La tempesta del secolo (Craig Baxley, 1999)

Se dietro la macchina da presa l’occhio kinghiano perde lucidità, nel momento in cui vigila ancora sul foglio bianco riconquista la sua efficacia. Positiva è la relazione fra la scrittura e la “scatola magica” della televisione: quando King, insomma, scrive appositamente per la tv, facendo sì che scatti la scintilla giusta, capace di scatenare una tempesta.

La tempesta del secolo, mini-serie televisiva diretta da Craig Baxley e trasmessa per la prima volta negli Stati Uniti nel 1999, è l’unico caso, nel complesso mondo di King e del suo impero di orrori, in cui viene realizzato il passaggio inverso da mito a immagine: è dal film, e dal testo scritto per esso, che deriva in un secondo momento la pubblicazione del libro. Il Re interpreta dall’inizio alla fine il ruolo di sceneggiatore, facendo della sceneggiatura stessa dell’opera il punto di partenza, ma anche e soprattutto conclusivo, del suo lavoro. A fungere da secondo garante del successo di tale operazione è, ancora una volta, il tessuto connettivo delle storie kinghiane: la rappresentazione della paura collettiva. Little Tall, isoletta immaginaria del Maine – ulteriore elemento a favore della fidelizzazione del lettore/spettatore perché già presente, e dunque ripetuto tramite autocitazione, nel precedente romanzo Dolores Claiborne -, è luogo assurto a simbolo della chiusura mentale di una ristretta comunità di abitanti; questi, messi di fronte all’ignoto proveniente dall’esterno, perdono qualsiasi tipo di riferimento finendo col farsi controllare dal pericoloso straniero, il luciferino Andre Linoge – cui presta il volto un ottimo ed inquietante Colm Feore. Il tutto è condizionato e aggravato dalla terribile tempesta che periodicamente si abbatte sull’isola, nonché dal ricordo – col quale Linoge tormenta in maniera sadica le menti dei cittadini – del suicidio di massa compiuto secoli prima nella colonia di Roanoke e dal rischio che questo possa verificarsi, ancora una volta, proprio a Little Tall. Il finale tragico è privo di speranze e ricco di verità sulla miseria della natura umana, sul suo progressivo sgretolarsi in seguito a un trauma, nel perpetrato convincersi che quest’ultimo non sia mai avvenuto:

“La gente dell’isola sa mantenere un segreto. Noi abbiamo mantenuto il nostro nel 1989 e la gente che vive ancora lì continua ancora a mantenerlo.[…] Alle volte, di solito nel cuore della notte quando non riesco a dormire, penso di aver sbagliato. Ma di giorno so che non è così”[1].

Per i motivi appena elencati, uniti a una ragionevole qualità di realizzazione del prodotto televisivo che ben si discosta dalle produzioni affini più famose – inevitabile annoverare fra queste lo scadentissimo It (Stephen King’s It, 1990) di Tommy Lee Wallace -, La tempesta del secolo si aggiudica l’International Horror Guild Award nel 1999, oltre a un discreto successo di pubblico che ne consente ancora la riproposizione su note emittenti della tv, pubblica o a pagamento. In Goes to the Movies (2009) è lo stesso King ad includere l’adattamento di C. Baxley fra le dieci versioni cinematografiche dei suoi racconti da lui preferite. Non senza una punta di autocompiacimento, certo, ma con buona parte di lodevole e preziosa consapevolezza.

[1] S. KING, La tempesta del secolo, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 2000, pp. 426 – 432.

Francesca Fichera

 

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