Dalla matita al grande schermo, Wolf Children è un piccolo capolavoro.
Uno dei grandi pregi dell’animazione Made in Japan è quella di spingersi sempre ai confini di temi universali, trattati e rielaborati da secoli, e lasciare che ogni regista li esprima attraverso la propria sensibilità.
Dal tratto di matita fino al percorso che trasformerà una bozza in un piccolo capolavoro, Wolf Children di Mamoru Hosoda è una delle opere a oggi più lampanti a rendere vivo questo processo creativo.
Crescere e far crescere
Yuki e Ame vivono in aperta campagna, lontano dalle luci, i grattacieli e gli andirivieni della città di Tokyo. È una scelta della loro madre Hana, ma un po’ anche una necessità.
La loro doppia natura di uomini lupo ha bisogno di vivere e di esprimersi lontano da occhi indiscreti che possano compromettere la loro esistenza e lasciare che nel tempo scelgano chi voler essere.
Hana è una madre che cerca in ogni modo di essere perfetta e di non interferire con la crescita dei suoi piccoli: crea tutte le condizioni perché crescano in libertà, imparando a convivere anche coi momenti in cui la loro natura animale, soprattutto quando in preda a forti emozioni, li trasforma in due cuccioli che scorrazzano tanto per i boschi circostanti quanto per casa.
Lo ha promesso all’uomo che l’ha amata e che le ha permesso di vivere una vita da donna e da madre fuori dal comune.
Un doppio racconto di formazione
Se Wolf Children fosse stato un romanzo, probabilmente sarebbe stato una trilogia. Rispetto ai racconti di formazione classici degli anime, improntati in particolare sulla crescita dei ragazzi e dove i genitori rappresentano per lo più un contorno, qui assistiamo sempre alla storia di formazione di Hana, anche quando il focus si sposta sui due bambini-lupo.
La prima parte infatti è dedicata completamente a lei, al suo percorso necessario che la trasformerà da ragazza a donna: le prime responsabilità, la necessità di studiare come quella di lavorare e di gestire la casa, dandone quindi un’immagine moderna ed emancipata, fino all’incontro con l’uomo che le farà conoscere l’amore, assaporandone contemporaneamente il dolce e l’amaro.
Questa linea mai netta ma in costante oscillazione tra dolce e amaro è quello che ha portato giustamente a definire straziante la storia di Hana, Yuki e Ame, nella sua sfumatura più positiva: niente melò o personaggi capricciosi, ma gioia e dolore si mescolano in maniera così eterogenea che improvvisamente dal sorriso e la quiete, si passa a una tempesta di emozioni che ruba lacrime anche ai cuori dal mantello d’acciaio.
Rispettare la natura, in qualsiasi forma si manifesti
In Wolf Children più che diversità è forte la componente del rispetto, che si manifesta attraverso personaggi che non guardano mai all’altro come uno straniero, inteso nel suo senso più ampio, quello culturale.
Hana è sicuramente il personaggio che maggiormente incarna questa consapevolezza, riuscendo a creare un legame con un uomo-lupo e quindi pronta ad accogliere anche il soprannaturale.
Ma questo spirito di apertura verso l’altro è una costante in Wolf Children, anche nelle sue forme più quotidiane: persino gli abitanti della campagna circostante pur stupendosi che una madre abbia scelto di vivere sola e lontana dalla città con i suoi bambini, si lasciano incantare dal suo coraggio e la sua tenacia, sostenendola e aiutandola nelle piccole necessità di tutti i giorni. Creando così una piccola comunità solidale tra chi ha scelto di non rinunciare, nonostante le difficoltà, alla libertà e all’aria pura della natura.
Il viaggio della crescita: la ricerca del sé.
Rispetto alle opere precedenti di Hosoda, Wolf Children è senz’altro la più matura. Non solo per la ricchezza dei temi trattati, alcuni già presenti nel suo cinema ma in questo film approfonditi con una prospettiva nuova, ma soprattutto nello sviluppo della storia, che è un dialogo continuo tra la crescita interiore di una madre e dei suoi figli.
I figli che verso la strada adulta si trovano da soli per necessità a fare i conti con se stessi. Vivere da lupi o da essere umani? Questa la domanda più difficile per Ame e Yuki, che se guardiamo oltre le parole, prima o poi riguarda tutti noi.
Lasciare la terra che ci ha cresciuti o restarci con tutte le sue bellezze e limiti? Scegliere un lavoro comune, relativamente sicuro o darsi la possibilità di inseguire il lavoro dei propri sogni? Rispettare le proprie aspirazioni o farsene piacere delle altre per conformarsi a un luogo, una cultura o un desiderio altrui?
E poi ci sono i genitori. Con le loro paure quanto il loro entusiasmo nel sostenere le scelte dei propri figli, che li lascia sospesi sul filo del rasoio non appena scelgono il loro sentiero.
Provano a opporsi, egoisticamente a trattenerli, ma sanno che si stanno prendendo del tempo necessario a elaborare un lutto che altro non è se non il ciclo naturale degli eventi. Lasciarli volare, come un tempo è già toccato loro.
Diceva un anziano saggio in un vecchio libro:
Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Potete dare una casa al loro corpo, ma non alla loro anima, perché la loro anima abita la casa dell’avvenire che voi non potete visitare nemmeno nei vostri sogni.
Potete sforzarvi di tenere il loro passo, ma non pretendere di renderli simili a voi, perché la vita non torna indietro, né può fermarsi a ieri.Kahlil Gibran
Valentina Esposito
Voto: 5/5
2 pensieri su “Wolf Children, un piccolo capolavoro di Mamoru Hosoda”