L'altro volto della speranza - CineFatti

L’altro volto della speranza (Aki Kaurismaki, 2016)

L’altro volto della speranza, l’ennesima meraviglia firmata Aki Kaurismaki.

Sei anni dopo quel suo Miracolo a Le Havre che lo portò a un passo dalla Palma d’Oro a Cannes (poi vinse The Tree of Life) Aki Kaurismaki ritorna al cinema con L’altro volto della speranza, Orso d’Argento all’ultima Berlinale.

Un film che si ricollega da subito e in modo diretto al suo predecessore, poiché tratta ancora una volta di immigrazione clandestina, probabilmente oggi l’unico tema che Kaurismaki senta di dover affrontare per restare fedele allo spirito del suo cinema, da sempre dalla parte dei più deboli e degli emarginati.

Due in uno

Ne L’altro volto della speranza si incrociano due storie diametralmente opposte. Da una parte un immigrato siriano (Sherwan Haji) arrivato clandestinamente a Helsinki su una nave mercantile, dall’altra un rappresentante di camicie (Sakari Kuosmanen) che abbandona la moglie e il lavoro per aprire un ristorante e reinventarsi una vita.

Due personaggi profondamente diversi ma accomunati dal medesimo obbiettivo: quello di trovarsi una vita migliore. Per uno è la necessità di costruirsi un futuro lontano dai bombardamenti dopo aver dovuto seppellire la propria famiglia, per l’altro è il capriccio di mezza età di chi sente il peso degli anni e vuole recuperare il tempo perso prima della vecchiaia.

Due mondi e due vite, quindi, a confronto, che hanno come territorio di incontro e di scambio la solita Helsinki cupa, popolata da artisti di strada e ubriaconi, che Kaurismaki ha saputo dipingere in modo così personale nel corso degli anni da aver creato un mondo tutto suo.

Kaurismaki è infatti uno dei pochi registi in grado di creare film che vivono di regole totalmente proprie. Il suo è come sempre un linguaggio al di fuori da ogni realismo, dove alla stregua di un moderno Edward Hopper (riferimento costante del direttore della fotografia) si cerca il bello anche negli spazi più luridi della modernità.

Viva la libertà

Per Kaurismaki L’altro volto della speranza è un terreno di gioco di una libertà assoluta, in cui riesce a far convivere il suo impegno sociale e politico – perché, nonostante tutto, è forse uno dei suoi film più politici in assoluto – con la sua anima più goliardica e cazzara. Su tutte la scena del ristorante sushi è un meraviglioso apice di demenzialità per il suo cinema.

È forse il film più vivo di Kaurismaki da tanto tempo a questa parte, nonostante manchi quell’elemento emotivo forte che tanto aveva caratterizzato Miracolo a Le Havre. Ma si ride e ci si diverte tanto anche grazie ai numerosi interventi musicali che lo riportano alla sua anima “punk-rock” che è sempre stata un tratto fondamentale del suo cinema.

In un certo senso L’altro volto della speranza è il film in cui Kaurismaki ci ricorda chi è e di che pasta è fatto. È la sua riconciliazione con la propria terra e il proprio mondo. È l’ennesimo suo meraviglioso film, di quelli che non si esagererebbe a definire perfetti. Speriamo che non si fermi mai.

Victor Musetti

Voto: 4.5/5

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