Azione e bellezza steampunk per i tre Moschettieri di Anderson.
Venezia, XVII secolo: i tre Moschettieri di Sua Maestà Luigi XIII, Athos (Matthew Macfayden), Porthos (Ray Stevenson) e Aramis (Luke Evans), aiutati da Milady de Winter (Milla Jovovich), sono in missione per rubare i piani di una macchina da guerra volante disegnata da Leonardo Da Vinci.
Quando la vittoria sembra loro, Milady li tradisce per consegnare i piani al Duca di Buckingham (Orlando Bloom). Ora dei relitti e pallide imitazioni degli onorevoli moschettieri che furono, accolgono il giovane e squattrinato D’Artagnan (Logan Lerman) nel loro gruppo per sfidare le guardie del Cardinale Richelieu (Christoph Waltz), comandate dal temibile Capitano Rochefort (Mads Mikkelsen).
Come riscattarsi? Aiutare D’Artagnan e l’ancella Costance (Gabriella Wilde) a recuperare un gioiello rubato da Milady alla Regina per scatenare il disappunto del Re alla corte di Francia, il tutto causato dallo stesso Cardinale. Ci riusciranno i nostri eroi?
La risposta è probabilmente tra le varie pagine di Wikipedia, dove troverete un perfetto riassunto del romanzo di Alexandre Dumas, utile, affatto fondamentale, per la stesura della sceneggiatura de I tre Moschettieri di Paul W.S. Anderson.
Un gioco tra marito e moglie
Non vogliamo parlare della cocente delusione, sarebbe impossibile trattandosi di un regista come Anderson, abituato a causare di questi risultati. Cè tuttavia da ammettere una cosa, il peggiore degli Anderson ha dalla sua la volontà di creare bellissime e indimenticabili scene dazione. Inutile dire che bene o male fallisce ogni volta che ci prova, ma i tentativi non vanno trattati con troppa cattiveria proprio per ciò che sono.
Cè chi urla “ma non si ritira?” ma a noi sta bene che ci siano registi come lui, pronti a giocare con la moglie sullo schermo (un po’ come Benigni con la Braschi), a divertirsi. La differenza con la saga di Resident Evil, di cui la Jovovich è protagonista e Anderson iniziatore, è che I tre moschettieri non vogliono avere neanche una briciola di serietà, ci mancherebbe, bensì essere solo unaccozzaglia di acrobazie e incroci di spade.
L’occhio prima di tutto
Il meglio del film è rappresentato proprio da quei momenti di gioco, in cui la bellezza della Jovovich è messa in mostra come gioiello dell’opera, lanciata contro palle di cannone appuntite o trasparenti fili di metallo taglienti come lame. È il lato sexy il più riuscito, l’esposizione delle bellezze principali in contrapposizione al supposto, ma assente fascino, della coppia Reale rappresentata da Freddie Fox e Juno Temple.
Motivo per cui l’obiettivo mette a fuoco Wilde e Jovovich, assi portanti del film, pur essendo i nomi meno rilevanti in un cast che avrebbe potuto fare di meglio. A loro però non possiamo addossare la colpa, si sa che con scarse sceneggiature non si spicca il volo, ed è per questo che lo schiaffo va dato ad Andrew Davies e Alex Litvak.
Una compiaciuta stretta di mano la si può invece dare al costumista francese Pierre-Yves Gayraud, soprattutto per gli aspetti steampunk che, se aumentati, avrebbero potuto dare un valore del tutto nuovo e differente a questa ennesima lettura de I tre Moschettieri, una futura saga cinematografica secondo Bloom. Vedremo.
di Fausto Vernazzani
Voto: 2.5/5
Un pensiero su “I tre moschettieri (Paul W.S. Anderson, 2011)”