Black Panther

Se fossi cinema, arderei il mondo

Tifosi più che cittadini nella Hero Nation odierna

È importante stabilire cosa sia cinema e cosa non lo sia? Il dibattito delle ultime settimane ha creato l’ennesimo muro tra tifoserie sorde, cieche e logorroiche. Il MCU non è cinema secondo alcuni registi leggendari e ascoltando la parte offesa vedremmo come a tanti brucia l’idea di non essere graditi da titani come Martin Scorsese.

La verità si trova a basso costo con due minuti di ricerca:

Scorsese – come potete sentire voi stessi nel video qui sotto – li ha definiti theme park movies indicando come appartengano a una tipologia diversa rispetto al cinema introspettivo cui lui è molto legato.

Ma sempre cinema è.

Bob Iger dovrebbe invece ricordarsi di aver intitolato la sua autobiografia The Ride of a Lifetime sottolineando il peso dei parchi alla Disney. Perché offendersi se le intenzioni sono quelle?

È comunque cinema.

Bob Iger al Tech Live del Wall Street Journal, video al link

“It’s not cinema.”

Sì, no, forse. Il cinema è un processo produttivo con uno schema di base e mille sistemi a reggerlo a seconda della provenienza, dei budget, dei gusti personali e compagnia cantante.

Se desiderate entrare in un dibattito su cosa sia l’arte allora buona fortuna, mi auguro abbiate una biblioteca ben fornita nelle vostre vicinanze. Intanto vi consiglio di leggere Raffaele Meale.

Vale anche per Domenico Attianese su Melange, entrambi offrono il punto di vista che centra il cuore della questione: lo strapotere di un sistema può schiacciarne cento.

Il che ci porta a ricordare come il cinema sia un bene e lo spettatore un pubblico di votanti che coi propri soldi contribuisce a direzionare il mercato. La Disney lo sa benissimo, come ogni Studio.

Spettatori responsabili

Vale la pena smarcarsi dalla tifoseria Marvel per osannare Scorsese – andrebbe sempre elogiato, diciamocelo – oppure insultare Martin per difendere le cento visioni di Iron Man? Gli assoluti sono dannosi, possiamo consumare responsabilmente anche al cinema.

L’esempio ideale: andate al cinema per The Irishman. È una via per convincere i servizi streaming ad adottare su larga scala la tattica della doppia distribuzione. Scoppierò di gioia guardando sul grande schermo l’ultimo Scorsese e subito dopo in lingua originale su Netflix.

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Sarebbe il massimo, se siete affezionati alla sala. Se preferite Netflix e basta, nessuno vi giudica, sono i media che cambiano.

Un po’ di benaltrismo

Il fronte artistico è sicuramente importante: l’omologazione è un danno e sta bruciando il mondo, ma nemmeno dovremmo tremare immaginando un mondo dominato dalla Disney.

Come scrisse Owen Gleiberman in un magnifico articolo su Variety, la Disney possiede le mitologie chiave ma non il futuro del cinema. I grandi problemi di cui dovremmo occuparci sono altri. Benaltrismo, sì, ma qualche volta fa bene ricordare cosa c’è oltre lo schermo.

Il pubblico ancora deve imparare a prendere in considerazione i lavoratori dietro quei quattro cinque nomi di rilievo.

Perché ancora fatichiamo a riconoscere il ruolo degli stuntman nonostante le vittime e rischi che corrono?

Riconosceremo i problemi dei VFX Artists vessati da turni di lavoro e salari disumani, oltre ai problemi di delocalizzazione?

Pensate al combattimento finale tra Black Panther e Killmonger, VFX tremendi perché finiti in fretta e furia per rispettare una deadline. Questo perché Iger nell’autobiografia sostiene di non curarsi delle scadenze finché viene rispettato il lavoro creativo.

Ma è cinema o no?

Dibattiamo su quanto cinema ci sia nel Marvel Cinematic Universe. Intanto Scorsese non trova soldi per girare i suoi film, Spielberg rischia di diventare un regista per la HBO, a Tarantino chiedono di tagliare il suo film, Lou Ye una volta è censurato e l’altra pure, tonnellate di VFX Artist vivono sottopagati e gli stuntman privi di riconoscimento…

Va’ chissà che ne pensa Jane Campion del MCU.

Il Guardian si è messo in contatto?

Fausto Vernazzani

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