Bright Star, la stella della poesia e del grande cinema
John Keats fu un poeta inglese devoto al culto della bellezza come unica verità possibile – Beauty is truth, truth beauty, that is all/Ye know on Earth, and all ye need to know.
La sua esistenza è una meteora che brilla nel firmamento dell’arte lasciando una scia tanto fugace quanto splendida, proprio come la fede che ha scelto di seguire.
Questa vita è l’oggetto di Bright Star, un film che stordisce a ogni passo nutrendosi dell’iridescenza dei versi del suo protagonista – alla cui fragilità fisica presta corpo e voce l’inglese Ben Whishaw, ancor più straordinario che in Profumo – e della terra che ne ospita l’amore: un’Inghilterra pervasa di fiori e di bagliori.
Il profumo dei poeti
Fra le viole dei suoi campi la più bella sembra essere Fanny (un’intensa ed indimenticabile Abbie Cornish) vezzosa e dedita al cucito che però non disdegna la poesia e chi la produce, lasciandosene inebriare come da un odore.
Ma la realtà si allontana dalle parole proprio quando pare vi si accosti, e la conoscenza di un sentimento tanto grande come quello fra Keats e la fanciulla trova giusto il tempo di imprimersi su carta – un epistolario giudicato scandaloso dalla società dell’epoca – per dissolversi come fosse scritto nell’acqua.
Un grande ritorno
Dopo la volgarità torbida di In the Cut, la neozelandese Jane Campion ritorna ai vecchi fasti, a metà fra l’angosciante realismo di Un angelo alla mia tavola (dal cui cast richiama a sé la protagonista, Kerry Fox, nel film madre di Fanny) e il sognante manierismo di The Piano.
La musica è ancora buona, l’armonia perfetta, le parti sapientemente integrate. Ogni interprete pesa quel tanto che basta a dar significato al proprio ruolo, rispettando l’equilibrio garantito dall’intreccio della meravigliosa colonna sonora (Mark Bradshaw) con le impressioni di luce, colore e natura messe su pellicola da Greig Fraser.
Con Bright Star oltre a rappresentare “un’appassionata e casta storia d’amore” (Morandini) la Campion fa sua (e poi nostra) un’esperienza sensoriale, alla stregua di quella descrizione imperitura fatta da John alla sua amata per spiegarle la poesia.
Fiori in un libro
In sottofondo il vibrante commento sonoro di Bradshaw dal titolo Negative Capability (Capacità negativa). Questa, per Keats, era l’abilità umana di rimanere in incertezze, Misteri, dubbi senza alcun irritante raggiungimento a seguito di fatti e raziocinio; di non fermarsi alla risposta per non fermare la forza naturale della poïesis, che trova il suo unico senso nell’esplorazione continua e mai stanca.
Come quella di Fanny fra i campi, una volta rigogliosi ora aridi, intristiti dall’inverno e dal dolore, simbolo estremo della fine di una condivisione fiorita per tre anni e avvizzita troppo presto. Ma che si conserva, come petali secchi, fra le pagine di un libro prezioso da custodire per sempre.
Francesca Fichera
Voto: 4.5/5
Ooh, I’ve been wanting to see that one (solely on the merit of the rthaer nice posters which, as mother says, have been all over the tube station walls). And because it’s about Keats. Or Shelley.
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