Dante Lam convertito agli spot militareschi motivazionali
Incontrai Dante Lam nel 2008, anno in cui mi innamorai di the Beast Stalker. Ne è passata di tempo, ghiacciai si sono sciolti nel frattempo e solo qualche film ha superato le mie aspettative (Unbeatable, ad esempio) mentre la maggioranza mi ha deluso senza pietà ed è con gran tristezza che dopo la doppietta da urlo Operation Mekong e Operation Red Sea – military movie sulla guerra alla droga e sulla presenza cinese in Africa – aggiungo alla lunga schiera di Lam abbastanza inguardabili il suo ultimissimo the Rescue.
Ormai Lam Chiu-yin (vorrei tornassimo a utilizzare i loro nomi senza anglicizzarli) si è affezionato alla non più giovanissima star taiwanese Eddie Peng Yu-yan (39 anni nel 2021). È arrivato al quarto film con Lam dopo l’exploit di Unbeatable, l’ottimo Operation Mekong e l’orrendo To the Fore, nuovamente protagonista, al comando di una squadra speciale di salvataggio, eroi capaci di contrastare le forze della natura per salvare chiunque abbia bisogno da imminenti catastrofi sul territorio cinese. Qualcosa mi dice che se non avesse affogato a mare 30 milioni di dollari al botteghino, avremmo visto un sequel fuori dalla Cina.

Catastrofi a puntate
Parliamo di un film abbastanza episodico, the Rescue non si perde in ciance accarezzando un canovaccio orizzontale se non in attesa del finale, quando il piccol Congcong figlio del vedovo cpt. Gao Qian è sotto i ferri per un improvviso delicato intervento oncologico. Spunta letteralmente dal nulla, Congcong era solo il piccolo tenero riccioluto nel mezzo di una potenziale relazione fra Gao Qian e la new entry della squadra, la glaciale e “tecnica” elicotterista Fang Yuling (Xin Zhilei, la ricordo nel bellissimo Crosscurrent di Yang Chao). Un tipico will they/won’t they costituito solo dal fatto che lui è uomo e lei è donna, nient’altro eh.
Si tratta solo di un grande spettacolo di effetti speciali senza particolari fronzoli che ben si è meritato il flop di cui è stato vittima – di sicuro dovuto anche alla pandemia, è uscito in Cina a dicembre 2020. Non si esclude che si possano girare film d’azione senza una vera trama a sostenerli e un modo molto semplice sarebbe evitare di produrre 120 minuti suddivisi in puntate. Il grande problema di the Rescue è infatti la sua incapacità di fare entrare lo spettatore nella tragedia del momento, non hai il tempo di ambientarti che è già finita. Tant’è che il momento migliore arriva nella scena più lunga, la fuga dalla nave commerciale prossima all’affondamento.
In quel frangente Dante Lam si preoccupa di stabilire una connessione fra il rischio e lo spazio, si dà un senso maggiore al tempo e alla corsa del cpt. Qian per tornare dal piccolo Congcong – gli inserti con l’aurora boreale sono però una delle cose più pacchiane che abbia mai visto – e sfidando le leggi della fisica in alcune occasioni, regala delle immagini spettacolari. Eddie Peng che osserva sott’acqua l’affondamento è spettacolare, è ciò per cui amo Lam. Peccato vi si arrivi dopo oltre 90 minuti, stanchi di vedere la flessibilità della squadra, ma è comprensibile, la Cina non è nuova ai film/spot per le forze armate, in questo caso parliamo addirittura di uno finanziato coi fondi del Ministero dei Trasporti della PRC. Si capisce tutto, insomma.
Fa rabbia perché proprio Lam Chiu-yin ha diretto due fra i migliori, gli Operation. Purtroppo nemmeno rientra fra le opere pacchiane e per questo divertenti come i Wolf Warrior di Wu Jing – soprattutto il secondo, anche se il primo vanta la partecipazione di Scott Adkins – abbiamo solo un film inutile, da buttare nel cassonetto insieme a the Captain di Andrew Lau e Sky Hunter di Li Chen. Siamo un pelino sopra quei due orrori, ma conta qualcosa quando si è comunque così lontani dall’asticella della mediocrità? Nope, almeno per me. Adesso attendo di rivedere Eddie Peng in Love After Love di Ann Hui, credo saremo su un altro livello.

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