Il fanta-psicologico Moon per l’esordiente Duncan Jones.
È uscito pochi giorni fa in home video Moon, l’opera prima di Duncan Jones, un vanto del cinema indipendente, successo unanime di critica e di quel piccolo pubblico che ha voluto scommettere sull’esordio senza grandi star del figlio di David Bowie.
Soli sulla Luna
Un one man movie di fantascienza ambientato in un futuro prossimo alimentato a energie rinnovabili scoperte nel posto più impensabile, la Luna.
Attraverso un lavoro di estrazione si ricava energia dalle rocce lunari, sufficiente ad alimentare il 70% del pianeta Terra. A sfruttare la miniera da anni è la Lunar Industries con un singolo operaio inviato ogni 3 anni a sostituire il precedente.
Un solo astronauta a occuparsi del monitoraggio delle operazioni, senza compagnia alcuna se non quella del ronot Gerty (Kevin Spacey) e del suo smiley incollato sopra..
Al giro di cui siamo testimoni c’è Sam Bell (Sam Rockwell) colpito dal classico imprevisto a pochi giorni dalla fine del suo contratto e dunque dal ritorno sulla Terra.
Content is King
Will Smith grazie al suo carisma e agli addominali scolpiti portò Io sono leggenda in cima alle classifiche del box office, Sam Rockwell certo non è stato capace di fare lo stesso senza quel set di muscoli da offrire al pubblico cinematografico.
A quanto pare una colonna portante nella Hollywood di oggi a giudicare da quanto la campagna pubblicitaria di Twilight: New Moon si stia basando sugli addominali di Taylor Lautner. È sicuramente anche segno di una grave povertà di contenuti.
Moon ne è invece ricco pur non volendo riscrivere il genere, ha infatti il pregio di volersi discostare dalla piega che la fantascienza sta prendendo negli ultimi tempi.
Ormai al cinema vediamo film su alieni assetati di sangue e vogliosi di insidiare retti umani con le loro dolci sonde, oppure robot replicanti che alla fine non sono altro che un inno alla magnificenza delle bambole gonfiabili e al loro utilizzo come sex doll.
Filo diretto coi cult
Non per togliere nulla a film come Gamer della coppia Neveldine/Taylor o al Pandorum del tedesco Christian Alvart che aggiungono alla solita storiella un raffinato e sensato modo di mostrare le cose senza troppo impegno, ma con qualità e dignità.
Jones apre una linea diretta coi grandi classici, prendendo idee dalla fonte e non dagli infiniti cloni. Film quindi come 2001: Odissea nello Spazio, impossibile non vedere Hal 9000 nel buon Gerty o l’opera di James Cameron (Terminator, Aliens) e le sue malvagie corporazioni assai simili alle Lunar Industries di Moon.
Atmosfere lontane dagli inquietanti spazi dellastronave Nostromo di Alien, calde, studiate per consentire a un essere umano di vivere per anni in tranquillità, in un ambiente confortevole e rallegrato dalla possibilità di Gerty di esprimersi anche attraverso delle emoticon tutt’altro che superficiali e prive di significato.
Il tutto accompagnato dalle musiche dello straordinario Clint Mansell che riesce a creare suoni che oscillano tra il dolce e l’angosciante, non abbandonando però mai il tentativo di trasmettere una sensazione di finta sicurezza e calma.
Moon sarebbe valso la pena vederlo al cinema immaginandosi al fianco di Sam, ma la distribuzione mondiale, e non solo italiana una volta tanto, non ha saputo vedere bene, relegando in poche sale quello che posso con sicurezza definire uno dei migliori film del 2009, di sicuro il migliore del genere fantascientifico.
Fausto Vernazzani
Voto: 4/5
2 pensieri su “Moon (Duncan Jones, 2009)”