Tutti i soldi del mondo - CineFatti

Tutti i soldi del mondo (Ridley Scott, 2017)

Tutti i soldi del mondo hanno ridato forza a Ridley Scott.

Quella che leggerete ora è un’opinione scaturita da una prima visione, quindi prendetela con le pinze se preferite, ma per il sottoscritto adesso Tutti i soldi del mondo è il miglior film dell’inglese Ridley Scott dall’uscita nel 1991 di Thelma & Louise.

A giudicare da quanto il pubblico si è diviso davanti ai suoi ultimi lavori, la risposta immediata di chi mi sta leggendo sarà “non che ci volesse tanto”, ma il qui presente non l’ha mai nascosto, ho apprezzato anche le sue opere più maltrattate.

Il paradosso della Scarpa

In Scott vive un regista col talento sovrumano nel convogliare nelle immagini un’idea, messaggi e morali scritte nelle sceneggiature si manifestano sempre nella sua regia, pronta però a inciampare quando incontra un testo poco ragionato, scarso.

È successo di recente, minando le fondamenta di un suo grandioso progetto, ma ora, paradossalmente col regista di un flop come Ultimatum alla Terra (2008), pare abbia incontrato la penna giusta con cui lavorare per ricordarci chi è Ridley Scott.

Lo sceneggiatore David Scarpa spunta dal fallimento con la storia di Jean Paul Getty, l’uomo più ricco del mondo, e del celeberrimo rapimento di suo nipote Jean Paul Getty III nell’estate del 1973 a Roma per mano di piccoli criminali calabresi.

Veniamo al so(l)do

Il soggetto è storia infiocchettata da un romanzare sparso per alimentare la tensione, meno la caratterizzazione dei personaggi, una serie di esseri umani bidimensionali anche quando reagiscono emotivamente davanti al vero protagonista: i soldi.

Jean Paul Getty, Christopher Plummer miglior attore non (?) protagonista, ne è l’incarnazione, un uomo descritto come vecchio, sporco e, ovviamente, soprattutto ricco, un Charlie Chaplin dei Tempi moderni incastrato in una fabbrica macina soldi.

È il suo letto ideale, di cui conosce gli anfratti più oscuri, rifuggendo da ogni possibile occasione di rimetterci anche un solo dollaro. Getty con Tutti i soldi del mondo può persino comprare la storia di cui crede di essere l’erede.

L’amore ai tempi di Adriano

Mentre Scarpa dipana le vicende del rapimento di Getty III (Charlie Plummer) attraverso la rabbia della madre Abigail (Michelle Williams) e del quasi-lacché di Getty, Fletcher Chase (Mark Wahlberg), Scott punta l’obiettivo su/contro i soldi.

Al pari di una divinità le persone comuni le contano sporcandosi le mani, Getty invece le banconote le trasforma attraverso simboli da usare a mo’ di altare per venerarli, acquista compulsivamente oggetti di valore per diventare lui stesso il denaro.

Lui che a detta sua discende dall’imperatore Adriano, investito dal dio Denaro stesso di un mandato divino, accumulare quanto più possibile, un American God nel pieno stile delle parole di Neil Gaiman. Il denaro come la fede scorre nel suo sangue e nel sangue del suo sangue, meritevole di protezione per un solo motivo: è suo.

Di più.

Ed è suo anche Tutti i soldi del mondo, di un fenomenale Christopher Plummer, la tensione e la disperazione attorno al sofferente Paul, commiserato anche dal suo stesso rapitore Cinquanta (Romain Duris), scompaiono sotto la rigidità di Getty.

Scott come un uomo innamorato cambia sguardo davanti alla sua inamovibile e inestimabile colonna portante, il lato thriller della storia è gestito da manuale, qualsiasi scena dedicata a Getty accresce invece il miglior ritratto recente del potere.

Tutti i soldi del mondo innalza una cattedrale in marmo durissimo. È granitico il signor Getty, disumano nel suo essere irraggiungibile, ma a Scott è chiaro che in tarda età interessi una cosa sola: strappare Dio dal cielo e portarlo giù per un confronto.

Un dialogo con Dio

Lo strattona e attira verso il basso, cerca di distruggerlo e sostituirlo con la creazione dell’uomo in Prometheus e Alien: Covenant, comunica con lui con un misto di rabbia e reverenza in Exodus e ora in Tutti i soldi del mondo lo affronta a viso aperto.

Ne cerca l’umanità guardando al suo passato, sembra trovarla e poi rigettarla, implora e chiede aiuto alle radici della sua torre altissima al centro della città. E come in tutti i grandi film della storia, Scott incanala tutto ciò dentro gli occhi dei suoi attori.

Negli occhi di Christopher Plummer, in questo caso.

Fausto Vernazzani

Voto: 4.5/5

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