Superhero – Il più dotato fra i supereroi di Craig Mazin, valanghe di parodie accartocciate insieme con Marlon Wayans protagonista. Piccoli successi che si limitavano a spostare la manopola della stupidità da 0 a 10 utilizzando quasi shot for shot il materiale originale da dissacrare fino alla morte.

La caratteristica di Deadpool è nel talento degli sceneggiatori di concentrare l’universo circostante nella figura impopolare di Ryan Reynolds, assorto a nuovo messia del cinecomic distruggendo i suoi innumerevoli fallimenti, persino i più sconosciuti come Boltneck. Voi ve lo ricordavate? Personalmente no, ma David Beckham sì.

L’universo Reynolds

Non è affatto una novità considerando come già nel primo film diretto da Tim Miller lo scopo era fare a pezzi Green Lantern – se lo merita, oh sì, ma non il suo regista Martin Campbell finito a dirigere di meglio – ma le scene mid-credit sui titoli di coda non lasciano alcun dubbio su quanto Reynolds stia scommettendo su Deadpool.

Una sua creatura quasi al 100% se escludiamo Rhett Reese e Paul Wernick, i suoi co-sceneggiatori, perché Leitch sembra essere stato addomesticato – si comprende meglio ora la fuga di Miller. Dove sono l’energia cinetica e la follia dei coloristi dietro John Wick e Atomica bionda? Svaniti nel nulla, come la sua personalità.

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Al diaviolo la quarta parete

Un peccato piuttosto che un difetto, perché la decisione di Reynolds di continuare a basare per intero Deadpool 2 sullo humour del suo protagonista funziona. Il cinema USA ha bisogno di prendersi meno sul serio, di sfondare la quarta parete ed entrare a fondo nelle sue dinamiche produttive già dalle narrazioni centrali.

Per questo una figura come Wade Wilson è necessaria in questo mare di politically correct e immagini lucidate a dovere (e solo all’apparenza) perché ci vuole qualcuno che la smetta di gridare language! per moderare le parolacce o che miri ai cliché del blockbuster usandoli per distruggerli anziché limitarsi a usarne altri per far ridere.

Non è l’ascensore che si chiude sulla faccia della finta Anastasia Steele in Cinquanta sbavature di nero, è una selezione di scene precotte – ma non sempre – a cui togliere il peso drammatico e soprattutto la credibilità. Tanto di cappello, Reynolds nessuno lo avrebbe mai immaginato così furbo e/o intelligente, nemmeno lui stesso.

Fausto Vernazzani

Voto: 3.5/5

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