Ida

Ida (Pawel Pawlikowski, 2013)

di Francesca Fichera.

Due donne, due Agata. La prima, Agata Trzebuchowska, interpreta l’angelo: una suora minuta dal viso pulito. La seconda, Agata Kulesza, è la parte “diabolica”: un giudice che nel tempo libero si dedica all’alcool e agli uomini. Nella storia sono Anna e Wanda, e in quell’altra Storia, la più grande, procedono a passo di gambero per disotterrare la verità.

Dalla freschezza di My Summer of Love, il polacco Pawel Pawlikowski è passato al rigore. Per parlare di Anna, suora ebrea che a pochi giorni dai voti abbandona il convento e chiede alla zia Wanda di aiutarla a ricomporre il suo passato, ha scelto di far pendere la bilancia dalla parte della forma. Che risulta impeccabile, soprattutto grazie all’apporto dei direttori della fotografia Ryszard Lenczewski e Lukasz Zal.

Ida 2

Così Ida è più di ogni altra cosa una delizia per lo sguardo, costantemente immerso nell’oceano grigio, cristallino e puntellato di malinconia del suo perfetto bianco e nero. Rappresenta il tentativo di vestire di eleganza l’orrore che una parte della realtà umana ha significato; realtà a sua volta vissuta in un tempo colmo di rimorsi e contraddizioni qual è stato, per la Polonia e non solo, il ventennio successivo alla Seconda Guerra Mondiale. E racconta il dolore, specialmente quello. L’onda lunga e silenziosa nella quale nuotano i superstiti.

Ma la prospettiva è inedita, per una volta. Priva di sensazionalismi, di retorica, di emotività, al punto (e al costo) di risultare algida. Un rischio corso e parzialmente centrato: la superficie, in Ida, maschera la narrazione al punto da ridurla a un mucchio di segnali messi in successione. Alcuni di questi sono forti, altri deboli in quanto facilmente intuibili – il finale, ad esempio. Ma forse assecondano la normale alternanza fra l’alto e il basso, fra la pausa e il suono, come succede con le poesie. E Ida è un film poetico nel modo in cui sanno esserlo quei linguaggi studiati, dalle armonie matematiche, che riescono comunque ad inviare qualcosa di spontaneo e pulsante. Anche se a tratti, solo per istanti.

 

 

 

2 pensieri su “Ida (Pawel Pawlikowski, 2013)

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