Monster Hunter - CineFatti

Rispetta il Monster Hunter

Milla Mifune e Tony Marvin contro i mostri giganti della seconda dimensione

Scrivendo la recensione di the Rescue giorni fa pensavo ogni due minuti a Monster Hunter. Ogni difetto del nuovo film di Dante Lam trovava un corrispettivo positivo nel blockbuster di san Paul W.S. Anderson, regista d’azione fin troppo maltrattato. Ecco perché prima di saltare in groppa al suo ultimo blockbuster vorrei prima esprimere la mia stima nei suoi confronti. Il terzo Anderson l’ho visto tirato in ballo in discussioni dove fu paragonato a Uwe Boll per il solo aver diretto l’adattamento di un videogioco – Alone in the Dark uscì tre anni dopo il primo Resident Evil, sulla scia del suo successo. Col tedesco però Anderson non ha un’unghia in comune.

Già solo per avere sul curriculum Event Horizon dovremmo come collettività considerare Paul W.S. Anderson come uno dei migliori a portare quel cognome (mi spiace, Brad) ma è per il suo ottimo senso del ritmo che dovremmo dimostrare maggiore affetto. Ha cavalcato il passaggio del cinema d’azione dagli anni Novanta al montaggio frenetico dei Duemila senza mai cedere alla tentazione di imitare il trend con cui avrebbe forse potuto guadagnarsi un’apprezzabile notorietà: in nessuno dei suoi film vedremo combattimenti frantumati in mille micro-dettagli. Paul W.S. Anderson non snatura mai il combattimento, rispetta il movimento e la dinamicità del cinema.

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Non pretendere

Sfuggirà senz’altro a chi al grande schermo chiede. Il complemento oggetto non serve, chi entra in sala avanzando pretese sin dalla prima rotazione del globo Universal ha già al 30% formato la sua opinione sul film senza nemmeno averlo visto. Un Monster Hunter non puoi considerarlo conforme alle risposte che lo spettatore ha già scritto da sé: è un blockbuster che in puro stile anni Settanta-Ottanta rivisita il secondo conflitto mondiale utilizzando la metafora fantastico-fantascientifica. Come nota Lucia è un rifacimento di Duello nel pacifico – magari sarà più semplice ricollegarlo a Enemy Mine, a sua volta parecchio ispirato al film di John Boorman. Proprio come il cult di Petersen, pure Monster Hunter ha in realtà un’altra sorgente diversa dal cult con Marvin-Mifune: il videogioco Capcom.

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Anche stavolta la protagonista di Paul è Milla Jovovich, cpt. Natalie Artemis al servizio dell’esercito degli states in missione nel deserto, scaraventata con la sua squadra tra dune ancor più grandi e di tutt’altro mondo dove un gigantesco mostro corazzato annienta in dieci minuti tutti tranne lei. Rifugiata in un cumulo di rocce dove il colosso non arriva, incontra Hunter – Tony Jaa, sempre gradito – e dopo la consueta scazzottata per conoscersi, si alleano contro il titano e il regno di ragnacci immensi che vive sotto (e dentro) quelle rocce, in fuga verso la salvezza in un mondo comunque tutt’altro che ospitale. Però ha Ron Perlman armato di ascia gigante, quindi non può che essere un luogo meraviglioso. Datemi un sequel perché Ron l’ho visto troppo poco, nemmeno Milla può compensare abbastanza.

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Quant’è cool Ron Perlman, dai?

Come se fossi a casa tua

Come avrete capito – o visto da voi – la trama di Monster Hunter è assai scarna e ora voglio tornare a the Rescue di Dante Lam. Perché ho pensato al film di Paul W.S. Anderson mentre scrivevo delle disavventure di Eddie Peng Yu-yan? La critica principale che muovo al blockbuster cinese è quella di non consentire allo spettatore di comprendere e ambientarsi nell’entità del pericolo vissuto dai suoi protagonisti. Si salta da una catastrofe all’altra senza avere mai avere il tempo di maturare una consapevolezza tale dal coinvolgere. Monster Hunter è una saga lunga sei videogiochi, senza conoscerla posso supporre sia un oceano da cui pescare la qualunque: Anderson sceglie due mostri, un singolo ambiente e su quello costruisce tutto il conflitto dentro cui operano Tony Jaa e Milla Jovovich.

C’è un colosso nella sabbia di cui conosciamo le abitudini tanto quanto dei mega-ragni in quell’isola rocciosa, noi piccoli spettatori possiamo seguire con cognizione di causa le scelte pericolose, azzardate e folli di Tony Marvin e Milla Mifune, argomento valido anche per il finale. Il terzo mostro è talmente simile a una classica leggenda dal non richiedere un grande sforzo immaginativo, ma poco importa, perché ormai lo spettatore monta la sua curiosità sulla novella alleanza fra i due e dopo averli visti in azione una volta si chiede solo di osservarli ancora in lotta contro l’impossibile. E sappiamo quanto grandi siano entrambi nei loro rispettivi franchise, Jaa e Jovovich sono a loro volta delle figure mitologiche nel settore. Monster Hunter è un bijoux, in un mondo migliore ce lo godevamo al cinema.

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