Big Driver, un maxicamionista alla tv.
Stephen King e il cinema: un connubio frequente, che frutta tanti guadagni quante delusioni. Al punto che quasi ci si meraviglia quando uno degli innumerevoli adattamenti tratti dall’opera del Re del Brivido sembra essere anche soltanto passabile.
Ed è ciò che accade – o è accaduto, negli States, praticamente un anno fa – con Big Driver di Mikael Salomon, già regista di un’altra trasposizione kinghiana per lo schermo: il celebre Salem’s Lot.
Big Driver è un thriller tratto dall’omonimo racconto di King leggibile nella raccolta Notte buia, niente stelle e interpretato (al 90 %) da Maria Bello.
Lei, in gran forma, dà volto e corpo a Tess, un’indaffarata scrittrice di racconti del mistero che si prepara all’ennesima presentazione con tanto di firmacopie e foto ricordo dei fan più affezionati.
A fine serata l’organizzatrice dell’evento Ramona Norvell (Ann Dowd, e chi ha visto True Detective 1 capirà due volte) le suggerisce un percorso alternativo per tornare a casa. Tess lo intraprende accompagnata dal suo “navigatore intelligente” Ted (che, udite udite, in originale ha la voce di zio Stevie) ma viene fermata da un incidente… che le cambierà la vita.
Un thriller che barcolla ma (si) regge…
Tenendosi a distanza dal confronto con la fonte letteraria, il quale finisce inevitabilmente con lo scalfire l’autonomia (legittima) del testo cinematografico, Big Driver dimostra di saper reggere grazie innanzitutto a un discreto grado di coerenza interna, oltre che di pura gioia narrativa.
Della terribile e controversa storia di vendetta concepita da King e trasformata in script da Richard Christian Matheson, figlio del ben più noto Matheson senior, Salomon ha scelto di mettere in netta evidenza gli aspetti psicologici, le pieghe e le increspature della mente (soprattutto quand’è creativa) e le sue ombre – ma anche le luci, come dimostra la brillante resa dell’alter ego finzionale Doreen compiuta da Olympia Dukakis.
..quel tanto che basta
Purtroppo però, come molti prodotti dello stesso genere, incespica e cade più di una volta esagerando con lo slow motion e schiaffando un bianco e nero di troppo nel mezzo di una delle sequenze fondamentali.
Per non parlare di Will Harris, esempio eccessivamente caricato di maniaco sessuale in netto contrasto con la professionalità sobria e distinta di Bello, Dukakis, Dowd e perfino della rockstar Joan Jett, cui basta un cammeo per lasciare il segno.
Se fossimo ancora negli anni Novanta qualcuno potrebbe obiettare “ma è un film per la tv!”, e non avrebbe del tutto torto. Ma così non è e guardando Big Driver secondo Mikael Salomon viene da pensare che qualcosa di buono è stato fatto e che, allo stesso tempo, non basta. Non fino in fondo.
Francesca Fichera
Voto: 2.5/5
2 pensieri su “Big Driver (Mikael Salomon, 2014)”