Trainspotting 2

Trainspotting 2: pop-corn e nostalgia

Trainspotting 2, come una rimpatriata.

Se sono quella che sono, la colpa è anche di Irvine Welsh e Danny Boyle.

Avevo quattordici anni, avrei accettato come padri putativi anche Charles Manson e il Marchese DeSade
all’epoca.

Fortuna ha voluto che non entrassi in una setta o che non mi dessi al sesso
estremo sadomaso.

Vent’anni fa invece mi innamorai follemente di un gruppo di eroinomani e iniziai ad ascoltare Iggy Pop.
Non fu una scelta particolarmente originale, è evidente.
Come me migliaia di coetanei iniziarono ad usare le Samba, interessarsi alle storie di Georgie Best e decidere di volere Perfect Day di Lou Reed come colonna sonora del proprio
funerale.

Siamo diventati una metagenerazione fondata sull’attrattiva repulsione per le droghe
pesanti e i poster arancioni attaccati con lo scotch.
Una sezione staccata di un liceo che citava Spud invece che Pavese.

Trainspotting 2 è la cena di classe vent’anni dopo. 

Devo ammettere che è un film mediocre, non ha un decimo dell’originalità visiva e
concettuale del primo episodio. Ha un montaggio paraculo e derivativo, una colonna sonora
stanca e senza mordente e si è pure stempiato.

Ma le cene di classe sono così, ci si va persino di malavoglia.

L’unica cosa che spinge a ritrovarsi seduti a mangiare pizza unta è scoprire come è
diventato il nostro compagno di banco, la nostra cotta colossale o quello stronzo che ci
bullizzava male durante la ricreazione.

Lo scopo finale è capire se anche gli altri hanno una vita merdosa come la nostra, hanno
messo su pancia e devono farsi di ansiolitici per prendere sonno.
Nessuno ascolta veramente la storia del vicino di sedia. Lo scruta, ne cerca il fallimento.
Trainspotting 2 è uno sguardo cinico e nostalgico su quegli anni.

Renton è divorziato, ha le braccia pendule e – dopo vent’anni ad Amsterdam – sono quasi
certa che non sappia dire neppure “Ik ben Mark en Ik heb van mijn vrienden gestolen”.

Sick Boy é uno squallido imbroglione di bassa lega, coi capelli tinti e la chierica.

Begbie è un lercio, di welshiana derivazione, a cui non ci siederebbe vicino in metro.

Spud, nessuno si aspettava manco che fosse ancora vivo quello là.

Seduti vicini si raccontano mille fregnacce su quanto siano fighi, su quanto la loro carriera
sia decollata, su come siano ancora in gran forma e quanto ce l’abbiano duro.
Li si guarda con tenerezza, li si compatisce mentre si affannano a correre tentando di
tenere ancora il ritmo di Lust for Life.

Trainspotting 2 è un bellissimo film senza infamia né gloria.

Si esce dal cinema col magone e il mal di pancia che abbiamo una certa età e gli hangover
sono più difficili da superare e per digerire la pizza unta ci si mette tre giorni.
Con la citrosodina, ché per l’eroina ormai è tardi.

Ambra Porcedda

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