L’arte di raccontare risplende in Kubo e la spada magica.
La voglia che una buona storia, come una visita gradita, non finisca mai, è il bel cuore di Kubo e la spada magica. Perché il racconto che racconta di sé, denudando i propri meccanismi, possiede una luce più forte. E l’opera da Oscar di Travis Knight è così, squisitamente meta-narrativa, con un cantastorie per protagonista.
Il piccolo Kubo apprende quest’arte dalla madre, fra le pareti di una grotta nascosta. Ha un occhio solo, ma l’infinita capacità di guardare con l’immaginazione. Grazie a questa, e alla magia che lo aiuta ad animare la carta, intrattiene per lunghe ore gli abitanti del villaggio vicino.
L’amore del popolo per il suo teatrino incantato, però, non basta a salvarlo dagli spiriti malvagi che lo inseguono. Al riapparire delle inquietanti Sorelle (OV di Rooney Mara) la madre di Kubo capisce che è ormai giunto il momento di ricominciare a scappare. Per quanto sia impossibile farlo in eterno, perfino da bambini.
Vita in stop-motion
La storia nella storia di Kubo e la spada magica si apre nel mare, fra onde quasi più belle di quelle vere. Da loro fanno capolino le spigolose figure umane del film di casa Laika, riconfermandone il talento in fatto di stop-motion. Anche se qui, rispetto a lavori come Coraline e Boxtrolls, ogni cosa è illuminata da qualcosa in più.
Sui paesaggi lunari percorsi da Kubo e la sua tragicomica banda soffia infatti un vento orientale, che tuttavia non si limita a plasmare forme eleganti e coreografie fluide. Ed è agli sceneggiatori Marc Haimes e Chris Butler che va il merito di averne saputo incanalare la forza.
Fra le loro pagine prende vita la vita stessa. L’idea di un incontro/scontro continuo con il dolore e la morte che solamente il mito e l’amicizia possono alleviare. L’approdo, da quel mare in tempesta dell’inizio, alla salvezza del raccontarsi raccontando, per riconoscersi la prima di una lunga serie di volte.
E quando lo sguardo di Knight risponde alle parole allargandosi su una notte costellata di lanterne, è l’apoteosi. Là è dove Kubo e la spada magica dona agli spettatori la propria sintesi perfetta di fondo e superficie, scarto e immediatezza, disillusione e levità.
Non perdetevelo dunque: i vostri occhi e la vostra pelle ringrazieranno.
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