Indovina quanti alligatori vengono a cena
Così arrivammo al ritorno del #VenerdìHorror e per le prossime quattro settimane – moltiplichiamo gli appuntamenti, via! – sarà l’occasione giusta per recuperare altrettanti horror del 2019 che non possono sfuggire all’archivio di CineFatti. Vi starete chiedendo come mai immancabile è sinonimo di Crawl, l’ultima fatica della valanga di brutti film meglio conosciuta come Alexandre Aja.
Carriera bengala la sua, iniziata col botto e frantumatasi subito dopo col remake di Into the Mirror e altre abomini quali il trash Piranha 3D oppure il palloncino sgonfiato Horns. Crawl non segna necessariamente la curva ascendente della parabola e chi se ne importa, il survival horror uomo vs alligatori è un popcorn movie dei migliori che ho recuperato dall’anno passato.
Dentro l’incubo
È palese l’influenza dello stiloso The Shallows rispetto ai mille cugini del genere, un furto felice con rispetto per il gioco, il cinema e il pubblico: Crawl nella sua claustrofobica ambientazione domestica – anche l’esterno assai circoscritto da nuvole e case chiude in qualche modo la situazione – guida Kaya Scodelario e Barry Pepper con uno sguardo preveggente, inquadrature che tentano di spiegare le prossime mosse dell’uomo e degli alligatori rendendoci sempre partecipi.
Crawl si chiama le urla – oppure le unghie sui braccioli delle poltrone, dipende da voi – e non sono mai rivolte alla stupidità. I fratelli Michael e Shawn Rasmussen scrivono una sceneggiatura che non ha bisogno di poggiare il piede su una continua sfilza di scelte sbagliate: è sufficiente il crearsi di una situazione intricata dove l’uomo è in svantaggio. Ed è esattamente quanto accadde anche a Blake Lively nel succitato film di Jaume Collet-Serra.
Figlia Scodelario scende a cercare suo padre in una zona della Florida in fase di evacuazione a causa di un uragano. Padre Pepper – uno degli attori più sottovalutati della storia del cinema – sarebbe anche andato via, certo non con la celerità richiesta dall’emergenza, se non fosse stato intrappolato in precedenza dal primo di una sfilza di giganteschi e affamati alligatori.
Evacuare in mezzo ai rettili non è cosa facile.

Qui nessuno è scemo
In Backcountry fu la stupidità a cacciare gli hiker tra le fauci e gli artigli di un orso – e comunque ancora mi dà gli incubi – in Aja invece è un caso: è la natura a entrare con prepotenza tra le tue quattro mura. E in prepotenza inserisco le massime qualità del film.
La presentazione improvvisa dell’alligatore è un colpo da maestro e solo il primo di una serie di jump scare al contrario: il crescendo di tensione non è costruito un mattoncino alla volta, crolla intero davanti agli spettatori e da lì si espande con la rapitidà… di un alligatore, sì.
Una variante piacevole degna di un regista sicuro di sé: conosce le regole e ne taglia i tempi per non far attendere a vuoto il pubblico, dà il giusto peso alla consueta rivalsa interiore senza farne il vertice della pellicola. Crawl di Alexandre Aja è insomma un film consapevole dei suoi limiti con lo scopo di giocare insieme al pubblico e non alle sue spese. È uno spasso.

Non mi stupisce che Quentin Tarantino l’abbia giudicato uno dei suoi tre film preferiti del 2019, già me lo vedo che mastica a bocca aperta sputacchiando popcorn e urlando davanti allo schermo.
Lo so, è una brutta immagine, ma Quentin solo queste mi evoca.
p.s. se volete un consiglio, double bill con Rogue di Greg MacLean.
Fausto Vernazzani
Voto: 3.5/5
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