Braveheart - CineFatti

La colonna sonora di… Braveheart

L’impavido cuore musicale di Braveheart.

Basterebbe una sola parola per definire sia la musica che l’anima (due cose che vanno a sovrapporsi, quasi si identificano) di un film come Braveheart, ed è: epica. Del resto a firmarla è James Horner, uno di quelli che da Titanic A Beautiful Mind ha fatto la storia del cinema mainstream e delle sue musiche, mettendo insieme motivetti che non di rado ci ritroviamo ancora a canticchiare sotto la doccia.

Proprio lui, che se n’è andato quasi un anno fa, il 22 giugno 2015, ha contribuito a rendere indimenticabile la pellicola diretta e interpretata da Mel Gibson nel 1995, con una colonna sonora per la quale però non è riuscito ad aggiudicarsi altro che un premio da parte dell’Awards Circuit Community Awards e diverse nomination, anche agli Oscar (contro il Bacalov de Il postino).

Ma i premi hanno relativa importanza quando di mezzo c’è il cuore, che trema e batte più forte ascoltando la voce degli archi e dei fiati, i canti dei cori e delle cornamuse, e i colpi delle percussioni della London Symphony Orchestra sullo sfondo della sanguinosa ribellione dello scozzese William Wallace a Re Edoardo I d’Inghilterra.

C’è amore, in queste note: quello fiorito al centro del dolore più nero con il volto luminoso di Murron, la donna che Wallace ha perso e per la quale la scintilla della rabbia e della voglia di rivalsa ha infiammato il suo corpo attraverso i campi di centinaia di battaglie, verso un orizzonte di libertà (sofferta, urlata) cui solo il coraggio e l’orgogliosa difesa dei propri valori sono in grado di condurre.

E poi Brave Heart è l’esatta traduzione di Croí Cróga, ballata irlandese che la band Clannad compose per il film ma che, alla fine, fu esclusa dai 77 minuti complessivi della colonna musicale per essere pubblicata successivamente in un LP e riapparire nel corso di Titanic, altra pellicola legata al nome di Horner.

Ma comunque nulla riesce a intaccare la bellezza di Braveheart, dove apice e conclusione vanno a coincidere felicemente grazie anche e soprattutto alle melodie intrise di storia e tradizione che l’accompagnano. Dove James Horner, in punta di piedi (e di titoli di coda), rielabora perfino un pezzetto della Pavane di Maurice Ravel, restituendo alle immagini del cinema l’ombra scura del ricordo di un passato pesante.

Francesca Fichera
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