E venne il tempo di Gatta Cenerentola.
Sergio è un tassista napoletano. In realtà era un giovane musicista che sognava di toccare le corde di una musica che si potesse opporre al grigiore delle note del suo tempo, insieme al fratello Alfredo, fino a quando quel che vuoi chiamare caso o destino ha deciso di girargli le spalle dispettosamente.
Anche lui le gira e si rifugia nella sua quattroruote rassegnato ma attento: ascolta e giudica anche un po’ le vite altrui, nella speranza che qualcosa accada. Magari l’incontro giusto, magari il ritorno di quel fratello misteriosamente sparito.
Napoli è uno sfondo: è lì con le sue tonnellate di immondizia che si trasformano in pesi, quelli di un passato controverso che si è accumulato per le strade. Dargli una forma nuova oppure farlo esplodere?
Nella città in cui le pedine di un mosaico dai colori che cambiano per coprire disegni sempre vecchi, è una bella responsabilità prendere una decisione per tutti. Sogni, speranze, delusioni, aspirazioni, sofferenze, rivelazioni amare e felici però esplodono, contro gli orologi scanditi dei luoghi e dei tempi. Questa forse è L‘arte della felicità.
Seicento in barca
Mia Basile è una ragazzina silenziosa, parla attraverso due occhi grandi e vispi, neri come la pece. Gesti rapidi e scattanti, in fuga perenne e un po’ dispersa, ma lei non gira in taxi, i soli piedi la assistono, ogni tanto scalzi, per aggirarsi da un piano all’altro di una nave dove deve offrire servigi a una matrigna sconfitta dalla vita e da sei sorellastre che la bacchettano all’occorrenza.
Due storie diverse, due tempi diversi, un passato, un presente e un futuro che mentre stanno per dialogare decidono di confondersi, perché alle volte è riduttivo provare a dare una cronologia all’esistenza.
Così accade che mentre il tempo corre alla velocità della luce quello di Sergio magari sta accadendo in contemporanea a quello di Mia, che forse viaggia nel tempo da sempre, tra quei fantasmi che animano la nave, quando già leggeva la sua storia tra le pagine di un libro del 1600 che raccontava de La Gatta Cenerentola.
La Cenerentola partenope
Prima di essere Mia, lei era già Gatta Cenerentola: si aspettava solo che la profezia, in un tempo senza più coordinate, si compisse. Ma la Gatta è anche Napoli: confusa, scalza, mentre cerca una scarpetta di cristallo che possa darle la giusta forma per guardare al futuro senza privarla delle ricchezze uniche, inesauribili e genuine della sua imponente cultura. Allora forse l’esplosione non è la soluzione migliore, almeno non del tutto.
Solo un’esplosione può essere sacra e risolutiva: un calderone di visioni, aspirazioni, vissute, sostanze di sogni, incubi, musiche, volti, stereotipi, capovolgimenti, animazioni, libri, film, fumetti, intuizioni, giochi, stralci di testi, di parole, di sangue e sudore. Quella è l’esplosione della fantasia, di un’immaginazione che più supera i suoi limiti più si fa matura, viva e vera.
Esplosione di performer
Gatta Cenerentola è un’esplosione che significa inizio e fine. Le tinte pastellate de L’arte della felicità diventano tempere, miscugli imprevisti ma studiati, che riescono a rispondere agli effetti della luce diventando ora dolci e sensuali, ora più dark. La formula è sempre quella: raccogliere una squadra di artisti e collaboratori per gran parte napoletani, dargli la giusta voce e libertà creativa – due personalità forti che non nascono attori come Anna Trieste e Gino Fastidio caratterizzano in maniera esemplare i loro personaggi, mescolandosi e confondendosi così bene da non riconoscerli – e lasciare che più arti e voci dialoghino fino ad amalgamarsi.
Un gioco di connessioni tra presente e passato, una generazione di voci attoriali nuove – Ciro Priello, Chiara Baffi, Federica Altamura – presenti – Alessandro Gassman, Massimiliano Gallo, Maria Pia Calzone – e storiche – Mariano Rigillo, Renato Carpentieri – che contribuisce a delineare un chiaro stile d’azione e marchio di fabbrica della casa d’animazione napoletana, arricchito da volti noti del panorama musicale partenopeo presi, anche qui, fra nuove leve – Francesco Di Bella, Ilaria Graziano e Francesco Forni, Guappecartò – e personalità consolidate – Daniele Sepe, Enzo Gragnaniello, I Virtuosi di San Martino.
Nasce così la sintesi perfetta, a cui solo la libertà espressiva dell’animazione poteva arrivare, di questa ondata di fame artistica che da qualche anno a questa parte sta investendo Napoli nella musica.
I sogni di ieri con la musica d’oggi
Dario Sansone e i Foja, che firmano la meravigliosa canzone portante finale A chi appartieni sono senz’altro tra le rivelazioni musicali partenopee più amate e originali degli ultimi tempi, nella televisione e nel cinema, Gomorra ha creato un suo stile, ma quanto anche un marchio di fabbrica che si avvicina a un brand.
Il rischio dietro l’angolo è sempre lì, quello che si resti vittime e prigionieri di generi vincenti e riusciti, ma ripercorsi troppe volte fino a stancare, trasformando questo risveglio in un assopimento. Gatta Cenerentola ci offre un esempio e una speranza.
Perché, se è vero che il gioiellino del team tutto napoletano Mad Entertainment (Alessandro Rak, Ivan Cappiello, Marino Guarnieri, Dario Sansone) non rinuncia a darci il volto della Napoli criminale che ben conosciamo e che si incarna nelle fattezze narcisiste, malate e perverse di un boss e in quelle sensuali e carnali di una femme fatale mediterranea, è altrettanto vero che le stempera andando oltre lo specchio. La musica parla, è essa stessa personaggio, e travalica i luoghi.
Il porto di Napoli, punto di partenza
Le amarezze, le ingiustizie, i soprusi non sono solo di Napoli, sono una condizione dell’esistenza, sono delle gabbie pericolose, vicoli ciechi dell’essere.
Cercare solo Napoli in Gatta Cenerentola è un limite. Come ne L’arte della felicità, pur se con sviluppi diversi, Napoli è un punto di partenza – e che la nave su cui si svolge la scena si chiami Megaride è un dettaglio.
Quella nave è il nostro tempo, dove andiamo a perderci tra realtà e fantasmi, prigionieri di desideri sospesi tra la voglia di certezza e il brivido dell’avventura.
Un equilibrio in costante minaccia, che frastornati da stimoli, distrazioni e possibilità spesso ci immobilizza, magari proprio in quel misterioso Polo della Scienza e della Memoria.
Siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, diceva qualcuno. Il successo della napoletana Mad Entertainment iniziato con l’Arte della Felicità e consacrato con Gatta Cenerentola ci ricorda proprio questo: sognare ed essere sognati è l’arte più nobile della nostra vita.