Carlo Rambaldi - CineFatti

Dialoghi sul cinema – Carlo Rambaldi, King Kong e gli occhi del «mostro»

Una monumentale opera d’arte: il King Kong di Carlo Rambaldi.

Passate poche ore dalla notizia della sua morte non potemmo fare a meno di dedicargli uno speciale (La meccatronica degli elementi), quando la notizia della scomparsa di Carlo Rambaldi investì il mondo sentimmo il vuoto lasciato da uno dei più grandi artisti della storia del cinema. La settima arte perse nell’agosto 2012 uno dei suoi maestri.

Rambaldi fu uno special effects artist di fama mondiale, con lavori straordinari realizzati sia per il cinema italiano che per le immense produzioni hollywoodiane, tra cui una in particolare che torna alla nostra mente proprio nei giorni dell’uscita di Kong: Skull Island, il primo remake del cult del 1933, il King Kong di John Guillermin del 1976.

La produzione Dino De Laurentiis oggi vive di una cattiva reputazione a causa delle parole di Meryl Streep sul suo casting mancato, ma è ingiusto seppellire un kolossal di tutto rispetto dove Rambaldi fu chiamato a lavorare per costruire e disegnare il suo gigantesco protagonista, il re dell’Isola del Teschio, King Kong in persona.

La storia dietro il fantastico lavoro di Rambaldi è raccontata in Carlo Rambaldi. Una vita straordinaria, scritto dal figlio Victor Rambaldi e edito da Rubettino (2013), di cui vi riportiamo dei brevi estratti qui di seguito.

Superare la natura

Carlo ha solo sei mesi. Investito di una tale responsabilità si mette subito al lavoro e trasforma la sua stanza al  Surf Rider Inn […] in un vero e proprio studio. […] Inizia un periodo di studio molto intenso. La prima cosa da fare è trovare la giusta tipologia somatica, il look più appropriato del gigantesco gorilla.
Carlo spiega:

Dovevamo trovare un gorilla che fosse già attore, nel modo in cui si atteggiava e nei movimenti.

Alessandro (il figlio n.d.r.) lo informa che lo zoo di San Diego ospita un gruppo di gorilla di montagna. Lì, Carlo si innamora di un magnifico esemplare di nome Bum. Lo fotografa da ogni prospettiva, e si mette subito al lavoro disegnando i piani facciali del cranio e del volto, arrivando a concepire tutta una gamma di espressioni del viso, dalla quiete alla rabbia più intensa. È il momento ora di realizzare in creta quanto è stato studiato sulla carta.
Carlo dice:

Il rapporto tra gli occhi e la loro distanza è molto importante È la chiave per dare forza alle espressioni facciali. Se gli occhi sono troppo vicini l’uno all’altro, o troppo distanti, si crea uno squilibrio sgradevole. Quando l’uomo si sforza d’inventare qualcosa scordando la natura ottiene pessimi risultati. Bisogna sempre partire dalla natura, quindi cercare, se possibile, di superarla.

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Un incontro storico

Completata la scultura, Carlo la studia con attenzione […]. Kong ha un muso stilisticamente perfetto. Deve commuovere e, all’occorrenza, essere attendibile come mostro feroce e distruttivo. È a questo punto che Carlo fa la conoscenza di un giovane americano appassionato di effetti speciali. È un truccatore alle prime armi di soli ventiquattro anni. Il suo nome è Rick Baker, ed è stato scelto per impersonare il gorilla all’interno di un costume […], e lasciando alle varie teste meccanizzate la totale responsabilità delle espressioni.

Lo scettro di O’Brien

La responsabilità di Rambaldi era enorme, nel 1976, anno di uscita di King Kong, era ancora attivo l’erede “ufficiale” di Willis O’Brien, lo storico animatore del primo film sulla Grande Scimmia, ovvero il geniale Ray Harryhausen, sul viale del tramonto professionale (morì un anno dopo Rambaldi, qui il nostro ricordo). Non mancò dunque di esprimere il proprio rispetto per l’opera originale, conscio del ruolo di cui fu investito.

Non posso dimenticare il primo Kong, quello del ’33, visto da bambino al cinema del mio paese. Pur essendo una sorta di «mostro», mi colpirono proprio quegli occhi. Quasi sempre sgranati, come a rivelare sorpresa e ingenuità verso un mondo crudele intorno a lui. Certo, a rivederlo oggi capisco molte più cose. Per esempio, quel Kong era fatto molto artigianalmente, non era corretto dal punto di vista anatomico. Assomigliava più a un pupazzo allegorico. Mai avrei creduto che un giorno sarei stato io a rifarlo ispirandomi soprattutto alla natura.

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Il giusto riconoscimento

Il 28 marzo del 1987, King Kong gli diede il suo primo di tre Oscar. Seguiranno Alien nel 1980, E.T. – L’extraterrestre nel 1983. Oggi l’ingegno e la creatività di uomini come Rambaldi sono sempre meno richiesti, il digitale la fa da padrone – anch’esso guidato da menti geniali come quella di Carlo -, ma è impossibile non ammirare la bellezza di queste opere, qualcosa che capirono stesso i produttori aprendo i titoli di coda con questa dichiarazione.

Dialoghi sul Cinema, King Kong - CineFatti

Fausto Vernazzani
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Un pensiero su “Dialoghi sul cinema – Carlo Rambaldi, King Kong e gli occhi del «mostro»

  1. L’ha ribloggato su La finestra di Hoppere ha commentato:

    “Quando l’uomo si sforza d’inventare qualcosa scordando la natura ottiene pessimi risultati. Bisogna sempre partire dalla natura, quindi cercare, se possibile, di superarla”.

    "Mi piace"

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