L'isola dei cani

Ma tu ci vivresti sull’isola dei cani?

Partiamo dal presupposto che tutto quello che viene girato da Wes Anderson non può essere brutto. Senza dover spiegare quanto il concetto di bello sia intrinseco in ogni inquadratura o scelta di fotografia o costumi, non è che venga chiesto proprio all’ultimo dei cugini dei Vanzina di disegnare il bar della Fondazione Prada.

Per dire, una volta io ho portato un poster in un chiosco in mezzo alle montagne sarde ma ancora non vedo nessuno che si metta a scrivere delle tesi di laurea sul mio gusto sopraffino in fatto di colori e proporzionalità delle forme.

L’isola dei cani non è da meno.

Un film fatto ad arte

Uno squisito bunraku, dove riversare tutto il proprio talento attingendo dallo sconfinato catalogo delle prelibatezze giapponesi. Anderson non se ne fa sfuggire uno, dalla cerimonia del tè agli ikebana all’arte calligrafica. Manca solo lo shibari, ma presumo che i collari dei cani possano farlo rientrare anche in questa arte dell’insalamare le persone.

Già, il film parla di cani. Non solo di cani, ovviamente.

Ci sono anche i bambini deadpan (che si può riassumere con l’emoticon senza bocca e due puntini per occhi) e una serie di infiniti omaggi a Kurosawa che, di nuovo, danno un po’ il senso che per scrivere il film si sia affidato alla Lonely Planet sul Giappone cercando di inserire quante più cose possibile che potessero piacere a un occidentale che va a fare il viaggio alla scoperta dell’Oriente ma si ritrova con un pacchetto dell’agenzia viaggi riempito di fuffa che manco un set di caramelline Popin’ Cookin’ comprato sul Aliexpress.

Come da tradizione, le voci sono affidate ad attori famosi: Jeff supersexy Goldblum, Bill Presidentedelmondo Murray, Edward quellodifightclub Norton, Scarlet curvyèbello Johansson, Greta stelladellindie Gerwig e un’altra lista infinita che comprende Yoko Ono e Kunici Nomura per coprire la quota minima giapponese richiesta.

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L’isola delle voci

Qua però parte il più grande dei problemi: la partecipazione degli attori nel doppiaggio viene strillata come una réclame anni 70 sulla brillantina Linetti ma, stringi stringi, a meno che non si sia dei fanatici delle sfumature vocali e degli esperti patologi di corde vocali, non c’è nessuna possibilità di riconoscere veramente chi faccia cosa.

Boss, il cane interpretato da Murray, non ha un decimo della sua ironia.

Il Duke di Goldblum assomiglia più a mio cugino dentista e Yoko Ono – che è un essere umano – non è per nulla una coltissima matta facilmente infastidita.

Sono attori, ovviamente.

Interpretano una parte, chiaramente.

Però non mi appare chiaro il motivo per cui debbano continuamente ricordarci che c’è anche Harvey Keitel che presta la voce al cane Gondo. Magari avrebbe potuto chiedere a mio cugino dentista e fargli dire qualche battuta più memorabile di “Forza amici, andiamo!” o “I cani sono i migliori amici dell’uomo”. Anche lui è un bel ragazzo e durante le presentazioni per i vari festival di cinema, sarebbe venuto benissimo in foto.

Bello ma…

In Fantastic Mister Fox, altro capolavoro totale di animazione in stop motion, la storia era ironica, accattivante e ancora oggi non riesco a non avventarmi su un piatto senza mimare la voracità delle volpi inglesi.

Invece, per quanto mi riguarda, L’isola dei cani è solo bello.

È bello, ma non ci vivrei.

Ambra Porcedda
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4 pensieri su “Ma tu ci vivresti sull’isola dei cani?

  1. Lettura spassosa ed efficace! La storia è per me il punto debole di un film comunque bellissimo. A un certo punto la confusione regna! In questo le volpi non davano problemi in effetti. Tutto sommato…tagliamo gli ultimi 10 minuti, togliamo anche le voci doppiate (lasciamo la musica di Desplat) e godiamone come si deve! xD

    Kalos

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