La nebbia si è diradata: la king-mania riprende in grande stile
Ricordo giorni quando pre-ordinare equivaleva a ricevere una copia dell’ultimo libro di Stephen King in uno schiocco di dita. Così non è da tempo immemore e con la pandemia di mezzo, avevo il sentore che Later non lo avrei ricevuto prima di scrivere questo CineKing. Vorrà dire che ne scriverò nel prossimo, peraltro non ho potuto resistere alla tentazione di prendere il trio di pubblicazioni della Hard Case Crime nella loro edizione a copertina flessibile originale. Le cover art sono stupende, questi gli artisti che ne portano la firma:
- The Colorado Kid: Glen Orbik
- Joyland: Robert McGinniss e Glen Orbik
- Later: Gregory Manchess
Ci fu un’epoca in cui gli artisti dietro le copertine erano riveriti e ricercati, a differenza di oggi. Capitano delle eccezioni, in Italia la trilogia dell’Area X di Jeff VanderMeer ha ricevuto le attenzioni del magnicio LRNZ e Bianco è il colore del danno ha l’onore di aver avuto Manuele Fior a curarne il volto. Interessandomi al trio Hard Case Crime ho scoperto le meraviglie di Glen Orbik, morto nel 2015 con alle spalle una carriera fenomenale ben raccontata in questo articolo sul blog Killer Covers. Gregory Manchess invece potete ammirarlo sul suo sito internet personale, contenente alcune opere da far esplodere il cuore per la loro bellezza. Ecco invece Robert McGinniss, 95 anni e anche lui autore di un profondo oceano colmo di capolavori, da spulciare sul suo sito ufficiale.
In tutto ciò è un’ottima cosa sapere che la Sperling & Kupfer abbia deciso di mantenere la copertina originale, come fece anche per the Colorado Kid. Fra gli acquisti di cui certamente parlerò ci sarà anche la storica introduzione di King al Frankenstein illustrato da Bernie Wrightson, su cui ho finalmente messo le mani, edizione Oscar Ink. Nulla di nuovo per un mare di fan, io però ci arrivo solo ora, anche sull’onda di un numero inferiore di pubblicazioni kinghiane in questo primo trimestre del 2021 rispetto al cavallone del 2020. Restando in tema letterario, è ufficiale che il terzo capitolo della trilogia di Gwendy’s Button Box di Richard Chizmar uscirà a inizio 2022. Abbiamo materiale kinghiano per ogni semestre: Later prima metà del 2021, Billy Summers seconda metà, e Gwendy’s prima dell’anno venturo.
King in prima serata
Passiamo finalmente al lato Cine del cineking e come sempre non appena pubblico l’aggiornamento mensile il 19, partono gli annunci importanti. Esattamente un mese fa vedemmo il primo teaser di Lisey’s Story, in realtà un leak che non ci dice assolutamente nulla sulla serie Apple Tv+ annunciata per questa estate e su cui sembra essersi sciolto uno dei misteri principali: la miniserie di Pablo Larraín non sarà intitolata Faces, quest’ultimo potrebbe essere un altro progetto dell’acclamato regista cileno. Io non vedo l’ora, è raro vedere un regista come Larraín interessarsi a uno scrittore come King, o forse è raro che venga affidato a uno come lui. Il punto di vista è importante, siamo noi a proiettare lo snobismo generale su Larraín, oppure gli studios? Intanto attendo felice.
A riguardo ricordo che Lisey’s Story sarà sceneggiato interamente da King. L’autore si è sempre detto legato alla storia di Lisey Landon, vedova dello scrittore Scott Landon – non è uno spoiler, è proprio la base del romanzo – e dunque ha voluto essere lui in prima persona a scrivere la miniserie. Il che, come ben sappiamo, può essere un discreto grido d’allarme, lo abbiamo potuto osservare con l’attesa Coda in chiusura alla nuova the Stand, un episodio che avrebbe dovuto dare dignità al personaggio di Frannie Goldsmith e ha invece fatto l’opposto. In generale King e la scrittura per gli audiovisivi è di rado un punto a favore. Voglio credere che la natura di Lisey’s Story sia tale da obbligarlo a fare delle scelte in una direzione che lo avvicini più alla sua scrittura letteraria che audiovisiva. Incrocio le dita.
Sapete cos’altro? La conclusione di the Stand ha diradato la nebbia e ora all’orizzonte torniamo a vedere il futuro cinekinghiano e compare sulla rete la prima locandina di un’altra serie verso cui nutro delle speranze – in realtà do sempre da mangiare ai miei neuroni dell’hype – ovvero la serie (o miniserie? Ancora non è chiaro) Chapelwaite. Tratta dal bellissimo e lovecraftiano Jerusalem’s Lot, racconto d’apertura della prima raccolta di racconi, A volte ritornano, che andrà in onda entro la fine del 2021 su Epix. Si presume vedremo delle immagini dal set o delle still entro l’estate e solamente dopo teaser e trailer, dipende da quando hanno intenzione di andare in onda. Dato il tipo di racconto, Halloween sarebbe il periodo ideale, pur avendo la tendenza a essere particolarmente affollato di show e film horror.

Horror è anche nel titolo Tiny Horror, una presunta quinta collaborazione tra King e J.J. Abrams – la quarta è Lisey’s Story – da cui potrebbe nascere una serie horror antologica. Il formato ormai sta prendendo nuovamente piede dopo molti anni di post-serialità legata alle vicende di antieroi e sit-com dissacranti. C’è stato il rispolvero di Creepshow e Ai confini della realtà, abbiamo avuto Lore e Philip K. Dick’s Elecetric Dreams su Prime Video e ovviamente Black Mirror. Nella prima sono stati inclusi l’adattamento di Materia grigia, altro racconto trasposto da A volte ritornano, e Survivor Type preso dritto dritto dalla raccolta Scheletri. Proprio a quest’ultima antologia di racconti mi tocca saltare adesso per un nuovo adattamento seriale annunciata e prodotta dalla MRC Television.
Dave Erickson, uno fra gli autori dello spin-off Fear the Walking Dead, è stato ingaggiato per adattare in formato seriale il racconto the Jaunt. In italiano è Il viaggio, fra horror e fantascienza, futuro/realtà in cui il teletrasporto è una tecnologia diffusa e colma di rischi. Ancora presto per qualsiasi forma di aspettativa, oppure sono solo io che essendo lontano dal mondo di the Walking Dead non so cosa farmene della notizia di un Erickson alla corte del Re. Se siete degli appassionati, fatemi sapere se posso considerarla una buona notizia oppure no, sicuro non mi sembra che di Fear the Walking Dead se ne sia mai scritto in termini entusiasti. Correggetemi se sbaglio, già l’ultimo the Walking Dead: World Beyond è stato accolto con diffidenza dalla critica, nonostante avesse ottime premesse.
Tuttavia Erickson non è l’unico figliol prodigo degli zombie AMC ad approdare sulle pagine kinghiane: Curtis Gwinn, autore televisivo avviato con la quarta stagione di the Walking Dead è stato chiamato dai fratelli Duffer e Steven Spielberg per curare l’eterna gestazione de Il talismano. Rimasto per secoli nelle mani della Amblin’ spielberghiana, sembra essere ora finalmente uscito dal limbo grazie alla collaborazione fra gli autori di Stranger Things e uno dei principali uomini dietro la serie hit Netflix. Ah, ovviamente sarà proprio lo streamer più famoso al mondo ad occuparsi di questa trasposizione seriale. Hype? Assolutamente. Sono fra i detrattori dell’ultima stagione di Stranger Things, ma il duo Duffer ha senza alcun dubbio rimaneggiato con passione molti dei tòpoi del cinema anni Ottanta. Vederli come produttori esecutivi dietro Il talismano può solamente farmi piacere, in più Gwinn ha un ottimo curriculum.

The wRight Man
Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma in una serie televisiva. Lo chiedono i tempi, ma per fortuna qualcosa riesce a farsi strada anche sul grande schermo e nell’ultimo mese abbiamo tre grosse novità, anzi, una è grossa e due piccole. Edgar Wright dirigerà un nuovo adattamento de L’uomo in fuga. Ora, perché questa notizia dovrebbe farci urlare di gioia da oggi fino all’uscita del film?
Innanzitutto perché Edgar Wright è uno fra i migliori registi della sua generazione, in secondo luogo perché pur non essendo affatto un remake dell’originale con Arnold Schwarznegger e diretto da Paul Michael Glaser, Wright saprebbe incorporare il lato campy e buffonesco dello Stephen King cinematografico visto tra la fine degli anni Ottanta e Novanta. Wright è l’uomo giusto per farci attraversare da quel brivido caldo e al contempo mantenere la cruda rappresentazione pulp del futuro iper–mediatizzato e violento del romanzo bachmaniano.
A coadiuvare Wright nell’impresa ci sarà Michael Bacall, sceneggiatore da idolatrare già solo per la duologia 21 Jump Street e 22 Jump Street. Adoro la comicità demenziale, è un difetto di cui vado fiero, e la coppia Channing Tatum e Jonah Hill ai miei occhi è meravigliosa. Se non avete visto oppure non avete apprezzato i Jump Street, niente paura: Bacall ha già collaborato con Wright, è stato co-autore di Scott Pilgrim vs the World. Siamo tutti d’accordo sul fatto che sia uno dei capolavori del mangia-cornetti, no? Dovesse essere “NO” la vostra risposta, allora mi sa che dobbiamo farci una chiacchierata, perché Scott Pilgrim merita l’amore dell’intero globo terracqueo.
A fuoco, a fuoco!
L’incendiaria è un’altra delle trasposizioni in arrivo, ne parliamo un cineking sì e l’altro pure perché il regista Keith Thomas tende ad avere sempre qualcosa da dire, oltre agli annunci sul casting. Senza aggiungere chiacchiere a quanto già scritto altre 300 volte nei passati post dedicati a Stephen King ogni 19 del mese, vi traduco (aggiustando parecchio) direttamente le sue ultime dichiarazioni circa le differenze col primo adattamento con Drew Barrymore protagonista, riportate su comicbook.com:
È qualcosa su cui non mi ero soffermato con attenzione. Di certo quando il progetto mi fu presentato la prima volta, mi sentii molto fortunato perché lo script di Scott Teems, autore del prossimo Halloween Kills, era veramente ottimo e densissimo. Il materiale originale stesso lo è, no? Insomma, è lo stesso libro da cui traiamo questo film, lo stesso da cui deriva il primo, ma quanto apprendiamo dalla sorgente è differente. Stiamo adottando un punto di vista da cui poter fare qualcosa. Per me è rappresentato dal volgermi soprattutto agli aspetti emozionali. È stato entrare nella relazione genitore-figlia, cosa significa e come crescere un bambino, in particolare una bambina con abilità simili. È questo il luogo dove lo script si è addentrato e ho pensato che era leggermente diverso dal primo film.
Inoltre, il libro è ricchissimo. C’è un sacco di roba nel romanzo che nel film originale non c’è. Ci sono cose che stiamo utilizzando, che approfondiremo. Allo stesso tempo sento che, per me, considerando il tipo di opere cinematografiche a cui sono interessato, c’è una qualità viscerale nella storia che non ho visto nella versione anni Ottanta. Una crudezza che credo sia presente, che ho certamente percepito e sono dunque interessato a trattare. Fortunatamente, penso chiunque sia preso allo stesso modo da questo genere di emozioni e questo renderà… non solo il film avrà gli effetti speciali, vedrete tutto ciò che Charlie può fare, che è uno spasso, figo, emozionante, ma se riusciamo nel nostro intento, non sarà dark come the Vigil, ma dovrebbe essere emozionante. Se lo fai bene, colpirà nel segno.
Okappa, posso aggiungere solo un’opinione personale: perché affermare “se lo fai bene” scusa? Dannazione, sei tu il regista, chi è che deve farlo bene? Io? Capisco l’umiltà del nuovo arrivato, the Vigil è il suo esordio e raggiungerà un ampio pubblico solo in queste settimane con l’uscita in VOD del 26 febbraio negli USA, però, dai, stai pubblicizzando il tuo prossimo film, non dovresti fare supposizioni su come sarà. Dovresti convincermi a cercarlo, pagare il biglietto e parlarne bene con chiunque sia nella mia cerchia. Vedremo.
Dead is better
Il nuovo adattamento di Pet Sematary diretto da Kevin Kölsch and Dennis Widmyer nel 2019 ha deluso quasi tutti. Io sono fra loro. E adesso mi sento diviso, perché Paramount+ ha dato l’OK a Lorenzo Di Bonaventura per produrre un prequel che racconti le origini del cimitero, sceneggiato da Jeff Buhler, l’autore del recente Pet Sematary. Ora, io ritengo che gran parte dei difetti sia da addurre alla regia, la sceneggiatura dalla sua non aveva solo quell’ovvia novità, era il significato stesso del cambiameto che dava un valore aggiunto al film. Quindi Buhler potrebbe fare un buon lavoro se a dirigere sarà qualcun’altro, ma, ehi, sarà uno spin-off spurio del romanzo.

Ciò non va in contrasto con la possibilità che possa essere un buon prodotto. Sarò fra i pochi, ma io ho apprezzato la natura giocosa del sequel Pet Sematary 2 di Mary Lambert, consapevole che non possedesse una briciola della profondità e drammaticità del romanzo di King. Cosa aspettarsi dal prequel è difficile a dirsi, di sicuro più sangue, ma trattandosi di un cimitero indiano e avendo compreso la sensibilità di Buhler, il potenziale per vedere un’opera derivativa interessante esiste. Sicuro è un peccato lasciare una delle miglori opere di King a marcire senza sfruttarne le miriadi di possibilità che si nascondono nell’idea stessa, al di là della specifica narrazione.
Up to the highest sky!
Elevation non è fra i romanzi più celebri né celebrati di King, io però lo adoro. La storia ha come protagonista Scott Carey, un qualsiasi cittadino di Castle Rock colpito da una curiosa malattia: sta perdendo rapidamente peso, pur non presentando alcunché sul corpo. Il fenomeno è incomprensibile, ma Scott presto comprende che si tratta anche di un problema irreversibile e che presto non avrà più alcun peso nel mondo. L’unico suo desiderio è vivere al meglio la sua vita, in attesa dell’elevation finale. Una novelette che per alcuni versi ricorda la maledizione bachmaniana di Thinner, ma che nell’animo è più simile a… nulla in effetti, nemmeno alle stagioni.
Jack Bender vuole trarne un film. Dopo aver lavorato ad Under the Dome, Mr. Mercedes e ora alla miniserie di the Institute, desidera provare l’ebbrezza di un adattamento cinematografico dopo anni di kinghiana televisione. A riguardo, partendo dall’argomento delle modifiche ai suoi libri, ha dichiarato ciò:
[King] è molto generoso coi cambiamenti quando lavora. Ho recentemente adattato un suo libro intitolato Elevation, da cui gireremo un film. Ho inventato qualche cosa, fatto delle aggiunte, ed ero nervoso perché non aveva mai letto nulla di scritto da me, solo diretto e prodotto. Non c’è bisogno che dica quanto ero nervoso, ma lui lo ha adorato. È molto gentile, sa bene che quando facciamo una serie televisiva, ci sarà del materiale aggiuntivo e altro cancellato. È come funziona il sistema.
Ho sempre guardato [Elevation] come un romanzo da adattare, perché è una fiaba. È fuori dal recinto horror di Stephen King. È davvero su come possiamo essere delle persone migliori, una storia meravigliosa. È una di quelle piccole gemme, l’ho capito dalla prima volta che l’ho letto.
La legge del mercato vuole che King esprima parere positivo, è scontato. Bender lo sa bene avendo lavorato su Under the Dome, di cui King ha detto sempre cose meravigliose, finché non ha potuto essere sincero e distruggerlo. Adesso potrebbe accadere lo stesso con Elevation, come per qualsiasi altro progetto. Nessuno racconterà mai la storia in cui King ha dichiarato che la loro sceneggiatura fa schifo, masterchef style. In ogni caso, è positivo che Elevation raggiungerà un ampio pubblico, lo merita. Su questo Bender ha ragione da vendere.
Un clima mostruoso
Prima di salutarvi (yay, è arrivato Later mentre scrivo!) ricordo che oggi 19 marzo è la Giornata mondiale di azione per il clima e la biodiversità. Con King in pratica non ha nulla a che fare, però pensando a the Mist mi sono chiesto se non potessimo dare all’horror di Fran Darabont una nuova lettura ambientalista. In fin dei conti possiamo guardare alla nebbia come allo smog che genera dei mostri che ci uccidono dall’interno, come quei simpatici ragnetti che fanno casa nella brava gente del film. Che ne pensate?
Ah, sempre a proposito di Darabont, Mike Flanagan è tornato al Kingcast per parlare de Il miglio verde.
