Se piovono polpette, guardate dentro al cuore
Attento a ciò che desideri, soleva dire qualcuno. E in Piovono polpette (Cloudy with a Chance of Meatballs), lungometraggio animato di Phil Lord e Chris Miller (ma nei titoli di testa leggerete directed by A LOT OF PEOPLE) il desiderio è assoluto e incontrastato protagonista. In ogni suo grado e per tutti i gusti, dalla voglia all’aspirazione, con qualcosa a metà strada che potrebbe facilmente chiamarsi vizio – o anche sfizio.
Com’è il tempo a Swallowmarina?
Di sfizi gli abitanti dell’isola di Swallowmarina non ne provano da un bel po’; tutto quel di cui si nutrono sono solo e soltanto le sardine. Finché il giovane scienziato senza successo Flint Lockwood, figlio del baffuto proprietario di una pescheria, non decide di testare la sua impronunciabile macchina sparacibo, capace di trasformare l’acqua in qualsivoglia leccornia.
E di far letteralmente piovere l’inaspettato coloratissimo e succulento risultato sulle teste incredule dei suoi concittadini, durante la rovinosa festa inaugurale di un tremendo parco giochi sardinocentrico.
Si prevedono sogni
A godere della sorpresa non è solo il ragazzo, bizzarro e disadattato, cui il macchinario così collaudato regala un’imprevista occasione di riscatto sociale, ma anche Sam, anima a lui gemella in tutto e per tutto, definita pubblicamente dal suo capo – direttore di un noto tg-meteo – la nostra stagista sfigata.
Come Flint anche Sam ha sepolto la sua vera identità nella (vana) speranza di venire a patti con la sorte e riuscire a realizzare il sogno di una vita: diventare meteorologa. Tuttavia, a differenza del suo coetaneo, non ha costruito accoglienti sotterranei, disseminati di cubicoli e strani marchingegni, per nascondersi dal mondo reale.
“Non si può fuggire dai propri piedi”
Piovono polpette del resto comincia con quelle poche ma essenziali parole – «non si può fuggire dai propri piedi» – in grado di racchiudere e spiegare l’invincibilità della natura. Alla simpatica Sam è sufficiente tornare bambina, riannodarsi i capelli e infilarsi gli occhiali da secchiona perché l’ordine spontaneo delle cose possa essere ricostituito. Al giovane Lockwood cosa dovrà succedere affinché gli sia chiaro cosa vuole davvero?
Questo è il film nella sua sostanza, ma è la crosta (o la glassa, tanto le metafore cibarie qui si sprecano) a fare la differenza. Andando al di là della dolce-amarezza chapliniana di Wall-E e del lirismo di Up, concepiti dalle geniali menti dell’avversaria Pixar, il lungometraggio Sony segue le onde accarezzandone la superficie e lasciando allo spettatore la libertà di scegliere se andare a fondo oppure limitarsi al divertimento nella sua accezione più diretta.
L’equilibrio dei sapori
Quel che è certo è che Piovono polpette mescola le due parti complementari del gioco proprio come saprebbe fare un bravo chef con gli ingredienti principali di un piatto: realizza la bontà ammorbidendo i sapori forti, rendendo graduale il dischiudersi del cuore e dei suoi segreti.
Oltre all’allegra brigata di personaggi – tutti caratterizzati alla perfezione – alle esilaranti gag della scimmia Steve, alle incredibili trovate grafiche – il tornado di spaghetti, la nevicata di gelato, il sandwich/Torre Eiffel e un’altra infinità di invenzioni; oltre a tutto ciò c’è la (auto) critica affilata come croccanti alle arachidi (cit.) di un paese la cui popolazione, se potesse scegliere di ingozzarsi fino al coma, morirebbe volentieri mangiando.
C’è la coscienza del dilagare di questa tendenza insieme con quella, pericolosamente schizofrenica, votata ad apparenze di matrice totalmente opposta. Al centro, la rappresentazione di un divario generazionale fra un padre, un figlio e le loro rispettive idee di felicità.
Eccolo il cuore, spogliato dalla comicità delle ultime sequenze: il tanto agognato boccone del prete. Quello che vi farà sciogliere per quant’è buono.
Francesca Fichera
Voto: 4.5/5