Con Bao la dolcezza è un piatto da servire caldo
Sembra facile ma non è, questo Bao, antipasto fragrante servito da Disney Pixar per aprire le danze di Gli Incredibili 2. A prepararlo è la regista Domee Shi, che attizza il focolare per cucinare dei tradizionali e tondissimi baozi.
Ed ecco che il tenero involtino ripieno, stretto tra i denti dell’alter ego animato della regista, si anima con urlo e uno starnuto. Ha gambe, braccia e vita propria, oltre alla più irresistibile delle vocine: l’incubo di ogni vegano, ma anche di noi tremendi onnivori e della donna sullo schermo, per cui il bao non può essere mangiato.
Al contrario, il buffo raviolo deve essere allevato. Tutta la breve storia dell’ennesimo iridescente corto Pixar è il racconto di una crescita, esteriore e, ovviamente, interiore, come del complesso quanto naturale rapporto fra genitori e figli.
Sul troppo amore
C’è da dire tanto in poco tempo; il che è l’arte della Disney Pixar da molti anni a questa parte. In tal caso, bisogna ammetterlo, la delicatezza dell’opera della sino-canadese trae vantaggio e insieme limite dalla sua totale mancanza di parole.
Sulle note di una tipica melodia orientale la routine di Bao e della sua mamma si svolge (e riavvolge) in silenzio fino a mutare, una tacca dopo l’altra sullo stipite della porta, per misurare i passi, ampi e al contempo rapidi, che muovono dall’infanzia all’età adulta.
Stomaco e occhi vi brontoleranno, ma senza esagerare: parola d’ordine in Bao è la discrezione, anche a scanso del momento saturnino – lasciamo a voi il piacere di scoprire quale – che ha lasciato interdetto più di uno spettatore a un tratto della visione.
Noi di CineFatti vi diciamo che non c’è niente di male, solo di normale (che poi, a ben pensarci, è quasi la stessa cosa).
Francesca Fichera
Voto: 4/5
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Bao (corto) – Una recensione
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