Black Mirror - CineFatti

Da 1 a 6, la paura fa Black Mirror

Black Mirror: la terza stagione.

Ai confini della realtà nell’era digitale: così il New York Times parla di Black Mirror. E anche se la sua nuova veste dimostra di aver preso le distanze dalle precedenti, CineFatti gli resta fedele. In blocco.

Con i migliori auguri per un Halloween diverso dal solito, come una sceneggiatura di Charlie Brooker.

3×01

Nosedive / Caduta libera

L’’episodio d’’apertura, diretto dal veterano Joe Wright (Espiazione, Anna Karenina), parte da una premessa piuttosto banale per gli standard di Black Mirror: una realtà distopica in cui le persone vengono classificate in base al loro ranking sui social network. Per questo tutti sono, all’’apparenza, perfetti. Tutti sono educati verso il prossimo così da ottenere sempre delle valutazioni positive.

Bryce Dallas Howard è il cuore di questo incredibile primo episodio. Sembra a volte completamente fuori di testa, ma invece è estremamente credibile, nonostante si muova in un mondo caramelloso e surreale. La regia di Joe Wright fa davvero la differenza. Basta l’impressionante scena iniziale in cui Lacie prova la sua risata davanti allo specchio. Una metafora facile ma resa in maniera impeccabile e mai scontata.

3×02

Playtest / Giochi pericolosi

Dan Trachtenberg il 2016 lo ricorderà con affetto: iniziato con 10 Cloverfield Lane, conclusosi col terrificante Playlist, l’’odissea di un giovane statunitense (Wyatt Russell) all’interno di una versione in virtual reality della stanza 101 immaginata da George Orwell in 1984.

Trachtenberg gioca alle scatole cinesi, semina indizi in primo e in secondo piano sui futuri orrori del videogioco a cui il nostro “eroe” si dona come cavia, ragni disgustosi misti a incubi giovanili. E tutto diventa tangibile grazie al sorriso infranto di Russell, alla sua nonchalance spaccata in mille pezzi.

3×03

Shut Up and Dance / Zitto e balla

Dal futuro prossimo al presente: il caso dell’episodio diretto da James Watkins ha a che fare più di altri con l’attualità, visto che affronta il revenge porn. E infatti non ci si aspetta grosse sorprese dalla disavventura di Kenny – il bravissimo Alex Lawther di The Imitation Game – e dei suoi altrettanto sfortunati compagni di viaggio.

Qui le parole d’ordine sono il dolore e la vergogna, proprio come nel mondo al di là dello schermo. E va da sé che i discorsi su dataveillance e “grande fratello” risultano ormai superati o, almeno, da ridiscutere e aggiornare. Perché il dato di fatto sta tutto nella passiva e angosciante prevedibilità dei loro effetti.

3×04

San Junipero

San Junipero è l’’episodio di cui si ha bisogno, ad un certo punto. Non c’è traccia di violenza, umiliazione, sconforto ed offre un piccolo ristoro a metà serie prima del rush finale. Inoltre, unico dei sei episodi, è ambientato negli Stati Uniti (California).

Si tratta di una realtà in cui le coscienze – anche non più legate ad un corpo- possono essere uploadate in un cloud e fatte partecipare ad un programma che permette di utilizzare tre epoche/temi: il 1987, il 1996 e il 2005. Il paradiso è declinato in questi tre anni, ed è nel primo di questi screenplay che Kelly e Yorkie, diverse per storie ed etnia, si incontrano e si innamorano. È tutto perfetto, ma siamo sicuri di poter vivere in una perfezione millenaria senza il desiderio di soffrire?

3×05

Men Against Fire / Gli uomini e il fuoco

In un imprecisato futuro distopico l’evoluzione degenerata della razza umana, scarafaggi li chiamano, è in guerra coi soldati degli uomini “puri”, macchine da guerra sottoposte a un lavaggio del cervello. Jakob Verbruggen dirige il più banale e noioso degli episodi, un retorico sguardo sui media e la guerra.

L’’impianto nel cervello altro non è che la massa, la scelta degli uomini di cedere a una visione del mondo imposta dall’altro/alto. Verbruggen non fa nulla per pulire la superficialità di Men Against Fire e il dialogo finale può risultare insopportabile, per quanto il buon Michael Kelly ce la metta tutta assieme al protagonista Malachi Kirby.

3×06

Hated in the Nation / Odio universale

Con il finale diretto da James Hawes, Black Mirror 3 conferma definitivamente la tendenza: partire da un tema particolare per mettere insieme un intreccio complesso e “multidimensionale”. Nel caso specifico, l’uso degli hashtag per le cosiddette shitstorm, le gogne 3.0, si ricollega a quello dei droni… e alla fine del mondo.

Guardando questo film sarà facile che vi ritorni in mente la celebre predizione di Einstein legata all’estinzione delle api  oltre a Trainspotting, per via della presenza di Kelly Macdonald. E soprattutto, sulle note di Fall into Me di Alev Lenz, l’amarezza tornerà ad abbracciarvi. Splendidamente.


Autori

Francesca Fichera – 3×03, 3×06

Victor Musetti – 3×01

Ambra Porcedda – 3×04

Fausto Vernazzani – 3×02, 3×05

Pubblicità

3 pensieri su “Da 1 a 6, la paura fa Black Mirror

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.