Diversità à Go Go per il tiepido ma riuscito ritorno dei Power Rangers.
Ricordo ancora quando a scuola impazzava la Power Rangers mania, ricordo anche che provai a guardare un episodio e al primo Ay Ay Ay Ayai di Alpha 5 spensi il televisore terrorizzato dalla infinita bruttezza. Un difetto che continua in parte a persistere.
Tokusatsu Super Sentai
Strappato dalla tradizione nipponica dei tokusatsu Super Sentai, Power Rangers propone la storia di cinque ragazzi investiti da un potere alieno che dà loro la forza per proteggere la Terra da ogni minaccia… a bordo di mecha a forma di animali preistorici.
Lo script alla base rasenta picchi di genialità trash tali da rendere inguardabile la serie con occhi diversi da quelli di un bambino, diciamocelo, ma in qualche modo Dean Israelite, il regista della odierna versione filmica, ha saltato questo ostacolo.
Diversità multicolor
Power Rangers è un discreto film per ragazzi, incentrato sulla diversità del suo cast e sull’incoraggiare adolescenti in difficoltà a credere in se stessi nonostante i problemi incontrati nel mondo esterno. Un messaggio spedito senza interferenza alcuna.
Il Red Ranger/Darcre Montgomery è un ragazzo che autosabota il proprio successo, la Pink Ranger/Naomi Scott è incapace di guardarsi allo specchio dopo aver commesso una cattiveria gratuita, la Yellow Ranger/Becky G sta scoprendo la propria sessualità.
Il Black Ranger/Ludi Lin si batte tra la povertà e la malattia che costringe a letto sua madre, infine il Blue Ranger/RJ Cyler non riesce a integrarsi a causa dell’autismo e della perdita dell’amato padre nella miniera dove scopriranno Zordon/Bryan Cranston.
Bayhem e videoclip
Ce n’è letteralmente di tutti i colori e anche se ogni caratteristica di rado riesce a emergere come più di un semplice schizzo, Dean Isrealite dietro la macchina da presa compie un ottimo lavoro di regia stabilendo un legame tra le differenze.
Incorpora uno stile da videoclip e lo spettro inventivo del miglior Michael Bay (non è una leggenda, esiste) e dà ritmo all’azione. Più va avanti la storia e più evita di chiudere un’inquadratura su uno solo dei suoi protagonisti. È un film corale e lo rispetta.
Sia maledetto il Morphin’ Time
Se c’è un difetto, purtroppo importante, è il momento in cui il quintetto arriva al famoso Morphin’ Time e inizia a combattere la solita armata di mostriciattoli in CGI senza alcuna personalità. Rita Repulsa/Elizabeth Banks? La si percepisce a malapena.
Il finale strappa via ogni pregio dei Power Rangers un pezzo alla volta, il fantasma della serie televisiva si sovrappone alla riscrittura e con Go Go Power Rangers in sottofondo diventa tutta una sequela di combattimenti ben oltre il limite dell’imbarazzante.
Finché c’è origin c’è story
L’azione dei Mighty Morphin’ Power Rangers non si aggiorna a un cinema ormai abituato a vedere mostri giganti battersi l’uno contro l’altro e ciò che propone non approfondisce né dettagli né le implicazioni di una battaglia su grande scala. È… vecchio.
Ciò non toglie che la lunga origin story confezionata da Dean Israelite e scritta da John Gatins (pensate un po’, ideata dal team dietro Gods of Egypt e Sherlock Holmes) intrattiene alla perfezione. Se fosse uscito 15 anni fa, l’avrei probabilmente adorato.
Fausto Vernazzani
Voto: 3/5