Per l’AMC non c’è due senza tre e il tre si chiama Halt and Catch Fire
Il 29 Settembre 2013 l’emittente televisiva statunitense AMC disse addio al capolavoro di Vince Gilligan: Breaking Bad. Nel 2015 la lunga Mad Men di Matthew Weiner va a concludersi dopo sette stagioni, circondate da candidature agli Emmy una dietro l’altra.
Entrambi gli show hanno stabilito l’alto standard della AMC, entrambi sulla via della conclusione, con solo The Walking Dead ad assicurare gli ascolti necessari, senza però nulla a fornire un successo critico degno di nota.
Da ora la AMC ha bisogno di mantenere la rotta senza perdere velocità e se in autunno vedremo lo spin-off Better Call Saul, in cui tra l’altro Bryan Cranston figurerà come regista, la vera grande novità è Halt and Catch Fire, conclusasi all’inizio del mese con un grande finale di stagione il 3 Agosto.
Una novità ignorata?
Peccato per i miseri ascolti che lasciano tanti dubbi sulla possibilità del rinnovo per una seconda stagione, di sicuro attesa da chiunque l’abbia seguita sin dall’inizio.
Come da tradizione della AMC si viaggia in luoghi sperduti, nel tempo o nello spazio, l’Albuquerque di Walter White era una città aliena, la New York City degli anni Sessanta di Don Draper è uscita da una rivista patinata, il Texas della Cardiff Electric è un arena romana.
Halt and Catch Fire è ambientato nei primi anni Ottanta nella Silicon Praire del Texas, dove la piccola azienda di elettronica di John Bosworth e Nathan Cardiff è ingannata dall’arrivista e ambizioso Joe MacMillan, costretta da un imbroglio legale di quest’ultimo a una guerra contro il colosso IBM per la costruzione di un personal computer portatile.
Perché la Cardiff Electric? Perché MacMillan sa che il costruttore Gordon Clark lavora lì e il suo talento è necessario per occuparsi del lato hardware, mentre la promettente e ribelle studentessa Cameron Howe si dedicherà ad un software il più accattivante possibile per attrarre compratori di ogni genere e portare i PC nelle case di tutti gli americani.
L’ambizione di arrivare in cima
Creata da Christopher Cantwell e Christopher C. Rogers, Halt and Catch Fire gioca con la conoscenza dello spettatore, ne sfrutta l’amore sconfinato per Steve Jobs – esploso in seguito alla sua morte – per usare il proprio trio di protagonisti come cavie in una gabbia per topi.
Il pubblico conosce l’esito delle loro azioni, sa qual è realmente il futuro, riconosce le idee vere dai sogni ancora lontani dal nostro presente: animali da laboratorio. Una ragione per renderli il più interessanti possibile, così l’ambizione di MacMillan assume il volto del fascinoso Lee Pace, coraggioso ma disturbato, con un solo obiettivo in testa: raggiungere la vetta a modo suo e senza compromessi.
Rogers e Cantwell non fanno a meno di violenza, di esser grafici e anche un po’ stilosi nel rappresentare un trio borderline, capitanato dal folle MacMillan in testa, l’insicuro e debole Gordon/Scoot McNairy dalla moglie geniale, Donna Clark/Kerry Bishé, nascosta perché donna, e infine la nuova generazione dei creativi digitali rappresentata da Cameron/Mackenzie Davis.
La lotta dei primi episodi passa dallo scontro Cardiff Electric Vs IBM a una guerra continua tra i tre protagonisti, entrati nella mischia senza avere tutte le armi in regola e col rischio di perdere tutto, compreso se stessi.
La competitività è nota a tutti, la storia di Microsoft e della Apple le conosciamo, le lotte tra Steve Jobs e Bill Gates sono diventate materia di film e libri venduti ovunque, e con un pizzico di onniscienza ci si diverte ad osservare MacMillan, Clark e Howe avvicinarsi all’autodistruzione.
Halt and Catch Fire, il tuo nome è donna
Ma la vera chicca sono le sottotrame: non tanto la sottile e strisciante presenza di Jobs, chiamato in causa più di una volta e sempre con eleganza (la presentazione del Macintosh al COMDEX e lo spot 1984 di Ridley Scott , la cui ragazza protagonista è servita per modellare l’aspetto di Cameron) ma il ruolo della donna nella società contemporanea, quando il rispetto sembrava essere acquisito ma il pregiudizio era ancora forte e inamovibile.
Kerry Bishé e Mackenzie Davis sono le vere protagoniste di questo lato B di Halt and Catch Fire, entrambe geniali, più delle loro controparti maschili, ma vessate, tenute in disparte per non dover ammettere l’importanza della loro presenza, che a volte sminuiscono in prima persona.
Si fanno strada così riferimenti a personalità sconosciute ai più, come Ada Lovelace, genitrice dell’informatica, salutata dai maschi con una risata fragorosa – convinti che il cognome di quest’ultima si riferisca alla più famosa Linda – e situazioni drammatiche a tratti impercettibili, trattate con classe e senza esagerare rischiando di sminuirne il significato.
Donna Clark è il personaggio più pungente di tutti, secondario rispetto ai tre protagonisti, ma la cui evoluzione nel corso della prima stagione lascia pensare a un ruolo più grande per un’eventuale seconda.
Finale aperto
In teoria Halt and Catch Fire, aperta e chiusa da un regista di Serie A come Juan José Campanella, attivo in televisione da più tempo di quanto si immagina (ben prima dell’uscita de Il segreto dei suoi occhi), potrebbe terminare anche con questo finale, non troppo aperto, da cui possiamo trarre da soli le nostre conclusioni.
Il resto sono spoiler ed è meglio fermarsi ai consigli: Halt and Catch Fire è una delle migliori novità del 2014 e se tutto andrà male potrebbe rimanere bloccata a questo status e niente più.
Gli Emmy hanno scelto di ignorarla, squali ben più grossi andavano pescati, e tutto sommato la AMC con Mad Men e Breaking Bad è ancora in gioco, ma in futuro, se tutto dovesse riprendere per il verso giusto, potremmo avere un nuovo grande protagonista nell’universo televisivo degli Stati Uniti d’America.
Un pensiero su “Halt and Catch Fire: Autodistruzione immediata”