Su Osiride il 9° pianeta si trova l’ideale snack fantascientifico
Che gioia avere registi come Shane Abbess! A tre anni dalla sorpresa di Infini ci ritroviamo a parlare dell’australiano dopo averlo ritrovato su Netflix col suo nuovo film Osiride il 9° pianeta, un nuovo sci-fi indie uscito con una sfida: raccontare una storia complessa senza inciampare sui mille ostacoli.
La formula prevede un largo uso di cliché nei cui confronti sappiamo di non dover comportarci in modo scortese. C’è chi sa usare stereotipi e materiale non originale e tra questi vi sono Abbess e il suo co-sceneggiatore Brian Cachia, abili nel gestire materiale pre-digerito per abbellire le proprie storie.
Stavolta voltano pagine e dall’horror sci-fi passano all’avventura e c’è da supporre si tratti di un numero uno visto il titolo completo Science Fiction Volume One: The Osiris Child, una storia di terraformazione andata male in un futuro lontanissimo, su quell’Osiride del titolo italiano, didascalico ma efficace.
Apocalisse comandata
Sul pianeta qualcosa va storto e tra infezioni, ribellioni e specie aggressive il pianeta Osiride è destinato a un reboot. Nonostante milioni di persone vivano ormai sulla sua superficie brulla, l’alto comando della corporazione Exor non vuole sforzarsi a trovare soluzioni diverse dall’annientamento.
In 23 ore (r)esisteranno solo gli ufficiali con le credenziali necessarie ad accedere a bunker e navi spaziali. Tra loro non figura il Lt. Kane Sommerville (Daniel MacPherson), avvisato da un amico nel comando: ha le ore contate per correre nella capitale a salvare la figlia, andando contro gli ordini.
Storia di un padre intrecciata con la fuga dal carcere di Sy (Kellan Lutz), omicida di cui Abbess ripercorre l’immediato passato, dall’evasione all’incontro e all’alleanza con Kane: insieme per salvare una bambina, in un ambiente ostile, dove è impossibile capire di chi fidarsi o meno.
Fidarsi è bene…
Non fidarsi è meglio? Secondo Kane non è così, la sua massima lo spiega alla perfezione: “non fidarti mai di chi ha bisogno di qualcosa da te, tuttavia non ho mai incontrato qualcuno che non avesse bisogno di qualcosa.” Per quanto si possa lavorare per trovare uno schema, non ne esiste alcuno.
È lo stesso motto di Abbess, il cui scopo sino agli ultimi inattesi minuti sembrava essere la regia di un racconto avventuroso e nulla più. La sorpresa, invece, arriva sul finale, senza lesinare su sparatorie, scontri corpo a corpo, mostri in piena vista e guizzi narrativi intelligenti sparsi a destra e sinistra.
Sono le piccole idee sullo sfondo infatti a rendere Osiride il 9° pianeta una delizia, oltre al suo finale – coi suoi debiti, non lo metto in dubbio – misto tra angoscia e tenerezza. Idee come le torture nella prigione di massima sicurezza e lo sparpagliamento inspiegabile della storia di Sy.
Lost in space?
Il finale aperto potrà significare la possibilità di allargare la storia (un Volume Two in arrivo nei prossimi anni?) ma poco importa perché anche così Osiride conclude una storia accattivante con un MacPherson sempre ideale, anche affianco al piatto Kellan Lutz. La regia per fortuna recita al posto suo.
È questo il motivo per stimare un nome come Abbess, piccolo e indipendente australiano lontano anni luce dal sci-fi high concept in crescita negli Stati Uniti. Ha il talento di raccontare storie semplici senza sbagliare, dare una storia e un taglio registico utile a tirare fuori dei personaggi tangibili dagli attori.
Per quanto il tempo sia limitato per approfondire ognuno di loro, Abbess rende credibili le vicende in cui sono avvolti i personaggi e li sgancia dall’attore che li interpreta – almeno i diretti protagonisti – sostenendo la loro struttura su un rapido e consistente cambio di scenografie, un’evoluzione costante.
Fantascienza rapida, indolore e piacevole.
Fausto Vernazzani
Voto: 3/5