A Star Is Born - CineFatti

A Star Is Born (Bradley Cooper, 2018)

A Star Is Born, un nuovo classico da ascoltare e forse anche guardare

Chioma fluente e barba incolta, sguardo stropicciato dalla vita e dalle notti trascorse in locali fumosi, chitarra tra le braccia. Pensi e ripensi e poi ecco che finalmente capisci chi ti ricorda Jackson Maine. Il musicista country Bad Blake interpretato da Jeff Bridges in Crazy Heart, altro film sulla parabola discendente di una stella della musica.

Nel film del 2009 era il più giovane e spigliato allievo Colin Farrell a rubare la scena al maestro. In A Star Is Born tocca alla divina del pop Lady Gaga nel volto pulito e penetrante di una cantautrice talentuosa che, alla soglia dei trenta, non ha ancora sfondato.

La prevedibilità dell’amore

Qui a giocare un ruolo chiave è l’amore – nel film con Bridges l’amicizia virile -, travolgente e capace di infiammare con furia due esistenze che si incontrano in un club di drag queen.

Niente di più prevedibile: lui che rivive nello sguardo acceso di lei e accantona la bottiglia, lei che rifiorisce accanto alla star navigata che la sprona a credere nella sua voce e affrontare il giudizio del pubblico.

A un certo punto i ruoli si invertono, le lusinghe dei riflettori e di un discografico avanzano e arrivano le lacrime. La storia si ripete, è vero, ma del resto siamo al quarto remake in ottanta anni e per fortuna il tocco sincero di Bradley Cooper, al suo esordio alla regia, si percepisce.

Così quando la sceneggiatura scritta con Eric Roth e Will Fetters sfiora il sentimentalismo, ci pensa la musica intima e prepotente a regalare emozioni, con tutte le sfumature di passione, rabbia e dolore che la voce maestosa di Stefani Joanne Angelina Germanotta riesce a trasmetterci. È proprio la stella del pop una delle scelte più felici di questo film.

La sua Ally è una cameriera che scrive canzoni. Canta La vie en rose ma non sembra più disposta a crederci. Almeno fino all’entrata in scena di Jackson Maine, affermato musicista rock in lotta con i suoi demoni interiori. È l’incontro della svolta.

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È nato un classico…?

Presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2018, il film è l’ennesima rivisitazione di un classico hollywoodiano. È il 1937 quando con È nata una stella William A. Wellman dà il la ad una serie di adattamenti in cui si racconta l’ascesa di un giovane talento (Janet Gaynor) nel mondo dello spettacolo e la caduta del suo pigmalione. Seguono nel 1954 il musical di George Cukor con Judy Garland e la versione rock del 1976 con Barbra Streisand.

Arriviamo a questo ennesimo remake in cui Cooper semplicemente scrive il suo classico e ci mette tutto se stesso: oltre che regista e interprete, è co-produttore, co-sceneggiatore e autore di alcuni brani della soundtrack.

Non teme di essere messo in ombra dalla sua protagonista, una scelta astuta ma vincente. Perché se è vero che Gaga aveva già calcato il set in American Horror Story e in Sin City – Una donna per cui uccidere è con questo personaggio che rapisce. Tolti gli eccessi di scena e il trucco pesante, è lei che emerge potente in ogni scena. Lei e la sua intesa artistica con Cooper.

Galeotta fu la musica

È proprio l’incontro tra queste due voci e queste due urgenze, ancor più che la storia d’amore, il grande protagonista della pellicola. Voci a servizio di cover e canzoni originali, più della metà delle quali scritte da Stefani Germanotta, tutte bellissime, Shallow, Always Remember Us This Way, la ballad I’ll Never Love Again.

Brani scritti da Lukas Nelson (di cui Cooper ha carpito i segreti per suonare la chitarra), Mark Ronson, Jason Isbell, rigorosamente eseguiti live nei grandi festival musicali statunitensi, inclusi Glastonbury e Coachella.

Le parole tratteggiano i sentimenti di Jackson e Ally, dall’incontro nel locale notturno al tratto di strada che percorreranno insieme, su un’auto, coccolando l’immancabile cagnolino mascotte, sul palco.

È qui che la magia si compie e si scioglie. Perché tanto più Ally si innalza e ottiene consensi, tanto più Jackson perde forza e cede ai suoi tormenti e alle sue dipendenze.

La storia è raccontata attraverso le voci e la musica, la cosa migliore di un film un po’ scontato, soprattutto nella seconda parte. Molto meglio la prima, che costruisce il legame di due anime che si cercano e prendono le rispettive misure.

Da brividi il brano Shallow: Ally e Jackson lo cantano insieme quando tutto inizia, quando il sentimento sta per esplodere, quando ogni cosa sembra possibile e i lustrini ancora non hanno bussato alla porta. Da ascoltare e riascoltare.

Francesca Paciulli

Voto: 3/5

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