Florence Pugh - CineFatti

È calato il silenzio sulla notte degli Oscar

Invecchia l’Academy con la sua decisione di spegnere l’audio del cinema

Sarà idiota scrivere di Oscar il 3 maggio, pensai qualche giorno fa, inoltre con una pandemia in corso. Se pensate io mi sia rimbecillito sicuro torto non avete, ma vi assicuro le due cose hanno un legame e sì, Florence Pugh gioca un ruolo in tutto questo. Ma voglio fare qualcosa di “rivoluzionario” e cominciare dall’inizio, ebbene sì: martedì il direttivo dell’Academy of Motion Picture Arts and Sciences ha annunciato la fusione delle categorie best sound editing e best sound mixing in una sola, nell’eterna lotta alla riduzione dei tempi della cerimonia.

Ogni maledetto anno l’Academy tira fuori dal cilindro una trappola per orsi da poggiare sul percorso di questa o quella categoria di professionisti. Un anno fa si parlava di mandare fuori onda i premi alla fotografia e al montaggio, l’anno prima ancora di includere la cinquina dei migliori film popolari, ecc.. Tentativi goffi e sempre falliti di svecchiare la notte degli Oscar e ridurne i tempi, nella speranza di impedire il flusso in uscita di spettatori, con nottate sempre meno seguite dal pubblico domestico, con un calo di share davvero niente male.

Con l’uscita di scena di Kevn Hart dalla conduzione degli Oscar 2019 a causa di antichi tweet omofobi ormai nessuno suppongo vorrà assumere un incarico per cui sarebbe analizzato dalla ipocrita lente del microscopio. Hollywood ha gli armadi negli scheletri, non viceversa e nessuno vuole correre il rischio che si ribellino e facciano a pezzi una carriera. La notte degli Oscar è un transatlantico inevitabilmente destinato ad affondare, non come premio di categoria, ma come evento glamour internazionale dove radunare gli appassionati.

Il più grande spettacolo del mondo

Quando il 19 marzo del 1951 la 25ª edizione sulla NBC divenne la prima a essere trasmessa in televisione posso immaginare l’emozione dei telespettatori. Un’epoca in cui far parte di un fanclub significava ricevere una foto della loro star preferita, acquistare le riviste nelle edicole offriva un raro sguardo alla vita delle leggende di Hollywood, poter vedere questi uomini e queste donne in abito da cerimonia doveva essere un sogno. Bob Hope tornò a condurre, e DeMille vinceva con Il più grande spettacolo del mondo. Quella notte era un grande spettacolo.

Cosa sono oggi gli Oscar? Sicuro non l’occasione per osservare lo sfavillante habitat delle stelle di Hollywood. Ormai ne leggiamo spesso il fastidio negli occhi, il disagio per le lunghe attese e quei 45 secondi risicati per ringraziare Dio, patria e famiglia e dare un calcio nelle palle a the Donald. Se va bene potranno presentare un premio, ricordando che, ehi, quell’anno anche loro sono usciti con un film e tu dovresti urlare uau, c’è the Rock, cavolo Ryan Reynolds farà un siparietto, Kristen Wiig o Maya Rudolph faranno qualche battuta sarcastica. Minchia!

Non c’è storia

Nel bel mezzo di una pandemia l’Academy decide che sound editing e sound mixing possono pure essere raggruppate. Nel mezzo di una pandemia, ci tengo a sottolinearlo. Cosa possiamo vedere noi in questo periodo? Personalmente sono diventato un fan di Florence Pugh, candidata all’Oscar col bellissimo Piccole donne – ma lo avrebbe meritato per Midsommar – che con le sue storie su Instagram cucina piatti improbabili con la grazia di un armadillo, balla come una forsennata e si delizia con un cocktail dietro l’altro cercando di intrattenere il pubblico.

Apro il profilo instagram di CineFatti in questo momento e fra le storie trovo questo: Rebel Wilson con un set di foto sexy ironiche, Amy Schumer presenta il figlio al prossimo, Channing Tatum condivide aforismi tamarri da Narcos, Evan Rachel Wood posta estratti di testi incentrati sugli abusi subiti dalle donne nella storia, Sofia Vergara fa foto al suo cane mostrando qualcosa di diverso dalle sue curve, in tanti annunciano l’arrivo di Chris Evans su instagram. Sono solo una frazione, perché dunque dovrei aspettare il prossimo febbraio-marzo?

C’è chi sostiene il divismo sia defunto, personalmente credo sia morto solo nell’accezione classica e sia cresciuto in qualcosa di ben diverso. Gli/le influencer sono un ottimo esempio di cosa voglia dire oggi essere un divo, ma il concetto fondamentale è che se gli Oscar sognano di essere ancora la cerimonia che fu 60-70 anni fa allora potrà continuare a sognare perché questo non accadrà mai, anzi, peggiorerà solamente se si convince che tagliando spazio ai premi “tecnici” ne guadagnerà in telespettatori, soprattutto quando la domanda vuole l’opposto.

Le cattedrali in rovina

Quanti anni sono che si chiede una cinquina dedicata agli stuntman e alle stuntwoman? Cosa dire degli SFX artist lasciati in secondo piano perché tanto considerati una sottocategoria dei VFX? Non era stato detto di iniziare a considerare l’incredibile lavoro svolto dai casting director? Queste sono solo altre tre premiazioni di cui si è parlato negli anni, il che segna un disagio particolare: gli Oscar sono famosi perché escludono categorie sociali e professionali, possibile per loro esista solo l’attore wasp a cui dare un premio l’ultimo quarto d’ora?

Mancano all’incirca nove mesi alla prossima cerimonia ed è come al solito già polemica. Sarebbe questo periodo il tempo ideale per riformare il nostro modo di vivere il cinema anziché girarci attorno nel tentativo di restaurare un tempio divorato da una foresta di mangrovie. Se un festival intransigente come Cannes supera le proprie reticenze organizzando una versione online del marché e si allea agli altri colossi festivalieri per sopravvivere sulla rete, allora perché proprio l’industria cinematografica per eccellenza non si cala in questa colossale impresa?

Stavolta l’Academy è facile l’avrà vinta: nessuno si curerà del suono, il famoso 50% degli audiovisivi, perché è una categoria difficile da capire e comprende diversi professionisti all’opera per ricordarli. Resterà il desiderio espresso al genio della lampada di arrivare 5 minuti prima al momento in cui il Brad Pitt di turno salirà sul palco per essere premiato come miglior attore protagonista. Il fan si emozionerà, ma io Brad in pochi giorni l’ho visto interpretare il virologo Anthony Fauci per i tipi del SNL e presentare il meteo per John Krasinski in Some Good News.

La nuova carne

Sono due siparietti assai più simpatici di una comparsata della durata di un minuto e sessanta secondi su un palco, dove tutto impettito è costretto a recitare una parte dando al pubblico forse un messaggio politico, forse un dubbio su se indossi Tom Ford oppure Giorgio Armani. Non entro nella retorica del “cosa ho imparato dalla pandemia” perché ritengo non ci sia nulla di nuovo sotto al Sole che in queste settimane vediamo solo attraverso balconi e finestre, ma paradossalmente restando a casa dovremmo sognare maggiore libertà per i red carpet del mondo.

Quando ingarrano i film giusti all’Academy allora gli Oscar avranno sempre un altissimo valore di mercato. Questo resterà ed è forse l’aspetto che suscita in me maggior interesse, sarebbe però ora che al pubblico fosse spedita più di una foto con autografo falso come se vivessimo nel 1930 e ci fossimo iscritti al fanclub di Lon Chaney. Siamo davanti a una epoca instantanea del divismo ormai da un pezzo e le storie sui social fanno il giro del mondo, vedere le star senza trucco e parrucco ne rivoluziona il corpo e la sua percezione ed è a questo che dovremmo badare.

La fabbrica dei sogni è storia.

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