2012 - CineFatti

TENETeme ca’ te tengo

La torre di jenga dei cinema in Italia

In napoletano il detto tienem ca’ te tengo indica qualcosa che a stento si regge in piedi. È così che immagino una marea di situazioni in giro per lo stivale: attività, imprese e progetti traballanti, assediati a colpi di cannone dalle scosse di un terremoto agitato, senza una conclusione all’orizzonte. Il mondo è infatti ancora sotto le sferzate del Covid-19 e ogni giorno mentre l’Italia tenta di riaprirsi vengono annunciati numeri da record dall’esterno.

I cinema hanno avuto una chance di riaprire il 15 giugno senza misure di sicurezza adeguate alle strutture, ma soprattutto senza il pane fresco da distribuire. Come si regga in piedi l’industria dello spettacolo è una domanda a cui prima o poi dovremo dare una risposta e finora l’unica che riesco a pensare è questa: stiamo osservando la luce di una stella già morta, un ricordo lontano che presto si metterà in pari col nostro tempo.

Voglio essere chiaro: non credo il cinema sia morto, è una puttanata – niente pietà per queste sciocchezze – sputata solo da chi crede esista un cinema vero (quasi sempre legato al passato) e uno falso. Io stesso correggendo vecchi articoli su CineFatti ho usato la definizione “vero cinema” e un po’ mi vergogno di quando lo pensai. È una stupida stronzata – no mercy anche verso me medesimo, alla Cobra Kai – e va accantonata immediatamente.

Cattive abitudini

Credo in Italia sia morta un’ampia definizione del cinema. Fra le tante il cinema è l’arte senza museo, priva di una celebrazione della sua storia aperta al pubblico. È cibo con una data di scadenza: lo compri dal panettiere la mattina e due giorni dopo hai bisogno della nuova pagnotta da consumare a tavola. Qualcuno su facebook un giorno mi scrisse un’affermazione preoccupante: “non c’è tempo per rivedere i film se vuoi stare al passo con le novità”.

Neanche il coronavirus potrà uccidere il cinema – né il teatro, né la musica – però ci può svelare le nostre cattive abitudini alimentari. Spazzolare un film dopo l’altro, novità dopo novità ci terrà pure aggiornati, ma che arte è se la riduciamo a un consumo di merendine impacchettate il 26 luglio 2020 e da consumare entro due anni? Cosa ne è di un film se passati un pugno di mesi cessa di esistere? Di solito quelli che non durano hanno due stelline.

Gliele diamo perché siamo consapevoli dello scarso valore di un film che non resiste alla prova del tempo, eppure siamo i primi a relegare nel già visto qualsiasi cosa per fare spazio alla novità. Capita di non rendersi nemmeno conto di come questo fast cinema possa essere alla base di una strategia di marketing come quella di Netflix: se non posso darti il vecchio coi suoi panni impolverati, gliene darò di nuovi e fingerò sia una novità assoluta.

Due etti di San Daniele

I cinema sono diventati salumerie, solo prosciutto fresco e lascia perdere il refrigeratore con le offerte sugli alimenti in prossima scadenza. Alcuni guidati da anime buone propongono spazi e tempi per il cinema d’essai, il più delle volte corrispondenti alla proposta di film della stagione a cui manca un ampio mercato per una distribuzione su media scala. Sono perle rare le sale dove ci si può godere di un film del passato, non per forza remoto.

Se non avessimo la cineteca di Bologna come altro potremmo rivedere grandi e piccoli classici? Il cinema in Italia ha fame di un museo. I servizi di streaming, fatta eccezione per Prime Video, e suppongo solo per bulimia e non certo per un interesse sincero nell’arte cinematografica, non se ne preoccupano. A noi manca un canale come quello della Criterion e il costo della distribuzione fisica è talmente elevato da risultare spesso proibitivo ai più.

Storie di fantasmi

Ora che il covid-19 ha chiuso il forno come possono sopravvivere i cinema in un paese dove la cultura del cinema è meno di uno spettro? Perché è al passato che potremmo rivolgerci oggi e rivisitarlo preoccupandoci di tenere aperte delle attività che serviranno ad accogliere quelle novità grazie a cui in migliaia lavorano. Senza le sale dubito le produzioni avrebbero chissà quale prospettiva di guadagnare e dunque di mantenere i dipendenti.

Alla fine nessuna profonda ricerca potrà mai dare una risposta alternativa all’assoluta verità continuamente negata dagli amministratori di questo e tanti altri paesi: senza un adeguato sistema scolastico sarà sempre una vita in attesa dell’inevitabile momento in cui inciamperemo e rimarremo stesi a terra, collo rotto e occhi spalancati a fissare il buio che ci siamo costruiti attorno. Se l’istruzione non tornerà una priorità nulla avrà speranza.

Lo vediamo in questi giorni col panico dinanzi alle continue notizie di blockbuster rimandati al 2021. Immagino un esercente quando legge che i grandi colossal dell’estate non usciranno, avrà la stessa faccia che avevo io quando viaggiavo con le ferrovie dello stato e il capotreno mi diceva che il ritardo sarebbe stato “indefinito”. Incertezza maledetta che in parte potrebbe essere combattuta se avessimo un interesse reale nel passato.

Ieri? Oggi? Domani?

Un paradosso nella nazione dove si campa da sempre con gli occhi sulla nuca, eppure tant’è. Dov’è la gloriosa tradizione cinematografica italiana? Credo solo in piazza Maggiore a Bologna, col programma d’agosto dedicato ad Alberto Sordi nel suo centenario. E altrove? Un’arte ridotta a pochi gigabyte trasferibili su WeTransfer sopravvive in pochi luoghi dedicati e altrove è in triste attesa di Mulan o magari del fatidico e atteso Tenet.

In quanti si sono sfregati le mani all’idea di un film come l’ultimo Nolan per rimpinzare le casse, per quanto sarà possibile a causa delle restrizioni sui biglietti vendibili, in quanti devono aver tirato giù i santi del Paradiso o evocato Pazuzu quando ogni due per tre veniva annunciato che Tenet sarebbe uscito la settimana successiva. Ora non si sa quando accadrà, forse gli europei lo vedranno per primi, forse no. È un grande boh.

Intanto l’unica prospettiva per la distribuzione è quella di aggrapparsi a un sistema che si tiene in piedi per miracolo. TENETeme ca’ te tengo perché può reggersi solo sui Tenet in avvicinamento, sulle Mulan o le Black Widow e non è un discorso legato all’originalità o alle piccole produzioni da favorire, c’è anche il passato e la coltivazione di quest’ultimo che potrebbe arrivare in nostro soccorso in tempi bui come quello che stiamo vivendo.

3 pensieri su “TENETeme ca’ te tengo

  1. Belle riflessioni. Io ho sempre apprezzato di poter rivedere classici o comunque film non appena usciti in sala al cinema quando ne ho avuto l’occasione (ricordo per esempio Alien, Blade Runner, Back to the Future, A Hard Day’s Night, Labyrinth…), forse offrire questa possibilità potrebbe portare un po’ di gente in sala dopo questa crisi. Non a mo’ di museo, ma per dimostrare che il cinema è vivo e che può offrire tanto anche senza aspettare l’ultimo Nolan (praticamente insieme a Tarantino l’unico regista in grado di incassare tanto senza per forza stare dentro universi Marvel e DC)!

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    1. Sì, esatto. L’idea di un museo è quella di un luogo dove possa rivivere la storia del cinema con proiezioni di classici. E sarebbe bello se ce ne fossero più spesso, senza necessariamente aspettare un importante anniversario com’è stato per tanti casi. Proprio adesso sarebbe fantastico. Poi c’è chi lo sta facendo come l’Arena Argentina di Catania dove si proiettano anche classici a fianco alle novità. Ehhh un sogno!

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