Fuggite, sciocchi!
È finita. Le speranze per the Stand si sono esaurite e fa troppo male dirlo quando alla regia c’è Vincenzo Natali, uno degli autori peggio sfruttati nell’intero continente nord americano, ma the Walk è un episodio troppo brutto per potermi lasciare anche solo un briciolo di fiducia nelle prossime due settimane. Sono davvero ansioso di arrivare a chiudere questo diario, perché se non parlassimo di Stephen King credo avrei abbandonato la miniserie CBS All Access e dato fuoco al computer per mondarlo da tanta bruttezza. Ma come si fa una cosa del genere?
La fonte di tanta acrimonia ha un nome: Ezra Miller. Ho aspettato l’ingresso in scena di Pattume con gli occhi a cuore e ora vorrei vederlo cancellato senza alcuna pietà dalla serie. Non mi importa se poi the Stand perde completamente di senso: arrivati al prologo di the Walk diventa una questione di dignità. Ezra Miller l’ho sempre considerato un portento con un futuro brillante dinanzi a sé, ma fra gli scandali sul suo presunto attacco a una fan e i gridolini del suo Pattume credo abbia molto di cui farsi perdonare. Se conto che i suoi prossimi film saranno il terzo Animali fantastici (brr) e la Zack Snyder’s Justice League (brrrr) mi sa che non c’è speranza per Ezra.
Lo ritroviamo in mezzo al deserto a recuperare una bomba atomica da un silos mentre si contorce, digrigna i denti, emette degli stridolii vari e qualsiasi cosa lui creda lo faccia sembrare pazzo. In realtà sembra solo un deficiente, però non Pattume: Ezra Miller sembra un deficiente. Lui e chiunque abbia approvato la resa di questo personaggio pensando fosse una buona idea. L’assurdità è che la partecipazione di Miller fu nascosta per lungo tempo, tant’è che si credeva Marilyn Manson avrebbe interpretato il personaggio e solo all’alba di the Stand fu rivelato il casting. In poche parole significa che Benjamin Clavell e Josh Boone ci CREDEVANO in questo Pattume.
Pun intended.

Boulder fa kaboom!!
Avrei preferito dieci minuti di unghie grattate su una lavagna rispetto all’apertura di the Walk e lo dico da misofonico. Segue il ritorno alla magica serata in cui Harold Lauder e Nadine Cross fanno saltare la casa di Mother Abagail convinti di aver commesso una strage e uccidendo in realtà solo Nick Andros. Davvero, ho visto gente volare per aria in mezzo alle fiamme in coda a the Vigil eppure l’unico defunto pare sia Nick, il preferito di Mother Abagail. Perché il preferito? Ma chi era Nick a parte un ragazzo sordomuto, diciamocelo? Personaggio con zero approfondimento lasciato morire senza un perché e addirittura scaricato dalla Abagail sul suo letto di morte.
Aspettate, ma chi è Mother Abagail? Io lo so perché ho letto il romanzo. Sarei curioso di sapere chi non ha mai sfogliato L’ombra dello scorpione cosa pensa della vecchia centenaria interpretata da Whoopi Goldberg. Lei è tornata dopo essersi fatta una passeggiata nel bosco ed è più morta che viva, però sa cos’è successo e ha un ordine: il comitato della zona libera di Boulder dovrà partire immediatamente con solo i vestiti che indossano in quel momento per raggiungere New Vegas. Cosa dovranno fare è un mistero di cui solo Dio conosce la risposta – letteralmente solo Dio, ricordiamoci che Abagail comunica col padreterno – ma ad arrivare saranno solamente in tre.
Tre perché del comitato sono sopravvissuti Stu Redman, Larry Underwood, Glen Bateman e Frannie Goldsmith, ma essendo quest’ultima incinta non deve partire. Quindi chi è il quarto? È ovviamente Ray, la buona Irene Bedard che finora non era mai stata inclusa nel comitato, ma di botto ne fa parte. Quale sia la sua storia anche nel suo caso non ci è dato saperlo, come gran parte dei personaggi presentati dopo il secondo episodio non esiste nulla a dare sostanza. Sappiamo che è nativa americana dal suo aspetto e da una battuta semi razzista in the Walk, in un certo senso è stata dipinta finora solo come la badante di Mother Abagail.

Nulla stringo
Tanta mancanza di approfondimento non fa che minare l’investimento dello spettatore nella miniserie. Arrivati al settimo episodio e con uno solo davanti per raccontare la conclusione della storia – Coda: Frannie in the Well dovrebbe raccontare il dopo – possiamo veder dei personaggi morire senza curarcene minimamente. Eccetto uno, ovvero il carissimo Harold del magnifico Owen Teague. Sin dal primo episodio lui è stato l’unico ad avere un arco narrativo interessante, di cui ha largamente goduto l’altrettanto eccellente Odessa Young (Frannie). Purtroppo con somma gioia dei fanatici del romanzo, the Stand non si è mai discostata più di tanto dagli eventi creati dal Re.
Ciò significa che Harold muore sul tragitto per New Vegas in un incidente in moto, trafitto da un ramo. Sopravvivrà abbastanza per scrivere le sue toccanti scuse lette da Larry Underwood, il solo ad avere un briciolo di umanità nel comitato, lui che nel secondo episodio di the Stand fu introdotto come un grandissimo bastardo. Comunque il cammino del quartetto prima di giungere al cadavere di Harold è una caduta di stile da parte di un autore come Natali: mancavano le note di Howard Shore in sottofondo per avere una copia spiccicata delle prime scene di viaggio della Compagnia dell’anello di Peter Jackson. Vero che l’ispirazione kinghiana è quella, ma così è troppo.
Il loro viaggio così come la loro preparazione sono tanto noiosi quanto lo è l’incontro fatale fra la prescelta Nadine e Randall Flagg. L’accoppiamento avviene infatti sul tragitto per New Vegas e alle mani nere di Alexander Skarsgård si abbandona la bionda maestra, ribellandosi solo verso l’amplesso di lui perché “qualcosa non va”. Cosa? Ora non per fare il guardone, ma non puoi solo urlare “qualcosa non va” se vuoi mostrarmi che effettivamente Nadine sta facendo sesso col diavolo per dare corpo all’anticristo. Devo ammettere che questo passaggio riuscì meglio a Mick Garris e per quanto la sua miniserie fu piena zeppa di difetti, forse ne aveva meno di questa versione contemporanea.
Cos’è il bene?
Vorrei procedere col diario, però non vi è altro da raccontare. La caduta di Stu Redman era prevista così come lo sono tutti gli eventi che verranno – la fedeltà è forte in the Stand – e ogni confronto col romanzo perde di senso con una scrittura così scadente e una mancanza di approfondimento da far cascare le braccia. Lo ripeto perché è il difetto della miniserie. Abbiamo l’episodio the Stand davanti e non si conosce ancora lo scopo della comunità di Boulder, non si sa perché Nick era il preferito di Mother Abagail, non si sa chi sia Mother Abagail né cosa voglia davvero Randall Flagg. È Harold ad alludere alla possibilità che il mondo sotto Flagg non sarà più libero, ma perché?

New Vegas lo è. Agiscono in totale libertà ed è impossibile non notare quanto il conformismo e l’omologazione sociale siano stati al centro delle attenzioni degli autori. Lo si comprende dai costumi perché nessuno in Boulder veste diversamente l’uno dall’altro. Nessuno in Boulder è investito fisicamente in alcuna relazione sentimentale e nessuno fuoriesce dall’eteronormatività imposta dall’alto. Nessuno ha in effetti alcun interesse al di là del ritorno della corrente elettrica. Teddy Weizak (Eion Bailey) era il solo a rivolere il cinema: il resto era solo l’istituzione di una società praticamente identica alla precedente in cui la polizia e la luce sono state le richieste principali.
Se guardiamo a New Vegas scopriamo un mondo variopinto. Lasciamo stare la violenza da cartolina – Glen (Greg Kinnear) che vede dal finestrino della limousine un gruppo di ragazzi pestare un barbone – e osserviamo il resto. Ognuno veste come preferisce: c’è lo stravagante Lloyd Henreid (Nat Wolff) e lo scagnozzo biker morto nel passato episodio, l’altro vestito con catenelle d’oro e abbigliamento hip hop. Hanno una personalità queste apparizioni, dimostrano una profondità di qualche tipo che a Boulder non c’è. Sotto la guida di Mother Abagail esiste solo la nebbia. Sotto Randall Flagg puoi vivere la tua identità sessuale liberamente. Davvero è il male?

La violenza è ovviamente la discriminante, tuttavia durante l’assemblea a Boulder il pubblico non sembrava niente affatto pacifico e avrebbero senz’altro riabilitato la sedia elettrica per chiunque fosse stato dal lato sbagliato. Harold Lauder se fosse stato catturato non l’avrebbero lasciato vivere. Insomma, i buoni cos’hanno per essere definiti buoni? The Stand mi impone una riflessione sul bene e sul male perché di fondo ogni personaggio negativo è tale per le circostanze in cui è cresciuto o per qualche tara mentale, ma nessuno è cattivo davvero così come nessuno lo è se the Stand vuole esclusivamente mostrare la carta del classico dibattito nature vs nurture.
Clavell e Boone avrebbero dovuto evidenziare gli aspetti negativi di New Vegas andando oltre la banalità del sangue e la promiscuità sessuale – che peraltro è malvagia secondo il puritanesimo tipico degli states – e senza limitarsi ad accennarla. Quando Tom Cullen (Brad William Henke) entra a New Vegas e si reca all’ufficio di collocamento scopriamo che esistono delle persone catturate e rese schiave. La ricostruzione avviene anche sulla pelle degli schiavi (un nostro politico a caso ne invidierebbe il costo del lavoro) ma è a malapena una menzione sparata così nell’aria, come quella su citata fatta da Harold. Il male e il bene in the Stand esistono per sentito dire.
Sfoglia le pagine del diario:
Episodio 1, The End (Josh Boone)
Episodio 2, Pocket Savior (Tucker Gates)
Episodio 3, Blank Page (D. Krudy e B.S. Cole)
Episodio 4, The House of the Dead (D. Krudy e B.S. Cole)
Episodio 5, Fear and Loathing in Las Vegas (Chris Fisher)
Episodio 6, The Vigil (Chris Fisher)
Episodio 7, The Walk (Vincenzo Natali)
Episodio 8, The Stand (Vincenzo Natali)
Nulla da aggiungere: è un episodio anonimo che riesce ad essere noioso proprio quando, invece dovrebbe costruire il climax verso il finale. La cosa che non mi ha stupito scoprire è che sia stato scritto da Owen King, probabilmente il meno dotato tra i Re, e si sente.
Dispiace, come dicevo anche l’altra volta, che il tutto sia naufragato così clamorosamente dopo un inizio tanto buono; a questo punto non so nemmeno se sia questione di numero di episodi (in parte secondo me sì), quanto di sapere dove andare a parare.
Guardando l’episodio mi sono chiesto se il cambio di sesso di Ray sia stato fatto in vista di questo episodio, per non avere un gruppo di soli uomini in marcia verso New Vegas. Che poi, in tutto questo, Tom Cullen che fine ha fatto? Non doveva tornare a Boulder e solo in seguito partiva la spedizione? Ho questo ricordo del suo viaggio di ritorno con le visioni di Nick in cui capisce che è morto prima ancora di arrivare in città.
La morte di Harold è stata proprio miserabile, buttata via in modo indecente; poteva andare bene nel libro, dove non hai fatto altro che disprezzarlo per un migliaio di pagine, non qui dove comunque si è creata dell’empatia nei suoi confronti. Mi aspettavo qualcosa di più, sinceramente, quasi un momento di epifania all’ultimo momento che il testo sull’agendina non ha soddisfatto del tutto.
Il finale con Nadine mi ha fatto troppo ridere perché, a parte che è ovvio fin da subito che ha qualcosa per via del fatto che il suo volto non è inquadrato mai se non in riflesso, per cui te lo aspetti, mi ha ricordato Bella incinta in Twilight: emaciata e mezza morta a causa del bambino. Che poi, non doveva essere catatonica e riprendersi il tempo necessario per farsi ammazzare da Flagg? Qui ha avuto una gravidanza di quanto, un paio d’ore? E sembra ben contenta di stare dove sta a fare quello che fa. Meh.
Kojak è il cane che voglio, ho deciso. Ma in realtà più passano i giorni più
lo stile di vita del Glen pre-Boulder mi sembra un’ottima idea.
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La timeline di Tom Cullen la stanno rispettando, lui troverà Stu nel fosso mentre è sulla strada del ritorno per Boulder e se non ricordo male Nick gli apparirà due volte, una per dirgli dov’è Stu e l’altra per aiutarlo nelle cure perché Redman arriverà vicino allo shock settico. Quindi ci troviamo che in questo episodio non si è visto nemmeno per mezzo minuto. Sulla morte di Harold dirò una cosa che non ho scritto su: speravo non lo uccidessero. Speravo in questo adattamento deviassero parecchio dal romanzo e lo tenessero in vita per dimostrare che in effetti si può davvero cambiare e che non nasciamo quadrati per morire quadrati. Invece no, lo stesso Underwood che avrebbe dovuto avere questo percorso non lo ha avuto, le sue malefatte raccontate all’inizio sono svanite già nel terzo episodio.
Bah. La Bella incinta di Twilight è azzeccatissima! Trucco terribile e sì, avrebbe dovuto essere semi-catatonica, ma nulla. Nadine è il personaggio reso peggio se consideriamo quelli su cui c’è stato almeno un tentativo (altrimenti l’Oscar lo vince Mother Abagail).
Ritiro nei boschi con Glen, dovrebbe essere il premio per chiunque si sta torturando con ‘sta miniserie.
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