Searching - Cinefatti

Searching, ovvero come rendere avvincenti le giornate sui social

Vita movimentata sul web con Searching

Come potremmo rendere avvincenti le giornate spese su Facebook, Twitter, YouTube e compagnia social? Chiedete a Aneesh Chaganty, regista indiano-americano autore di Searching, thriller premiato al Sundance 2018 con l’Audience Award.

Come non essere coinvolti, d’altra parte, dal vedere su uno schermo ciò che facciamo tutti i giorni, quali messaggiare su WhatsApp, spiare i profili Facebook altrui o cercare la popolarità tramite Live Stream. Strumenti che possono risultare utili, per esempio, anche a un padre (John Cho) alla ricerca della figlia scomparsa (Michelle La).

Big Brother’s watching you!

Searching si apre subito con un montaggio mozzafiato, una sorta di Up 2.0 che fa scendere la lacrima per quanto è scritto bene l’evolversi dell’unione di famiglia fino al tragico evento. È immediata l’empatia coi due protagonisti.

Papà David dovrà fare i conti con una tecnologia a lui quasi completamente sconosciuta, arriverà a cercare su Google cos’è tumblr scrivendo sulla barra di ricerca tumbler, così come si pronuncia. Ecco, oltre ai momenti di grande tensione, questi siparietti simpatici arrivano a stemperare un attimo l’ansia che Searching dà allo spettatore.

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Pur di trovare la figlia, David diventerà una tecnologicamente evoluta versione del  Wiesler de Le vite degli altri. Nessuno riuscirà più a muovere un dito senza che David lo sappia. L’unica alternativa è non scriverlo sui social network. In qualunque social!

L’abito non fa il monaco

Con l’aiuto della detective Vick (Debra Messing, tornata un po’ al suo ruolo nella serie The Mysteries of Laura), David scoprirà molte cose di sua figlia, cose che gli adolescenti non dicono ai genitori, ma soprattutto dovrà stare attento a ciò che è vero e ciò che è falso perché, si sa, il web può essere fuorviante.

Così come l’essere umano e la sua apparenza che inganna.

Proverbio azzeccatissimo per Searching. Possiamo definirlo il tema centrale, sviluppato in maniera coinvolgente nonostante quasi tutta l’opera si incentri in messaggistica, foto di Instagram e video su Live Stream.

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Anche l’orecchio vuole la sua parte

Non è facile tenere alta l’attenzione in questo modo e, infatti, qualche momento di stanca è presente, in special modo nella seconda parte del film, quando le indagini sono in pieno fermento. Piccoli cali che vengono perdonati perché, quando meno te l’aspetti, accade qualcosa che rimette di nuovo lo stato d’ansia in moto.

A rendere ulteriormente gradevole la visione dei 100’ di Searching è la splendida colonna sonora di Torin Borrowdale. Il tema principale propone un motivetto al pianoforte molto toccante che calza a pennello con le vicende private della famiglia Kim. Poi diventa incalzante e di tensione mano mano che si iniziano ad avere indizi nella ricerca. Merita di essere ascoltata anche fuori dal film.

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Insomma, Searching è stata una graditissima sorpresa, Chaganty ha saputo dar vita a un prodotto che riesce ad entrare nel cuore dello spettatore alternando momenti drammatici efficaci, di tensione e qualche battutina divertente qua e là per stemperare che non disturbano. Il tutto mostrandoci la bacheca di Facebook della gente e come sia facile entrarci anche senza avere la password.

Roberto Manuel Palo  

 Voto: 3.5/5

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