Il viaggio di Okja dalla gioia delle montagne ai mattatoi statunitensi.
Il BFI sui propri canali social condivide spesso una lista di registi che a loro giudizio (insindacabile) hanno scritto/diretto cinque grandi film di fila. Visto Okja ieri nella sua uscita globale su Netflix, direi che possiamo considerare Bong Joon-ho tra le fila di chi, invece, ha toccato addirittura la vetta dei sei. Okja è un film delizioso.
È una vita meravigliosa quella in cui Bong Joon-ho può sorprenderci, mai con un film catalogabile fianco a fianco coi suoi predecessori: drammatici, thriller, commedia nera, monster movie, fantascienza e ora un film fantastico per quelle famiglie che non temono una visione sincera, senza lo zucchero per mandare giù la pillola.
Organismo Geneticamente Modificato
La Okja titolare è un supermaiale creato nei laboratori della Mirando Corporation, uno dei 26 spediti nelle fattorie di tutto il mondo 10 anni prima per una gara tutta speciale: il migliore supermaiale avrebbe partecipato alla parata a New York, giorno di lancio della campagna pubblicitaria e di vendita della carne di super-maiale.
Con Okja tra le montagne coreane cresce anche Mija, bambina orfana dei genitori. Tra i due si instaura un rapporto speciale, Okja è un animale più intelligente della norma ed entrambe si prendono cura l’una dell’altra… finché la Mirando non reclama il suo trofeo per esporlo a New York. Mija potrebbe mai accettare di mandarla al macello?
Uno e Trino
In Snowpiercer lo schema dell’opera era così visibile da diventare parte integrante della trama, con Okja Bong Joon-ho non può fare uso di un treno da suddividere in capitoli, ma continua a seguire una serrata tabella di marcia. Bisogna stabilire l’intelligenza di Okja, la relazione con Mija e quella di Mija con la Mirando e così via.
Ma Bong Joon-ho non è un regista tradizionale, non è il “nuovo Steven Spielberg“, e lo scheletro alla base del progetto oltre la funzione di impalcatura di sostegno occupa anche quella di messaggio socio-politico. Perché sì, Mija e Okja sono le indiscusse protagoniste, ma anche il centro attorno a cui ruota tutto il circo degli USA.
Born Out of the USA
Qui si svela il vero legame con The Host, perché già nel 2006 Bong Joon-ho inserì nel suo monster movie più di una frecciata agli USA: furono loro a scaricare materiale chimico nel fiume Han, furono loro a rapire Gang-du convinti che fosse infetto (da qui il titolo internazionale The Host contro l’originale Monster). Più Donald. Amo Donald.
In Okja gli squarci politici di The Host (a proposito, leggete l’articolo di Lucia Patrizi) la fanno da padrone con la Mirando Corporation di Giancarlo Esposito e Tilda Swinton, sdoppiata con le gemelle Lucy e Nancy, la (ex)superstar televisiva di Jake Gyllenhall, persino col Fronte di Liberazione Animale di Paul Dano e Steven Yeun.
La Sud Corea è una “far away land“, una terra esotica da dove pescare il super-maiale ignorando la lingua, la necessità e l’affetto di una bambina per la sua amica. L’inglese “apre nuove porte” urla Yeun alla piccola e straordinaria Ahn Seo-hyun, le vendono prospettive statunitensi come miracoli per una piccola selvaggia.
Character Building da Maestro
Bong Joon-ho è spietato. Non risparmia nessuno dei suoi personaggi stranieri, sceglie di usare la traduzione dall’inglese al coreano e viceversa come un oggetto contundente, arma chiunque di proiettili da usare contro Mija. E per quanto i ragazzi della ALF siano in effetti i buoni (tra loro anche Lily Collins), c’è violenza anche al suo interno.
Potrebbero dunque apparire come personaggi bidimensionali, gli americani cattivi, ma non è così. Bong Joon-ho e Jon Ronson riempiono ognuno di loro di storia, dai costumi stravaganti delle due Tilda Swinton (con Esposito un diretto riferimento a Hilary Clinton e Barack Obama) e Gyllenhall, al passato cucitogli addosso con precisione.
Quindi non stupitevi se personalmente ritengo Johnny Wilcox il personaggio più succoso mai interpretato da Gyllenhall dai tempi di Donnie Darko, né se porterò in alto affianco a Il petroliere e Swiss Army Man l’espressiva prova di Paul Dano. Ahn Seo-hyun è invece una eroina degna del cinema di Guillermo del Toro: audace, forte, con cuore.
Delicious!
Per concludere devo puntare dritto al cuore. Parliamo di OGM, di creature cresciute in laboratorio per essere macellate e vendute, c’è dunque da aspettarsi la morale contro il consumo spietato di carne e l’ipocrita sistema che scagiona produttori e consumatori. Bong Joon-ho non si pone problemi, mostra ogni virgola dell’orrore di un mattatoio.
Okja è una delle 26 ma altre centinaia di super-maiali sono stati allevati e di molti vedremo la morte e il destino, guardandoli dritti negli occhi. Ci vorranno un paio di minuti a riempire i vostri di lacrime mentre i super-maiali strilleranno. E solo sul finale si capirà davvero fin dove arriva la loro intelligenza. Straziante è dire poco.
Un film per tutta la famiglia, purché ognuno abbia il suo fazzoletto.
Io, ancora una volta, mi inchino con piacere davanti a Bong Joon-ho.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5
3 pensieri su “Okja (Bong Joon-ho, 2017)”